Cronaca
27 Novembre 2010
La sorella Donata: "La strada che abbiamo intrapreso ci sta portando finalmente all’arrivo"

Denis Bergamini, passi avanti verso la verità

di Redazione | 4 min

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Suicidio. Con questa motivazione la Procura di Castrovillari aveva chiuso il caso sulla morte di Denis Bergamini, centrocampista argentano del Cosenza, morto il 18 novembre 1989.

“Tuffato sotto un tir sulla statale jonica”. Questa la versione ufficiale resa alla famiglia di Donato “Denis” Bergamini.

Una versione resa a seguito di indagini condotte rapidamente e con scarsa perizia: “il camionista fu invitato a ripartire con il suo mezzo dopo due ore” ricorda il legale della famiglia Bergamini, Eugenio Gallerani.

Gli abiti sparirono. Le scarpe furono rese alla famiglia dopo mesi, da un magazziniere del Cosenza che morí in circostanze poco chiare in un incidente sulla stessa statale.

L’autopsia mise in evidenza l’improbabilità della versione dell’investimento, con conseguente trascinamento del corpo di Denis.

L’orologio di Denis, proprio quello che ieri sera Oliviero Beha – il primo giornalista radiotv che diede luce al caso -, stringeva in mano, sul palco della Sala Estense, non riportava alcun graffio.

Queste ed altre, sono le incongruenze che sono state ricordate ieri a Ferrara, nel corso di un incontro dal titolo ‘Da Zorro alla stampa libera per vendicare Denis’. Una serata condotta da Beha, che ha visto alternarsi sul palco numerosi ospiti di rilievo, anche del mondo politico che sostiene l’associazione: nella seconda parte del dibattito, è intervenuto Andrea Giacomoni, delegato del sindaco di Argenta, il sindaco di Ferrara Tiziano Tagliani, l’assessore allo sport Luciano Masieri, il consigliere regionale Roberto Montanari e il deputato Alessandro Bratti, che lo scorso anno portò il caso in parlamento. Ieri sera c’era anche Carlos Dana, presidente dell’Associazione nazionale mutilati e invalidi civili, a sostegno dell’iniziativa: “Nello sport – ha detto Dana – è importante partecipare, nel sociale l’importante è invece vincere: promuoveremo eventi sportivi insieme all’associazione, per sostenere questa battaglia da vincere”.

Ad aprire l’incontro, è stata la lettura di un racconto tratto dal libro ‘Fiabe buddiste’ (Edizioni Miele), scritto da Valter Giraudo e illustrato da Laura Montanari. “Con parte del ricavato dalle vendite di questo libro – ha spiegato l’autore –, ho voluto sostenere, d’accordo con il mio editore, l’associazione ‘Verità per Denis’: perchè la sacralità della vita – ha precisato Giraudo – è principio buddista che si sposa a ciò che guida l’attività di questa associazione”. E a proposito, anche Beha ha annunciato la sua disponibilità a contribuire a devolvere parte dei proventi dei suoi libri.

Toccanti le parole della sorella del centrocampista, Donata: “Fango è stato gettato sulla vicenda di mio fratello e sulla mia famiglia. Non ci credevano – ha ricordato Donata -. Dicevano che mio padre era pazzo. Ma io – ha garantito – non mi fermerò mai. La strada che abbiamo intrapreso dal 27 dicembre 2009 [la prima manifestazione in memoria di Denis, svolta a Cosenza con la partecipazione di centinaia di persone, ndr] ci sta portando finalmente all’arrivo. È un percorso difficile – ha continuato la sorella di Denis -, in cui abbiamo dovuto chiedere aiuto, per sostenere, anche finanziariamente, il secondo processo”. Donata ha espresso un desiderio solidaristico: “Spero ora che la nostra esperienza possa essere d’aiuto ad altre persone”.

Beha – che da tre mesi si sente “come se gli avessero amputato un braccio”, dice del suo allontanamento dalla Rai – ha parlato di “concorso di insensiblità” del sistema mediatico di allora: “La stampa è sembrata una macchina ermetica, programmata per non sostenere la ricerca della verità, ammesso che gli inquirenti avessero voluto farla. Nonostante il protagonista e la vicenda – ha sottolineato Beha – rappresentassero una vera calamita, come caso da seguire”.

Il giornalista parla di inchiesta “fatta coi piedi, colma di palesi discrepanze”. Ma ora, “qui e a Cosenza –ha  ricordato il giornalista – c’è finalmente un movimento volto a non dimenticare, e a spingere affinché sia fatta chiarezza: l’indagine  -ha detto Beha – si spera porti rapidamente alla riapertura completa del processo”. Ma al momento, sulle recenti vicende giuridiche c’è un segreto istruttorio da mantenere, ricorda Beha, che ha ribadito: “Seppellire la verità, dopo aver seppellito il corpo di Denis, rappresenterebbe un secondo delitto”.

Sul palco della sala Estense c’era anche Marco ‘Ciporillo’ De Marco, che nell’’89 era un tifoso di 13 anni della curva del Cosenza. De Marco ricorda quel sabato in cui gli venne detto, dai tifosi più grandi, che Denis era morto: “Tanto è stato fatto – ha dichiarato De Marco – dai tifosi del Cosenza, per ricordare Denis: l’omertà sta nei suoi compagni di squadra. La famiglia ha il diritto di sapere come sono andati i fatti, il sindaco di Cosenza ha il dovere di prendere una posizione”. Sulla vicenda, De Marco esprime un’idea che esclude la pista mafiosa: “Questo caso non ha nessun tratto tipico dei delitti di mafia: i mafiosi o ti fanno sparire, o ci mettono la firma”, ha sostenuto il cosentino.

In conclusione, sul palco della sala è salito anche il legale, Eugenio Gallerani, che ha assunto l’incarico di recente, in vista del secondo processo. Gallerani ha riassunto la vicenda di Bergamini e ha assicurato, infine: “Ci sono le condizioni – ha detto laconico – per sostanziali passi avanti”.

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