Cronaca
15 Settembre 2022
Sentito in udienza uno degli investigatori che ha tracciato il quadro gerarchico dei Vikings: “Bugi aveva un grado elevatissimo, ma i vertici erano spesso infastiditi dalla sua sovraesposizione”

Mafia nigeriana. I vertici nazionali irritati dal ‘re di Ferrara’

di Daniele Oppo | 2 min

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Emmanuel Okenwa, aka dj Boogye o Bugi

C’era “Chuks”, il ‘chairman’, o presidente, in Italia che aveva sede a Torino. C’erano gli ‘elders’ o ‘emeritus’, i suoi vecchi consiglieri, e poi gli ‘FF’, una specie di capo territoriale: come era deejay‘Bugi’, Emmanuel Okenwa, l’autoproclamatosi “Re di Ferrara”.

Un soggetto con molto potere ma, come ha spiegato Andrea Marzocchi, l’ufficiale di polizia giudiziaria sentito nell’udienza di ieri del processo sulla mafia nigeriana a Ferrara e che ha ricostruito il quadro gerarchico dei Vikings, “i vertici erano spesso infastiditi dalla sua sovraesposizione a Ferrara, perché era conosciuto dalle forze dell’ordine”. E lo era perché era “una persona violenta nei modi, che spesso ricorreva alle minacce”.

Okenwa aveva comunque “un grado elevatissimo” a Ferrara e non solo (anche a Padova era molto rispettato), dove era “il punto di riferimento tra i diversi associati”. Non solo, oltre a dichiararsi re di Ferrara, “affermava anche di essere uno dei fondatori del gruppo in Italia, un’avanguardia”.

Marzocchi, come detto, si è occupato anche di tracciare un quadro generale dell’organizzazione, il ‘cult’ della Supreme Vikings Confraternity, conosciuto anche come Kclub de Norsemen o Arobaga o, ancora, The Adventurers, fondato nel 1994 in Nigeria, riconosciuto inizialmente dallo Stato e “man mano sempre più utilizzato dal potere a fine politico per portare instabilità: era specializzato nel sottrarre schede elettorali durante le elezioni”.

Se i rivali ‘Eiye’ – quelli di Stephen Oboh, l’uomo vittima dell’agguato di via Olimpia Morata – sono “specializzati nel traffico di esseri umani”, i Vikings sono “attivi nel traffico di stupefacenti”.

Segni distintivi: il colore rosso, usato preferibilmente indossando un basco, tatuaggi che richiamano il mondo marinaresco, come l’àncora. Segni di costituzione di un’organizzazione: un linguaggio in codice, ad esempio “usavano il numero 36 per indicare la riunione”, e il numero corrisponde al numero di Stati nigeriani; il versamento di una sorta di ‘quota sociale’ che aumenta salendo la scala gerarchica; il ricorso alla violenza fisica con l’uso anche di armi. Tra queste i Vikings prediligono il machete, come accaduto in via Olimpia Morata: “È l’arma bianca per eccellenza dei Vikings, tant’è che il suo uso viene anche ‘pubblicizzato’ nei post su Facebook”, ha spiegato l’investigatore, “altri cult invece usano l’ascia”. E, infine, la ‘fama’: “Il solo pronunciare il nome Vikings – ha spiegato ancora Marzocchi – incute paura, timore e rispetto”.

Nelle prossime udienze questo quadro verrà calato ancora più nello specifico nella realtà ferrarese, procedendo posizione per posizione, con il riscontro anche di varie intercettazioni, per delineare i ruoli dei singoli imputati.

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