Cronaca
6 Ottobre 2011
Cgil delusa: 'L'azienda ospedaliera ancora in attesa delle certificazioni sanitaria e di agibilità'

Trasloco Cona: ‘Presa in giro’

di Redazione | 4 min

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Nella foto, da sinistra: Cristiano Zagatti e Marco Blanzieri

Delusi”. Così si definiscono il segretario generale della Funzione Pubblica Cgil Cristiano Zagatti ed il responsabile della sanità provinciale Marco Blanzieri dopo l’incontro di ieri mattina. Dall’altra parte del tavolo c’erano Andrea Gardini e Ivan Cavallo, rispettivamente direttore sanitario e direttore amministrativo del Sant’Anna.

Il tema, ovviamente, era l’ormai imminente trasloco a Cona, e precisamente – o almeno così pensava Blanzieri – “un piano strutturale sulla gestione dei trasporti, sulla chiusura di ospedali nella provincia e sulla comunicazione delle scelte ai lavoratori”. Nulla di tutto questo sarebbe invece stato trattato, e i direttori si sarebbero limitati a ribadire genericamente “l’impegno ad iniziare il trasloco giovedì 27 ottobre”, ricordando però anche un fatto poco rassicurante: “Da domani (oggi, ndr) – avrebbe detto Cavallo ai suoi interlocutori – il Comune e l’Asl potranno – attenzione al verbo – fornire rispettivamente la certificazione di agibilità e quella sanitaria del nuovo edificio”.

“Voi capite – hanno risposto i due ai giornalisti che chiedevano loro cifre su personale e posti letto – che viste queste premesse non è stato possibile addentrarsi in grandi discussioni: che l’azienda sia ancora in attesa delle certificazioni sembra una bella presa in giro”. Prima di tutto c’è dunque una questione di metodo: “Questa direzione prima ci convoca e poi, solo una volta al tavolo, ci fornisce il materiale. Mancano 22 giorni all’inizio del trasloco, potenzialmente confrontarsi con i sindacati su un tema come questo ne richiederebbe 45. Non vogliamo far slittare la data – ci tiene a mettere in chiaro Blanzieri – ma lanciamo un grido d’allarme”.

Zagatti e Blazieri pensano ai lavoratori (sono 2000 quelli delle due aziende sanitarie iscritti alla Cgil), che, da un recente sondaggio, paiono non conoscere cosa li aspetta. “C’è un debito informativo – sostiene Blanzieri –; abbiamo distribuito 1.500 schede chiedendo ai dipendenti di indicare se sono pienamente, mediamente oppure scarsamente consapevoli: hanno risposto in 800, 700 di loro si sono dichiarati scarsamente informati”.

Qualche dato emerso dall’incontro i due l’hanno tuttavia comunicato, riferito però solo al Dipartimento medico, che comprende la medicina interna universitaria ed ospedaliera, la clinica medica, la gastroenterologia, le malattie infettive, la geriatria, l’ecografia interventistica, la medicina alta rotazione, la diagnostica vascolare, l’endoscopia digestiva ed il day hospital internistico.

L’azienda, come già fece un anno fa, avrebbe confermato che il numero di infermieri e di operatori socio-sanitari resterà quello attuale, mentre “qualche discrepanza” rispetto alle precedenti comunicazioni riguarderebbe i posti letto, che sarebbero saliti di qualche unità, portandosi a 110. Di questi 110, però, una decina sarebbe riservata ai degenti che sono stati operati ricorrendo alla libera professione e dunque pagando per intero il costo del loro intervento; sul totale di posti del nuovo ospedale (circa 740) il numero di quelli riservati salirebbe a 40. Secondo i sindacalisti, il direttore del Dipartimento chirurgico Francesco Mascoli avrebbe motivato questa scelta con il fatto che “il 15% delle persone ha un’assicurazione integrativa”.

Il fenomeno degli interventi chirurgici in libera professione già oggi preoccupa la Cgil: “Dal 2008 – esemplificano i sindacalisti – una donna con un tumore al seno può scegliere se ricorrere all’offerta istituzionale dell’azienda, e dunque aspettare 60-90 giorni, oppure farsi operare nel giro di una settimana, pagando 4-5000 euro”.

“Anche se non è una procedura fuori legge – ci tengono a mettere in chiaro – sembra una modalità di sfruttamento della malattia: quello che bisogna incentivare è il servizio pubblico”, e non prevedere dunque una quarantina di posti letto per questo tipo di interventi. La Cgil già un mese fa sollevò a Mascoli il problema, “lui ci disse di essere sorpreso da questa modalità – raccontano i due – e che ci avrebbe dato una risposta, ma sono passati trenta giorni”.

In campo più strettamente sindacale, la Cgil chiede allora di “aumentare la dotazione organica nel periodo di transizione e trasferimento, di informare e formare il personale: oggi esistono sei blocchi operatori in zone diverse – esemplificano –, a Cona c’è invece una piastra operatoria che accorperà gli operatori, i quali dovranno essere dunque competenti in più zone”. Per parlarne, il sindacato dà appuntamento ai lavoratori in due assemblee che si terranno venerdì 7 in ospedale, la prima alle 7.30, la seconda alle 9.

Ma dopo questi discorsi, ci credete che il 27 si cominci? “Speriamo”.

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