Attualità
7 Maggio 2020
Il dg del Sant'Anna, Tiziano Carradori, in commissione Sanità: “Abbiamo bisogno di processarne 300 al giorno, senza considerare ipotesi di natura proattiva, siamo inchiodati a 120 se non si rompe la macchina”

“C’è un problema con le forniture dei kit per i tamponi”

di Daniele Oppo | 6 min

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Tiziano Carradori

Se i piani per la ‘Fase-2’ di questa emergenza sanitaria Covid-19 hanno mai previsto almeno un’estensione dei tamponi alla popolazione per tracciare meglio il contagio, non sembra che sia qualcosa d’immediata esecuzione. Anzi, la ‘normale amministrazione’ già procede a rilento.

“Se c’è un problema nelle forniture, è un problema importante nelle forniture di kit per la lettura dei tamponi”, ha infatti spiegato Tiziano Carradori, dg dell’ospedale Sant’Anna, intervenendo nella seduta in videoconferenza della commissione Sanità, riunitasi mercoledì pomeriggio e presieduta da Tommaso Mantovani del M5S.

Abbiamo dei ritardi che non ci condizionano tanto all’interno dell’ospedale ma ci limitano nel doveroso supporto ai colleghi dell’Ausl e adesso è importante avere tempestività nell’attività diagnostica sia di coloro che stanno a domicilio, sia nelle strutture residenziali”.

Abbiamo bisogno di processare 300 tamponi al giorno senza considerare ipotesi di natura proattiva”, ha proseguito Carradori spiegando che c’è già una difficoltà nella gestione dell’ordinario, sotto questo punto di vista, rilevando un “malessere ad avere fornitura di kit per fare non migliaia, ma centinaia di analisi. Siamo inchiodati a 120 tamponi al giorno se non si rompe la macchina”.

Rimanendo in tema, il Sant’Anna ha sottoposto a test sierologici i circa 2.600 dipendenti e ha effettuato i tamponi su 430: la positività, ha detto Carradori, è al 3%: “Vuol dire che le misure organizzative di divisione dei percorsi e di dotazione dei Dpi pur nelle grandi difficoltà sono state in grado di preservare la risorsa più preziosa che è quella del personale di assistenza”.

Nessun problema particolare, adesso, per quanto riguarda i Dpi per i sanitari: “Abbiamo avuto alcuni momenti di difficoltà, però i quantitativi distribuiti sono considerevoli e non si può parlare, nella nostra situazione, di mancanza. Abbiamo avuto difficoltà con i calzari, questo è sicuro, ma oggi ci troviamo con scorte che non pongono particolari problemi”.

Una nota polemica, ma riferita all’Ausl, è arrivata sul tema da Bruno Di Lascio, presidente dell’Ordine dei medici di Ferrara, in merito ai Dpi forniti ai medici di medicina generale: “Dal 25 febbraio a oggi sono stati distribuiti 2 kit ai medici e ai pediatri. Come Ordine abbiamo provveduto a distribuire quasi 14mila mascherine grazie donate dal Comune e dalla Protezione civile”.

Tamponi e Dpi a parte, la ‘Fase-2’ per Ferrara è iniziata in una situazione di relativo vantaggio. “Per molteplici ragioni da indagare, il territorio di Ferrara e la sua popolazione si trova in condizioni medie migliori di quella della media della regione – ha affermato Carradori -. Abbiamo, al 3 di maggio, 931 persone su 345mila abitanti che sono risultate positive. I positivi sono meno della metà della media regionale per mille abitanti, una frequenza cinque volte inferiore a quella di Piacenza. Anche per mortalità siamo in una situazione che ci vede con frequenza di morti per mille abitanti che è metà di quella regionale e molto lontana ancora anche dal nord Emilia”. La situazione è “lievemente peggiore nella letalità: 13,4 su 100 persone positive, che non ci colloca in posizione così buona come gli altri indicatori. Ma questo è ascrivibile alla struttura della popolazione, che è più anziana”.

“Certamente penso che l’azione dei servizi sanitari di questa provincia, delle amministrazioni dei Comuni e il comportamento dei cittadini abbiano contribuito a non compromettere ciò che probabilmente il padreterno ha dato a questo territorio”, ha osservato ancora Carradori.

Sia il dg del Sant’Anna che Claudio Vagnini, direttore generale dell’Ausl, hanno riferito di aver raggiunto in giornata l’auspicata “posizione unitaria”, richiesta dal sindaco Alan Fabbri e poi dalla Ctss della scorsa settimana. “L’elemento di non allineamento riguardava la sola assistenza ospedaliera – ha spiegato Carradori -. Ma questa mattina Vagnini e io abbiamo avuto un ulteriore scambio di vedute anche con la Regione e dovremmo avere anche la posizione unica”. Per Vagnini “abbiamo impiegato tempo a trovare una soluzione che fosse compatibile con le necessità di questa provincia: parlo degli ospedali e di utilizzarli in parte o totalità come Covid o meno. Al momento è una soluzione di compromesso: Cona per certe tipologie e mantenimento del Delta per il territorio come ospedale Covid e poi successivamente come ospedale promiscuo”. Il problema, sembra di capire, nasce anche dal fatto che il Delta si sarebbe dovuto attivare in abito di accordo di Area Vasta e poi le cose siano andate un po’ diversamente: “Si parlava di Cona come punto di riferimento inziale e poi successivamente del Delta, una volta esaurite le possibilità a San Giovanni in Persiceto, a Bellaria o al Sant’Orsola”, ha detto il dg dell’Ausl.

Vagnini ha anche menzionato le strutture accreditate di Salus e Quisisana che “si sono messe a disposizione per i post ospedalieri e hanno iniziato a ricoverare pazienti covid negativi e tuttora ne hanno nei reparti”, nonché l’Ado e l’Hotel Astra che offrono i propri spazi per gli isolamenti.

Sottolineata con vigore anche l’importanza delle Unità speciali di continuità assistenziale – sei quelle attive in tutto il territorio ferrarese -, che hanno permesso di assistere le persone al domicilio in sicurezza e intervenire nelle strutture residenziali, spegnendo i possibili focolai.

Ora, ha affermato ancora il dg dell’Ausl “stiamo cercando di collaborare con i radiologi per fare le ecografie toraciche al domicilio o all’interno delle strutture residenziali”, in modo da individuare per tempo le polmoniti interstiziali, tipiche di questo nuovo coronavirus.

Entrambe le aziende sanitarie puntano alla ripresa di una normalità di gestione che dovrà necessariamente passare per lo smaltimento dell’arretrato – esami diagnostici, visite specialistiche, operazioni chirurgiche – che sono state stoppate.

Il Sant’Anna, ad esempio, che a inizio anno aveva tempi d’attesa in linea con le indicazioni regionali e ministeriali, “tranne che per un 5%” di interventi su 2mila complessivi”, come spiegato da Carradori, ora è di nuovo in forte arretrato: “Tutto quello che eravamo riusciti a fare in un anno è stato azzerato nel giro di due mesi”, ha detto senza mezzi termini il dg dell’azienda ospedaliera parlando del lavoro per la riduzione delle liste d’attesa. “Nell’ultima settimana di aprile la quantità di persone in attesa è cresciuta del 27%, circa 700 persone in lista, e la proporzione delle persone che andava oltre i tempi è passata dal 5% al 28%. Di queste 700 persone, 151 sono prioritarie e una parte non indifferente sono tumori, in particolare tumori della mammella: la quantità di questi interventi in attesa è aumentata del 39%. Poi c’è l’attività d’internistica: abbiamo 16mila prestazioni di specialistica ambulatoriale che non abbiamo erogato, è necessario riprendere”.

Le strutture Ausl lavoreranno in tal senso “insieme alle strutture accreditate” che, ha spiegato il dg, “hanno dato disponibilità di 12 ore al giorno dalle 8 alle 20 per visite ed esami strumentali”.

La chiosa è affidata a Vagnini in risposta a una domanda/considerazione di Roberta Fusari (Azione civica) sulla doppia velocità tra chi ha fretta di riaprire tutto e chi predica prudenza: “Procediamo con la ‘Fase-2 però da ‘preventivologo’ devo dire che mi preoccupa moltissimo come la popolazione gestirà i propri spazi di libertà. Se non riusciamo a contenere un atteggiamento poco maturo da parte di alcuni, rischiamo di tornare al punto di partenza. Magari sono eccessivo, preferisco esserlo, ma la situazione non è risolta, siamo ancora in mezzo a una pandemia, l’attenzione deve essere costante e massima. Per far ripartire il sistema dobbiamo essere molto attenti e molto maturi”.

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