Cronaca
18 Gennaio 2012
“Domande di piccolo cabotaggio”, intervento di Pier Luigi Guerrini

Quel che resta di don Patruno

di Redazione | 3 min

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Sfogliando le foto, ho “incontrato” don Franco Patruno col suo sorriso pensieroso. Sul tavolo, un disegno da completare e alle sue spalle spicchi di sale e libri. E’ Casa Cini.
Da quando don Franco non c’è più, è purtroppo più opportuno e triste dire “era Casa Cini”. Prima, i tanti anni di presenza dei padri Gesuiti che resero quel luogo un centro di formazione spirituale ed alla vita adulta per tanti giovani ferraresi e uno snodo di approfondimento culturale dove, spesso, si organizzavano incontri sul confine o, come direbbe don Patruno, sull’argine, non allineati al volere della Curia ferrarese. Poi, quando Mons. Maverna chiese a don Franco di prendere le redini di Casa Cini, a tanti cattolici (e non solo) parve una scelta indovinata, a tanti altri cattolici sembrò quasi una liberazione. Un don Franco dimezzato, in mezzo a libri e colori, ma non più d’intralcio.
Invece, Casa Cini, sotto il suo impulso, diventò un centro culturale polivalente formidabile. Le mostre, i convegni, i dibattiti si alternavano con scadenze incalzanti, la ripresa dei “Quaderni di Casa Cini”, la biblioteca rimessa in sesto e frequentata da tante persone. Al piano terra, il centro di documentazione “Marianela Garcia Vilas” di Ferrara Terzo Mondo. E tanto altro. Soprattutto il grande via vai di persone che trovavano in quelle stanze la voglia d’incontrarsi, di progettare senza che le diversità, le appartenenze culturali differenti potessero essere d’ostacolo.
Don Franco, anzi Mons. Patruno (un titolo ecclesiastico che a qualcun altro è stato ultimamente tolto dal Vaticano, ma quella è un’altra storia…), se n’è andato cinque anni fa, lasciando un vuoto incolmabile. Preferisco scrivere “ci ha lasciato”. La biblioteca è chiusa al pubblico e non si conoscono tuttora i tempi di una sua restituzione funzionale alla città. Il grande patrimonio librario personale di don Franco (che in più occasioni aveva dichiarato che, alla sua morte, sarebbe andato alla città di Ferrara), che comprendeva anche una preziosa collezione di libri d’arte e di fotografia, non si sa se sia rimasto integro e, un domani, consultabile dalle persone interessate. La proposta di Galeazzo Giuliani (cfr. “La nuova Ferrara” del 12/01/2012) trovo sia una strada da percorrere con decisione, incaricando persone all’altezza del compito.
La ristrutturazione dell’immobile, poi, lascia personalmente perplessi di come si possa prescindere dalla storia di quei luoghi, vincolandoli solamente a logiche di mercato. Ma, probabilmente, succede che quando si mette mano ad una struttura con evidenti problemi di stabilità abitativa (e Casa Cini ne aveva), si coglie l’occasione della ristrutturazione per una restaurazione anche culturale che cancelli i files della memoria. In altre parole, liberarsi di quell’inciampo un po’ ingombrante.
Pier Luigi Guerrini

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