Politica
9 Gennaio 2010
Intervista di Estense.com a Marco Travaglio

Contro il contagio della ‘democratura’

di Redazione | 6 min

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Codigoro. Non ha bisogno di presentazioni: è Marco Travaglio. Il giornalista e scrittore è stato ospite ieri pomeriggio (prima della maratona di tre ore e mezza dello spettacolo Promemoria, con cui in serata ha intrattenuto il pubblico del teatro De Micheli di Copparo) dell’Italia dei Valori presso il Teatro Arena di Codigoro, per parlare dei temi caldi della politica nazionale, della giustizia in particolare. È stata anche l’occasione per Graziella Ferretti, responsabile dell’Idv di Codigoro, di annunciare la sua candidatura alle prossime elezioni regionali.

Poco prima di entrare nella hall e nella sala gremite, dove lo attendevano oltre cinquecento persone, giunte da ogni parte della regione, come dal Veneto, ha concesso un’intervista a Estense.com.

I giornalisti e i magistrati sono categorie bistrattate, in particolare in questo momento in Italia. Lei invece, in buona parte dell’opinione pubblica, riscuote consensi e gode di grande fama. A cosa attribuisce questo suo successo?

Riscuoto successo in quegli ambienti in cui i magistrati e i giornalisti che fanno il loro dovere raccolgono apprezzamento. Sicuramente, come molti altri colleghi, non sono amato da gran parte dei politici e da gran parte di coloro che detengono il potere. Penso che sia abbastanza normale: se un giornalista è molto amato dalla politica, dall’impresa, da Confindustria, da quelli che hanno il potere, vuol dire o che sta sbagliando qualcosa, o che è Bruno Vespa.

Come giudica la situazione della stampa italiana?

Veramente molto deprimente. Per una ragione o per l’altra, la maggior parte dei giornali non svolge più quella funzione di controllo che svolgono negli altri Paesi democratici: perché i media appartengono al presidente del consiglio (o a suoi amici), o perché sono posseduti da imprenditori che lo temono, o da editori che hanno paura di perdere pubblicità e finanziamenti da parte dello Stato.

In base a cosa valuta se un giornalista è bravo?

In base a quanto il suo lavoro sia documentato, e a quanto riesca a pubblicare, sul suo giornale, le notizie che il potere tenta di nascondere.

L’attuale situazione politica italiana è da molti considerata un’anomalia di questo momento storico. Secondo lei è così, o è una caratteristica costante della vita politica del nostro Paese?

Una situazione come questa non l’abbiamo mai vissuta. Abbiamo trascorso tempi molto difficili, ma così mai. Ci sono dei problemi sicuramente di struttura e di sistema, come i conflitti di interesse dentro l’editoria e la tv. E ci sono problemi più antichi, che attengono al servilismo e al conformismo delle classi intellettuali di cui fanno anche parte giornalisti che non hanno mai brillato per il loro coraggio e per il loro mettersi contro il potere: è una situazione che dura da secoli, ma che oggi è peggiorata ulteriormente. Ciò è dovuto al conflitto di interessi, e alle continue uscite intimidatorie che fa il governo nei confronti di chiunque si metta sulla sua strada, scambiando il governare con il comandare.

Esiste una soluzione?

Non penso che ci sia una via d’uscita finché non si elimineranno gli aspetti strutturali: cioè fin quando non si romperanno i conflitti di interessi che stanno nei giornali. Il fatto che in Italia non esistano editori puri, dipende dal fatto che mancano leggi sul conflitto di interessi, che spezzino questo circolo vizioso, in modo che i giornali possano svolgere quell’opera di controllo nei confronti del potere, mentre invece sono loro stessi ad esserne controllati.

Dopo l’aggressione di Tartaglia, è cambiato qualcosa nella politica di Berlusconi?

Oggi su Il Fatto quotidiano ho pubblicato un’intervista a Barbara Spinelli: la giornalista segnala che c’è una svolta della politica del presidente del consiglio, che ha deciso di approfittare di questa aggressione per attribuirla a magistrati, giornalisti e forze di opposizione, che in realtà, se qualcosa gli si può rimproverare, è di non essere stati non troppo antiberlusconiani, ma troppo poco. Si cercano i mandanti di un matto, quando per definizione il matto non ha mandanti: di solito, gli ideatori scelgono della gente sana, che non lanci souvenir. L’attentato sarebbe molto più pericoloso, e di solito riesce. Questo attentato così tragicomico, per quanto insulso, è da condannare, ed è evidente come non abbia mandanti. Sarebbe come se il Papa avesse attribuito il gesto di quella squilibrata che ha cercato di saltargli addosso all’anticlericalismo dominante in Italia. Per fortuna, il Papa e il Vaticano hanno dato una lezione di stile alla politica italiana, dicendo che era una matta e la faranno curare, così chiudendo la storia dell’aggressione al Papa.

Come giudica lo stato di quella che lei, insieme ad altri, definisce “democratura”, ossia quella situazione in cui l’opinione pubblica italiana si sentirebbe in una democrazia, pur essendo sostanzialmente in una dittatura? C’è un altro Paese che, secondo lei, sta vivendo questa fase politico-culturale?

No. Non c’è un Paese al mondo simile al nostro. Tant’è che la stampa mondiale viene qui in Italia a vedere cosa succede per avvertire i propri concittadini del rischio del contagio. Perché una volta si pensava che l’Europa ci avrebbe costretto a diventare un Paese serio e normale, adesso sta iniziando a serpeggiare il dubbio che saremo noi a costringere l’Europa a diventare un continente cialtrone, visto che il modello italiano, dal punto di vista di chi detiene il potere, è quanto di meglio si possa immaginare. Il modello italiano è visto con angoscia da intellettuali, giornalisti e cittadini della altre democrazie. Ma è visto con ammirazione da parte dei ceti dirigenti, perché se riuscissero anche negli altri Paesi a liberarsi contemporaneamente del controllo dei poteri terzi e di tutte le autorità di garanzia, è evidente che ne sarebbero ben felici. Per questo l’Italia sta diventando un terreno sperimentale, in cui si sta realizzando qualcosa che potrebbe fare veramente gola alle classi politiche negli altri Paesi: l’idea di comandare invece che governare, e di esercitare il potere senza alcun tipo di controllo, è molto più affascinante per chi ha il potere. Per gli altri meno.

Un collega chiede a Travaglio cosa ne pensi – alla luce del sovraffollamento delle carceri italiane – della situazione del carcere di Codigoro: la costruzione partì ventidue anni fa, ma non fu mai portata a termine. Per questo il Comune di Codigoro è stato condannato a pagare una multa di 500 mila euro. “Questa è una delle tante dimostrazioni – ha sostenuto Travaglio – che nel momento in cui il governo parla di legge, ordine, tolleranza-zero, racconta balle. Viviamo in un regime che si autoalimenta grazie alla propaganda. Parlano – ha continuato – di costruire nuove carceri e ne hanno di già disponibili, o quasi. E dato che non hanno una lira, perché i soldi li hanno buttati via con l’abolizione dell’Ici per i ricchi, o con l’operazione Alitalia, ovviamente – ha concluso il giornalista -, invece di fare politiche per la sicurezza, ne fanno per la rassicurazione”.

Relativamente alla polemica nata con Castelli ad Annozero lo scorso giovedì, Travaglio spiega: “Non ho detto cose da qualunquista o casinista “alla Grillo o alla Travaglio”, come ha detto il viceministro Castelli: ho citato il rapporto della Corte dei Conti, che è un’istituzione dello Stato italiano che ha il compito di controllare le spese dello Stato stesso: ha accertato che dal 2008 al 2012, i partiti intascheranno il quadruplo di quello che hanno dichiarato di aver speso per le campagne elettorali”. Saranno oltre 503 i milioni di euro dati ai partiti a titolo di “rimborso” per la campagna elettorale del 2008, per la quale invece ne investirono 136: dal dettagliato rapporto pubblicato sul sito della Corte dei Conti, risulta uno scarto tra soldi spesi e rimborsati di “appena” 367 milioni.

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