Lettere al Direttore
13 Febbraio 2012

Gianni Cestari ovvero l’arte di evocare

di Redazione | 3 min

Sabato 4 febbraio, alle ore 18, presso la Galleria “del Carbone”, alla presenza di un consistente numero di estimatori dell’Artista, si è aperta l’interessante mostra di pittura: Gianni Cestari, Mutante, salutata dalla ripresa di una fitta nevicata, che ha certamente dissuaso molti ferraresi dal visitarla.

Su una parete della saletta piccola, la proiezione di un interessante video mostra al visitatore la lenta mutazione del volto dell’Artista che in 6 minuti, tale è la durata dell’installazione, viene progressivamente trasfigurato da una successione incalzante di segni tracciati da un invisibile pennello. L’operazione artistica fa riflettere, rimanda a corrispettivi letterari quali l’uomo pirandelliano, ambiguamente uno-nessuno-centomila, oppure alla duplice personalità di dr. Jekill-Mr. Hyde o, se vogliamo, alla corruzione morale che devasta l’autoritratto di Dorian Gray. Una cosa è certa, l’effetto è sconcertante permane per tutto il tempo in cui ci si trova di fronte alle altre opere esposte. l’Artista, dopo aver turbato il visitatore, vorrebbe tranquillizzarlo, rassicurandolo che quella distrutta identità non è in vendita, ma non riesce nel proprio intento: l’imprinting emotivo rimane a condizionare tutto il percorso. Consigliamo pertanto di iniziare la lettura dei dipinti soltanto dopo aver preso visione di questo video-messaggio, introduzione indispensabile alla comprensione della mostra. Non è cosa facile affondare gli occhi in un dipinto di Gianni Cestari, ma quando ciò avviene si riemerge in superficie consapevoli di non aver ricevuto il consueto messaggio rassicurante offerto da chi parla un solo linguaggio. L’arte di Gianni Cestari, proprio perché scritta in una lingua misteriosa, i cui segni criptici narrano di strane mutazioni, sconcerta e nel contempo ammalia.

È sottilmente provocatoria perché insieme attrae e respinge. Non accetta distrazioni, chiede concentrazione e abbandono alle suggestioni che esalano da un personalissimo mondo magmatico, in cui il colore la fa da padrone e il segno sottende delicate trasparenze, “mutanti” col variare del punto di osservazione, della luce, dello stato d’animo del lettore. Se ciò avviene in noi, possiamo affermare che siamo giunti molto vicini al sentire dell’Artista, ma non illudiamoci di andare oltre, il suo mondo segreto è inafferrabile. Di fronte a queste “mutazioni” siamo liberi dai vincoli della narrazione a senso unico, e in ciò sta l’attraente modernità del suo racconto. Nella pittura di Cestari ritroviamo una rivoluzione parallela a quella realizzata in poesia da Alfredo Giuliani con il suo “Tautofono” negli anni Sessanta: Là, nell’intenzione del poeta, i suoni delle parole dovevano trasformare il lettore stesso in “poeta”; qui, “i segni” invitano il visitatore a reinventare “mutazioni”, a farsi “pittore”. Come sotto ipnosi, Gianni Cestari ci prende l’anima per farla viaggiare nel suo personalissimo mondo onirico, ed è bello e tormentoso avventurarsi in questo viaggio, che terapeuticamente distrae dai troppo spesso dolorosi viaggi quotidiani della vita.

Galeazzo Giuliani

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