Economia e Lavoro
13 Novembre 2021
Sindacati molto poco convinti dal piano di Eni-Versalis che ribadisce la chiusura del cracking di Marghera. Chiarioni (Filctem-Cgil): “È in discussione la tenuta della filiera, il Governo convochi il tavolo”

“Corriamo il rischio di far collassare il petrolchimico”

di Daniele Oppo | 4 min

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Se il comunicato di Eni-Versalis post tavolo coi sindacati è tutto proiettato verso un futuro industriale che sembra bellissimo e verdissimo, a dargli una manata di grigio realismo ci pensa Fausto Chiarioni, segretario della Filctem-Cgil di Ferrara, presente a quel tavolo.

“Corriamo il rischio di far collassare il petrolchimico”, dice Chiarioni senza mezzi termini. Questo perché il piano industriale di Eni per Versalis, tutto improntanto alla decarbonizzazione e alle specializzazioni (ovvero trasformazioni, per così dire, secondarie), sarà pure pieno di nuove e più sostenibili produzioni, ma è anche la conferma che il cracking di Porto Marghera verrà chiuso e che la produzione materia prima per le grosse produzioni del Petrolchimico di Ferrara, quella di Basell su tutte, è destinata a mancare da marzo/aprile 2022, periodo nel quale Eni ha programmato lo spegnimento.

“Chiudendo il cracking stanno mettendo in discussione il mantenimento della chimica di base nel Paese – spiega Chiarioni, che queste parole le ha pure dette alla dirigenza di Versali al tavolo romano di venerdì -. È l’impianto più importante del nord Italia, ed è quello che fornisce le materie prime a tutto il quadrilatero della Pianura Padana, Ferrara in primis”.

I sindacati, peraltro, sono molto poco convinti anche della ‘sincerità’, se così si può dire, del piano industriale presentato: “Dicono che a Marghera sorgerà l’impianto che trasforma la plastica in olio pirolitico, ma poi serve il cracking per produrre altri monomeri. Sempre a Marghera hanno l’impianto di bionafta e anche lì poi serve cracking. E cosa fanno? Lo chiudono? E se chiudi quel cracking dove vai a fare riciclo? A Priolo in Sicilia o a Brindisi in Puglia quando le aziende interessate sono concentrate nel nord? Ma chi ci crede?”

Si badi bene, i sindacati, compresi quelli ferraresi, sanno benissimo che l’impianto di Marghera in ogni caso dovrebbe essere trasformato, ma la loro idea è quella di mantenerlo, rendendolo più sostenibile, non chiuderlo del tutto, e comunque non in tempi così ridotti senza alternativa pronta.

Fausto Chiarioni, segretario della Filctem

“Loro – spiega il sindacalista – dicono che non si vogliono ritirare dalla chimica di base e dicono che hanno un eccesso di produzione di etilene,  il monomero prodotto dal cracking che viene usato a Ferrara dall’impianto X. A fronte di questa produzione eccessiva, ci avevano detto nel 2019 che sarebbe bastato ridurre la capacità produttiva di Marghera del 25% per soddisfare bisogni interni del mercato nazionale. Noi chiediamo che facciano quel che ci dissero allora, mentre oggi dichiarano di chiudere il cracking e quindi verrà a mancare parte di etilene e il propilene che viene usato da Basell per le sue produzioni (polipropilene, ndr). Basell – ricorda Chiarioni – compra tutto il propilene che Versalis gli cede: parliamo di 200mila tonnellate all’anno. Dicono che loro se lo procureranno altrove, dai mercati esteri, per poi rivenderlo a Basell, ma c’è una contraddizione pazzesca”.

Il non detto è che questa strategia di Versalis porti Basell a pensare di spostare direttamente la produzione dove ha i suoi cracking, fuori da Ferrara, che sopravviveranno con quella stessa trasformazione tecnologica ed energetica che i sindacati chiedono per Porto Marghera: l’elettrificazione. La stessa elettrificazione alla quale Versalis si è detta interessata, ma a quanto pare solo come sviluppo tecnologico, magari da vendere sul mercato, non per applicarlo ai suoi stessi impianti.

Ma tutta la questione – questa volta sì che Chiarioni lo dice, rifacendosi alle obiezioni che il segretario Marco Falcinelli della Filctem-Cgil nazionale ha già mosso alla società – “è una questione politica. Eni-Versalis è una società pubblica, è il colosso chimico del Paese che garantisce la tenuta delle produzioni. Cosa fanno? Rinunciano a questo come se fossero una società privata? Stanno mettendo in discussione la tenuta della filiera e questa scelta ce la vogliamo sentir dire dal Governo. Ecco perché chiediamo la riconvocazione del tavolo al Mise”.

E non è per nulla scontato, visti gli interessi politici in gioco (il ministro Giorgetti, ad esempio, è sempre rimasto abbastanza freddo sul tema), da quel tavolo arrivino notizie positive.

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