Cronaca
23 Giugno 2011
La Ccsvi aumenta di nove volte la probabilità di sviluppare la sclerosi multipla

Altre conferme alla teoria di Zamboni

di Redazione | 3 min

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La Ccsvi aumenta di nove volte la probabilità di sviluppare la sclerosi multipla. “Questo dato  clamoroso è solo l’ultimo emerso nel dibattito scientifico in corso sulla correlazione tra Ccsvi (insufficienza venosa cronica cerebrospinale, la patologia venosa scoperta da Paolo Zamboni, (responsabile Centro malattie vascolari Università di Ferrara) e la Sm”. Lo afferma in un comunicato Gisella Pandolfo, presidente dell’Associazione Ccsvi-Sm Onlus, che aggiunge: “le modalità e i tempi con cui esso è emerso dimostrano, ancora una volta, come non tutti gli interlocutori di questo appassionante confronto si comportino in modo limpido e inattaccabile, cosa profondamente ingiusta in presenza di una malattia altamente invalidante che colpisce, solo in Italia, 60.000 persone, la maggior parte giovani adulti”.

La cosa incredibile, secondo Pandolfo, è che “un risultato di questa portata sia rimasto nell’ombra per molti mesi, perché lo stesso autore dello studio che lo ha prodotto, Claudio Baracchini (Dipartimento di Neuroscienze Università di Padova), non solo non lo ha rilevato, ma ha tratto conclusioni di segno opposto, provocando autorevoli critiche da parte di Robert Zivadinov (direttore Centro analisi Neuroimmagini, Bnac, Università di Buffalo). Adesso un altro studioso, Giampiero Avruscio (responsabile Angiologia Ospedale S.Antonio di Padova) esplicita il risultato finora ‘silente’. Si rafforza così la teoria di Zamboni, secondo cui la Ccsvi può essere una delle cause della Sm”.

La presidente ricostruisce le ultime tappe dei principali studi in materia. Nel numero di gennaio 2011 degli Annals of Neurology, Baracchini ha pubblicato uno studio sulla frequenza della Ccsvi in un gruppo di pazienti affetti da pMS (possible Multiple Sclerosis, considerata forma precoce che con alta frequenza evolve in sclerosi multipla conclamata) in confronto con un gruppo di soggetti sani. Nelle conclusioni Baracchini tende a negare l’ associazione tra Ccsvi e Ms precoce e quindi a negare la possibilità che la Ccsvi abbia un ruolo causale nella malattia neurodegenerativa. La pubblicazione ebbe ampia risonanza nei media ed è ancora spesso citata a confutazione della teoria di Zamboni.

Sulla stessa rivista viene poco dopo pubblicata la critica di Zivadinov il quale, rivisitando i dati di Baracchini, evidenzia una differenza altamente significativa tra la frequenza di Ccsvi nel gruppo dei pMS rispetto a quella dei soggetti sani. Zivadinov rimproverava a Baracchini di aver in qualche modo messo in ombra questo risultato, centrale rispetto ai fini dichiarati dello studio, e di aver esemplificato nel titolo ed espresso nelle conclusioni concetti non corrispondenti ai dati presentati (“ .. i risultati del nostro studio contrastano l’ ipotesi che la congestione venosa cerebrale giochi un ruolo significativo nella patogenesi della sclerosi multipla”).

Giunge ora un’altra forte critica non tanto allo studio di Baracchini, quanto alle sue conclusioni. Secondo Avruscio, applicando ai dati pubblicati da Baracchini un opportuno test statistico , si rileva con ragionevole certezza che il rischio di sviluppare una pMS aumenta di ben 9 volte in chi è portatore di Ccsvi; ciò, secondo Avruscio, consente di annoverare la Ccsvi tra i fattori che contribuiscono allo sviluppo delle forme iniziali di sclerosi multipla. E avvalora la tesi di un suo ruolo quanto meno concausale nella genesi della malattia, contrastando invece l’ipotesi che possa invece trattarsi di una conseguenza dell’infiammazione a livello cerebrale.

“Insomma – conclude Gisella Pandolfo -, per ironia della sorte, sembra proprio che lo studio di Baracchini, a dispetto delle opinioni dello stesso autore, sia una miniera di dati a conferma della cosiddetta “Big Idea” di Paolo Zamboni”.

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