Eventi e cultura
8 Aprile 2011
Uscito l'ultimo libro della poetessa ferrarese Monica Pavani

L’eco di Micòl ripercorre Ferrara

di Redazione | 4 min

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Si intitola “L’eco di Micòl”, il nuovo libro di Monica Pavani (traduzione inglese di T. Marshall, copertina di A. Lunghini, mappa di Ferrara di P. Rossi, foto di P. Zappaterra – Ferrara, 2G Editrice, 2011, pp. 188, € 10).

Immaginate di essere non turisti ma viaggiatori, e poco importa se venite da fuori, magari anche da molto lontano, o se siete ferraresi. Quello che conta è che, invece di comprare un biglietto d’aereo o di treno a lunga percorrenza, vi venga il desiderio di compiere un viaggio – all’apparenza così normale e poco esotico – proprio qui, a Ferrara. In fondo l’attrattiva di un luogo, di qualunque luogo, dipende dalla scelta della guida a cui si sceglie di affidarsi. L’eco di Micòl di Monica Pavani è un itinerario poetico che conduce per strade, vicoli, scorci, monumenti e valli protette al seguito della voce di Giorgio Bassani, l’autore che più ha tradotto, amato, criticato e reinventato Ferrara con le parole.
Il libro – in versione italiana e inglese a cura di Thomas Marshall – si propone infatti di “mappare” concretamente la città, traendo spunto dalle direttive contenute nel Romanzo di Ferrara e con l’ausilio di una vera e propria mappa disegnata da Paola Rossi, che tratteggia una città essenziale e non turistica secondo le linee semplificate che la caratterizzano negli anni Quaranta del secolo scorso; ma anche emotivamente, rileggendo cioè i luoghi più significativi della Ferrara odierna (ripresa dalle foto di Paolo Zappaterra) alla luce dei vissuti dei personaggi che la abitano o la abbandonano nei racconti e romanzi di Bassani. Se Micòl, i Finzi Contini, Malnate, il dottor Fadigati, Pino Barilari, Edgardo Limentani e le varie voci narranti di volta in volta scelte dall’autore si alternano nell’accompagnarci, l’invisibile guida è sempre e soltanto Bassani poeta, come lui stesso amava definirsi. L’intento di questo itinerario è infatti anche quello di riscoprire l’immagine indelebile della città, abitata dai suoi vivi e dai suoi morti, così come l’autore l’ha ritratta nelle sue poesie più note e meno note.
L’eco di Micòl è suddiviso in due parti: nella prima alcuni brevi capitoli, concepiti come altrettante concise suggestioni di lettura, intendono ricostruire non solo il rapporto fra Bassani e la sua città, ma anche il tragitto politico e culturale che lo porta a confrontarsi con altri autori e personaggi di rilievo e a elaborare una sua personale visione della storia così come si concreta nelle vicende della piccola borghesia ebraica e dei goìm di Ferrara. Segue l’itinerario vero e proprio, composto di dodici punti o ‘stazioni’ che – a partire da un percorso sulle Mura, scendendo al cimitero ebraico e alla Certosa, passando per il centro e il Castello, soffermandosi per le vie del Ghetto e infine uscendo dalla Prospettiva per raggiungere le Valli di Comacchio – si propone di collegare ciascun luogo prescelto ai personaggi, poesie, racconti e romanzi che vi sono ambientati. I dodici punti dell’itinerario sono riportati anche sulla mappa, dove sono inoltre indicati altri luoghi bassaniani, o perché rilevanti nel Romanzo di Ferrara ma non altrettanto significativi dal punto di vista artistico-culturale, o perché legati alla biografia dell’autore.
L’eco di Micòl è dunque un libro che, paradossalmente, vorrebbe rendere i lettori inconsapevoli della lettura, e invitarli piuttosto a passeggiare, inforcare la bicicletta o salire in auto per esplorare l’affascinante ‘sfasatura’ tra la città che ci circonda e quella che emerge dalle pagine di Bassani. La sua intera opera ricostruisce infatti una città sepolta o sommersa nella memoria, che tuttavia in ogni attimo è possibile riportare alla luce con le parole. Solo l’ampio respiro della poesia, incarnata in un’onnipresente Micòl che come Eco continua ad aleggiare dentro e fuori i libri anche dopo la sua scomparsa dal Giardino, può infatti riunire Ferrara e il suo fantasma rimpianto o immaginato in un unico sogno percorribile ancora oggi e sempre da tutti noi.

MONICA PAVANI, ferrarese, coltiva in parallelo le passioni per la poesia e per la traduzione. Ha la fortuna di andare spesso a Venezia, dove è dottoranda in Americanistica presso l’Università di Ca’ Foscari. Non farà la tesi su Emily Dickinson come Micòl, anche se le piacerebbe.
Ha pubblicato tre raccolte di poesia: Fugatincanti (1996, Mobydick), Con la pelle accanto (2000, Mobydick) e Luce ritirata (2005, Edizioni La Fenice, Premio Senigallia – Spiaggia di Velluto 2005). Nel 2006 per la Old World Books di Venezia è uscita la plaquette Angeli muti. Una selezione di suoi testi è stata tradotta in sloveno da Jolka Milič.
Come traduttrice oltre che con Mobydick (nel 2002 ha pubblicato Due passioni di Corinna Bille, e nel 2004 Teatro della parola e Geometria dell’illimitato di Sylviane Dupuis), collabora con Adelphi, Fazi, Guanda, Il Saggiatore, Playground, Rizzoli, Taschen e Tufani Editrice. Le sue più recenti traduzioni sono: La sovrana lettrice di Alan Bennett (Adelphi) e Movimento dalla fine di Philippe Rahmy (Mobydick).
Collabora regolarmente con le riviste letterarie “Tratti” e “Leggere Donna”, mentre per “Il Resto del Carlino” di Ferrara recensisce spettacoli di danza, teatro e concerti di musica classica. Tiene corsi di lingua e letteratura italiana per “Middlebury College School in Italy” presso l’Università di Ferrara, che nascono come percorsi di lettura degli autori che più hanno saputo catturare il fascino di questa città.

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