Voghiera
30 Marzo 2020
Lo sfogo del dottor Franco Mari di Voghiera: “Noi medici siamo i migliori untori, qualcuno mi spieghi perché a noi non fanno i test”

Lo sfogo del medico di base. “Perché nessuno ci fa i tamponi e ai vip li fanno subito?”

Il medico Franco Mari
di Daniele Oppo | 4 min

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Il medico Franco Mari

Il medico Franco Mari

“Sono curiosissimo di sapere per quale arcano motivo i tamponi sono a disposizione liberamente per alcuni (vip, calciatori, politici) completamente asintomatici mentre non lo sono affatto per tutti i sanitari potenzialmente infettanti e neppure se li chiediamo per i nostri pazienti sintomatici o per altri purtroppo morti a domicilio di non si sa bene cosa”. Lo sfogo di Franco Mari, medico di base che da quarant’anni opera a Voghiera, è la spia di qualcosa che forse non funziona nella gestione dell’emergenza Covid-19, nel Ferrarese come in gran parte del Paese.

Non è un caso se tra i numeri tragici dell’epidemia in Italia, uno balza all’occhio in maniera particolare: quello dei medici, più di cinquanta, che hanno perso la vita a causa del virus, e molti, troppi, tra essi sono proprio medici di base, circa la metà. E per un medico di base che manca, parecchie centinaia, se non proprio migliaia di persone rimangono senza un punto di riferimento, necessario più che mai in questa emergenza in cui rappresentano il primo presidio territoriale. La Regione, va detto, ha promesso che dall’ultima settimana di marzo le cose cambieranno, con tamponi sierologici per tutti i sanitari e poi, nel caso di positività, quelli specifici per conferma, sperano che non sia tardi.

“Io ho avuto parecchi pazienti positivi, circa una decina, e anche qualcuno morto e non mi è mai stato fatto un tampone”, spiega Mari, che prosegue: “Di fronte al decesso di un mio paziente, senza poter sapere se è morto per o con Covid19, non ho avuto la possibilità di fare un tampone né a lui né, successivamente, a me”.

Continuare a fare il proprio lavoro diventa una sfida quotidiana per non farsi contagiare e per non contagiare a sua volta i pazienti: “Io non sono un eroe e non ho nessun desiderio di diventarlo. Come tutti i miei colleghi medici di medicina generale apro l’ambulatorio ogni mattina mettendo in atto le poche possibili precauzioni per non essere contagiato. Cerco di gestire la salute dei miei pazienti in modo il più possibile da remoto (telefono, mail, fax, WhatsApp), ma comunque non posso esimermi dal ‘contatto fisico’ con loro almeno 15-20 volte al giorno – spiega il medico -. Cerco di proteggermi e di proteggerli come posso, ma le statistiche nazionali sono sotto gli occhi di tutti e sono spaventose. Ogni giorno che esco di casa per andare a lavorare mi chiedo chi potrò infettare o chi potrà infettare me”.

Il tutto con ben “un camice di tessuto non tessuto, quattro guanti e due mascherine chirurgiche”, forniti dall’Ausl per affrontare l’emergenza, che “fanno solo tristemente sorridere di fronte all’impresa che ci viene richiesta”.  “Fortunatamente – aggiunge – mi sono arrangiato e ho anche avuto pazienti sensibili che mi hanno portato in omaggio delle mascherine. Persone generose e inaspettate non riconosciute per la propria generosità”.

La necessità di una vera protezione si riassume facilmente così: “Noi medici siamo i migliori untori”. Ed è difficile dire che le sue sono preoccupazioni eccessive visto quel che è accaduto in Lombardia o anche in Sardegna (soprattutto a Sassari), dove proprio gli operatori sanitari sono stati fattori chiave del contagio. “Ho isolato da me i miei familiari, considero me stesso, nella migliore delle ipotesi, un portatore sano”, dice il medico.

E in faccia a tutto questo si inserisce la questione dei tamponi – tutti gestiti dal solo Servizio sanitario nazionale in strutture pubbliche – che ai vip e ai loro cari sembrano venir fatti in tempi record, poco importa se sintomatici o meno: “Mi dicono che siamo in emergenza e che di tamponi ce ne sono pochi. Allora come fanno quei fortunati a ottenerlo? Qualcuno cerchi di spiegarmelo – chiede il medico con amarezza -. Mi spieghi qualcuno secondo quale legge o regolamento a costoro è consentito e a noi possibili ‘untori’ no. Capisco bene che il valore ‘commerciale’ di certi individui è notevolmente superiore al mio o a quello dei miei pazienti ma è diventata allora questa la regola secondo cui si decide a chi eseguire i tamponi?”.

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