Cronaca
15 Aprile 2022
È iniziato il processo a carico di Doriano Saveri. Sentiti come testimoni il primo carabinieri che intervenne nella casa, le sorelle e uno dei figli della vittima

Femminicidio Placati. La terribile profezia: “Sentirete parlare di me, domani vedrete”

di Daniele Oppo | 4 min

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“Sentirete parlare di me, vi chiedo scusa. Domani ve ne accorgerete, domani vedrete”. Quel domani è stato il 22 febbraio del 2021, il giorno in cui Rossella Placati, 50 anni, è stata uccisa al primo piano della sua abitazione, trafitta al petto e con la testa fracassata.

A pronunciare quelle parole sarebbe stato Doriano Saveri, 47 anni, il suo compagno, imputato di omicidio (assistito dagli avvocati Alessandra Palma e Pasquale Longobucco) nel processo che si è aperto ieri davanti alla corte d’assise di Ferrara (presidente Piera Tassoni e giudice a latere Alessandra Martinelli).

Le avrebbe dette a Ines Placati, sorella della vittima, presentandosi a casa sua nel pomeriggio di domenica 21 febbraio: “Ero a casa – ha raccontato la donna, sentita come testimone – è ho sentito bussare alla porta. C’era Doriano, era abbastanza tranquillo poi ha iniziato ad agitarsi, chiedeva scusa, diceva che mia sorella parlava male di lui, che andava a dire in giro che era un drogato, che lo stava sputtanando”. E poi quelle parole, interpretate al tempo come la volontà di denunciarla e che dopo la tragedia hanno assunto un tono completamente diverso, quello di una terribile profezia: “Non ho pensato di chiamare [Rossella], è una cosa che non mi perdonerò mai”.

Prima di lei, il pm Stefano Longhi ha chiamato al banco dei testimoni l’altra sorella, Daniela Placati, che sul rapporto tra la vittima e l’imputato ha riferito che Rossella le aveva detto che lui “le mancava di rispetto, non l’aiutava in casa, c’erano sempre dei litigi, la trattava come una serva”. Rossella le inviò anche un messaggio su WhatsApp l’8 febbraio, col quale la invitava a non inviare più nulla a Doriano (il riferimento è a dei messaggi), che avrebbe voluto mandarlo via di casa.

Entrambe le sorelle hanno anche riferito dei rapporti tra la vittima e il suo ex marito, dal quale si era separata a causa dei comportamenti violenti di quest’ultimo, ma col quale era rimasta in contatto e nel quale trovava comunque ancora un appoggio, nonostante 8-9 anni fa lui usò di nuovo della violenza su di lei perché frequentava un altro uomo e lo aveva portato nella sua abitazione, che era in comproprietà.

Il rapporto amicale e anche di confidenza con l’ex coniuge è confermato anche dalla testimonianza del figlio della vittima, Vanni Orlando, formalmente residente dalla madre, nella casa di via San Giovanni, ma che di fatto abitava dal padre. Fu proprio quest’ultimo a dirgli “lei voleva lasciare” Saveri e che “si stava stancando” di lui.

Le due sorelle e i due figli della vittima (oltre a Vanni, Nicolò Orlando) sono parti civili costituite tramite gli avvocati Filippo Maggi e Riccardo Caniato.

Di quel tragico 22 febbraio ha parlato il luogotenente dei carabinieri Abramo Longo, il primo a entrare nell’abitazione, il primo a vedere il corpo straziato di Rossella Placati. “Introno alle 8,30 abbiamo visto una Mercedes Classe A nera che frettolosamente parcheggiava e poi ne è sceso un uomo che ha suonato ripetutamente il campanello”. Quell’uomo era Saveri, “era molto agitato e diceva di essere tornato a casa e di aver trovato la ragazza morta, sdraiata per terra. Diceva ‘sono rovinato, non c’entro niente’, mettendosi le mani in testa”.

Furono i carabinieri a chiamare il 118, dato che Saveri non lo aveva fatto. Longo ha descritto l’abitazione, il ritrovamento del corpo della donna – “dal corridoio si vedevano i piedi”, “nella stanza c’erano schizzi di sangue sul termosifone, sul muro, sulla cassettiera” -, l’attesa fino all’arrivo dell’ambulanza, la constatazione del medico: “L’unico punto in cui ha messo la mano è stata la testa, ha detto che c’era una lesione gravissima, uno sfondamento del cranio, e non c’era nulla da fare”. Sul divano, al piano terra, c’era Saveri: “Era agitato, ci disse che aveva litigato la sera prima con la compagna e che lei lo aveva aggredito con un coltello”, ha riferito il luogotenente. Coltello che non è stato trovato nell’immediato.

L’uomo venne condotto in caserma, i suoi abiti e gli oggetti che aveva con sé vennero repertati dal brigadiere Roberto Capuano (anche lui sentito come teste), che scattò anche delle foto a Saveri: “Nelle nocche dell’anulare e del medio della mano destra presentava delle piccole lesioni, come anche nel piede destro. Nessuna ferita o segno in corrispondenza dell’addome”, laddove il maglione e la maglietta avevano dei fori che sarebbero stati prodotti dalla Placati col coltello. “Aveva una macchia, forse ematica, nei pantaloni”.

I testimoni hanno anche riferito di dissidi tra Placati e una vicina di casa, dovuta a vari dispetti che quest’ultima avrebbe messo in atto, cessati al momento in cui la donna mise delle telecamere.

Le prossime udienze sono già in programma per il 20 e 21 aprile.

 

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