Cronaca
1 Ottobre 2011
Il blogger Michael Anti illustra le potenzialità rivoluzionarie di internet contro la censura di Pechino

Anche il web in Cina è una copia

di Redazione | 2 min

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Quando Luca Sofri domanda a Michael Anti quale sia il volto di internet in Cina la risposta appare scontata: “Una perfetta copia dell’originale” rivela il giornalista blogger. “In Cina – spiega Anti – Facebook è stato bloccato dalle autorità, ma abbiamo Renren e al posto del vostro YouTube noi abbiamo Youku”.

Ovviamente copiare i più noti social network non basta, “la censura e il controllo governativo riescono ad arrivare anche ad esse”, specifica Anti.

Il giornalista cinese, al quale la Microsoft censurò il blog nel 2005 per aver violato con i suoi articoli le leggi di Pechino, è stato ospite questa mattina insieme ad Evgeny Morozov (ricercatore e blogger bielorusso) all’incontro “L’illusione del web. I limiti dell’attivismo on line” moderato da Luca Sofri (direttore de Il Post).

“Il vero problema è: dove si trovano i server? – prosegue Anti – se si trovano negli Stati Uniti la rivoluzione può partire dal web ma se si trovano in un paese autoritario, come accade in Cina, dove i server dei blogger sono direttamente controllati da Pechino, è tutto più difficile”.

Secondo Morozov, autore di The Net Delusion, talvolta non è solo un problema di censura. Talvolta i blogger, in un certo senso, “sopravvalutano le loro potenzialità. Tutti lodano la cosiddetta primavera araba che è stata in grado di far dimettere il presidente egiziano Mubarak anche grazie alla rete. Ma ciò non è sufficiente. Dovremmo guardare a internet con più sobrietà, evitando i toni eccessivamente entusiastici”.

Emerge dal dibattito che non basta mobilitare ma occorre organizzare, cosa ben più difficile. Restare su internet a firmare petizioni o darsi appuntamento per manifestazioni di piazza è relativamente semplice, “quello che manca è l’intenzione di sviluppare un progetto politico per il momento successivo alla rivolta”, sostiene Morozov.

Michael Anti riconosce i limiti delle rivolte nate in rete ma vuole essere ottimista “la rete – conclude – non è una rivoluzione ma è rivoluzionaria. In Cina la pressione dei blogger ha creato forme di attivismo politico impensabili fino a qualche anno fa”.

In conclusione scopriamo che l’uso intensivo della rete come mezzo di comunicazione da parte di cittadini che vogliano manifestare una qualche forma di dissenso può, addirittura divenire un’arma a doppio taglio.

“Quando organizzammo una manifestazione per dissentire con l’organizzazione di una gara ciclistica intitolata ad un paese immaginario del quale un partito italiano vorrebbe chiedere l’indipendenza – racconta un ragazzo intervenuto nel pubblico – sono arrivati più poliziotti che manifestanti”.

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