5 Dicembre 2010
Assemblea conclusiva dell'occupazione di Architettura. Interventi di Bertuzzi e Bratti, al telefono Bignardi

La Roccaforte della cultura scrive a Napolitano

di Redazione | 5 min

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Oltre cento persone al corteo organizzato dal centro sociale La Resistenza. Dal parco Coletta a piazza Castello studenti e lavoratori di ogni età hanno intonato insieme “Bella Ciao” e altri canti antifascisti.

Sabato sera ore 18: scocca il quarto giorno di occupazione della facoltà di architettura. L’assemblea conclusiva convocata dagli universitari è partecipata al di là di ogni aspettativa, aula D3 al completo, saltano i due collegamenti in streaming – troppe connessioni, server ko -, in prima fila il rettore Pasquale Nappi, il deputato Alessandro Bratti, la senatrice Maria Teresa Bertuzzi, il sindaco Tiziano Tagliani. Prendono la parola i rappresentanti degli studenti, che in questi giorni hanno coordinato i gruppi di lavoro: Giovanni Oliva, Arianna Balboni, Dario Alba. In diretta telefonica, interviene Daria Bignardi: “State dimostrando una presa di coscienza lucida e competente, state facendo qualcosa di importante per voi e per il Paese. Occupare ha un aspetto romantico, ma significa soprattutto dire ‘Il Paese è nostro e al futuro non vogliamo abdicare’. Datevi un nome – li invita la giornalista -, che i media non riescono ancora a definirvi!”. Ma un nome ce l’hanno già: ‘Roccaforte della Cultura’. Si erano presentati così martedì, il loro nome campeggiava su uno striscione appeso alla Torre dei Leoni del Castello Estense.
Da quel giorno, gli studenti si sono messi al lavoro: all’appuntamento conclusivo, tra il pubblico, anche l’assessore comunale Massimo Maisto, il segretario provinciale Pd Paolo Calvano, i giovani democratici con il segretario Federico Frattini, il segretario Flc Cgil Fausto Chiarioni. Tanti i giovani studenti delle superiori e, tra loro, il vicepreside del Roiti, Antonio Raimondo: “Tenete duro, state facendo svegliare noi e i nostri allievi”. Fuori da Palazzo Tassoni, resta il segretario comunale Idv Valerio Vicentini, che distribuisce volantini “per dimostrare solidarietà agli studenti – spiega – senza invadere i loro spazi”.
Caschi gialli da cantiere sulla tavola dei relatori, forbici da due metri appese alla finestra, sacchi dell’immondizia ammucchiati in qua e là, ma rigorosamente diffenziati sotto la voce ‘cultura’, ‘ricerca’, ‘didattica’.
Nel corso di due intense ore di assemblea, gli studenti dell’ateneo estense presentano alle istituzioni il frutto concreto del loro lavoro: programmano di sensibilizzare la città attraverso installazioni artistiche e recitazioni di classici della letteratura.
Intorno alle 19, il risultato dell’operazione ‘Roccaforte della cultura’ appare sul maxischermo dell’aula: gli universitari mostrano il documento ufficiale redatto nel corso dell’occupazione, lo legge Arianna Balboni. È una lettera aperta al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. “Siamo studenti dell’ateneo di Ferrara – si presentano così al Presidente – e in questi giorni anche noi abbiamo deciso di abitare una parte della facoltà di architettura, per informarci, informare, discutere ed esercitare attivamente la nostra cittadinanza, manifestando insieme a tutti gli studenti d’Italia il nostro disagio e dissenso verso la legge di stabilità e il disegno di legge Gelmini”.
Gli universitari ribadiscono “Non vogliamo essere rassicurati, ma consapevoli”. Pertanto hanno scelto “l’università come luogo per condurre in maniera collettiva e partecipata un lavoro di informazione autonoma”.
Accusano la “grande difficoltà nel reperire informazioni chiare, oggettive, che ci permettessero di capire in profondità i contenuti della legge” e sostengono come ciò sia “inaccettabile”.
Si presentano come “studenti universitari”: dichiarano come loro obiettivo prioritario la “formazione di una consapevolezza necessaria per essere prima di tutto cittadini attivi e partecipi”.
Scorrendo la lettera, si legge la loro preccupazione relativamente alle “modalità previste dal ddl Gelmini per il coinvolgimento dell’attore privato all’interno delle università” poichè “in assenza di incentivi fiscali alle imprese per donazioni”, risultano economicamente convenienti “solo gli investimenti destinati alla ricerca per innovazione, finalizzati ad un ritorno economico immediato”. Una formula che “rende molto probabile la possibilità, ad oggi già in parte concretizzatasi, che imprese private influenzino le scelte didattiche del programma accademico”. Pertanto, scrivono i giovani: “Siamo favorevoli a un rapporto con le imprese private, ma non a una privatizzazione dell’università”. Attaccano i finanziamenti alla scuola privata, ed evidenziano la sottrazione di fondi “che rendono possibile la sopravvivenza della scuola pubblica e la sua apertura a chiunque, come vorrebbe l’articolo 34 della Costituzione”.
Puntano il dito contro i “tagli ingentissimi applicati nel nome della meritocrazia, della riduzione degli sprechi e della semplificazione della struttura interna”, che “nella realtà – sostengono – ricadono indiscriminatamente su fondi per attrezzature, borse di studio e soprattutto sulla ricerca”. Una manovra finanziaria e una riforma entrambe basate su un criterio “miope – rilevano -, completamente indifferente a un dato oggettivo: l’alta percentuale di corsi affidato ai ricercatori corrisponde di fatto a didattica di alto livello ma a basso costo”.
Gli studenti ferraresi ribadiscono allora come “la qualità dell’offerta formativa sia inscindibile dalla presenza dei ricercatori. È impensabile – scrivono – che essa venga preservata allontanandoli, senza peraltro prevedere un adeguato stanziamento di fondi per l’assunzione di nuovo personale docente”.
Dall’aula D3, Balboni si fa portavoce di un’idea dell’ambiente universitario che gli studenti vorrebbero: “È contraddistinto – legge la rappresentante – prima di tutto da un dignitoso riconoscimento del lavoro che vi viene svolto: è questa la condizione di dignità a cui aspiriamo nell’affacciarci sul mondo del lavoro”. A fronte dell’“innegabile carenza di prospettive occupazionali”, ricorda la studentessa, al quale “non viene offerta alcuna soluzione”, consegue come “risulti impossibile realizzare e anche solo progettare un nostro futuro basato su una necessaria stabilità economica e relazionale”.
Alla luce di ciò e considerando che la mobilitazione studentesca si sta diffondendo in tutta Italia, “ci sentiamo – concludono gli studenti Unife nella lettera – di affermare che noi giovani siamo capaci e pronti a costruire risposte concrete alle esigenze del Paese, ma chiediamo a viva voce di essere messi in condizione di farlo”.
Gli interventi di Nappi, Tagliani, Bratti e Bertuzzi si confermano ancora una volta vicini alla posizione degli studenti: “Condivido la vostra consapevolezza” ha dichiarato il rettore. Tagliani ha incoraggiato gli studenti: “Questa occupazione dimostra la vostra volontà a dare delle risposte concrete”. Nel suo intervento, Bertuzzi ha riferito della sua esperienza di parlamentare all’opposizione, “surreale che si discuta blindati in Parlamento”. La senatrice ha condiviso le parole del coordinatore di Rua, Alba “Non si fanno riforme senza soldi”, e ha espresso il suo sostegno: “Finalmente partecipo ad una manifestazione in cui si vede fisicamente la carica della consapevolezza del vostro disagio di studenti e cittadini. Abbiamo bisogno di voi”. Insieme a Bratti, ha raccolto l’invito di Oliva: “L’università diventi priorità del prossimo governo”: per il momento, i parlamentari hanno sottolineato la conquista di aver fatto “slittare la discussione in Senato della riforma Gelmini dopo la fiducia”.
Affermare le idee attraverso un confronto partecipato: questo ciò che è stato apprezzato e sostenuto dai rappresentanti istituzionali, insieme agli studenti: “Occorre pazienza per ricostruire il sogno, il futuro di questo Paese – ha detto Bertuzzi -. Dobbiamo costruire insieme una rete di relazioni: ci aspettano giorni di grande tensione politica e democratica”.

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