Sbandano con la moto. Due feriti in via Calzolai
Schianto con feriti a Malborghetto di Boara, dove - nella serata di giovedì 1° maggio - una motocicletta su cui stavano viaggiando due persone è andata a sbattere autonomamente contro un guardrail
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Ringraziamo tutti i lavoratori in piattaforma per averci messo a disposizione queste immagini
C’è chi non può uscire di casa, e chi la propria casa la potrà rivedere solo tra qualche settimana, isolato dal mondo e in attesa su una distesa di acciaio in mezzo all’Adriatico. Sono i lavoratori delle piattaforme di estrazione del gas naturale, dipendenti di Eni o delle tante aziende italiane che svolgono appalti tecnici di varia natura nelle piattaforme lungo il tratto di mare che si affaccia in particolare sulla riviera romagnola, marchigiana e abruzzese.
Centinaia di lavoratori da ogni parte di Italia che oggi possono solo osservare da lontano quello che sta succedendo sulla penisola, con un misto di preoccupazione per le famiglie a casa e di incertezza sul proprio immediato futuro. Alcuni di loro sono già in servizio da un paio di settimane e in questi giorni avrebbero dovuto rientrare sulla terraferma, ma l’aggravarsi della situazione Coronavirus e le nuove disposizioni del governo ha messo tutto in standby e la loro permanenza in mare potrebbe allungarsi di giorni o addirittura di diverse settimane.
Tra chi aspetta di capire qualcosa in più sulla situazione c’è anche Cristiano, 36enne della zona di Copparo che, dopo quasi 20 anni passati tra tetti e ponteggi delle case ferraresi, da circa un anno si occupa di manutenzioni nelle piattaforme per un’azienda di Comacchio. Abbiamo contattato Cristiano al telefono e ci ha raccontato il particolare punto di vista di chi in questi giorni si trova tagliato fuori dal mondo e in attesa di poter tornare.
“Abbiamo sentito tutto al telegiornale, è pazzesco pensare a quello che sta succedendo sulla terraferma – racconta Cristiano -. Quando sono salito tre settimane fa si parlava del ragazzo di Codogno e focolai nel suo paese e in Veneto, ma non avrei mai potuto immaginare che la situazione sarebbe precipitata così velocemente”.
Anche la vita in piattaforma ha subito alcuni stravolgimenti: per via dei nuovi accorgimenti di sicurezza anche le camere con due brande vengono utilizzate da una sola persona e di conseguenza il personale è quasi dimezzato. “Qui da noi ovviamente sono scattate misure di sicurezza straordinarie e chi se ne occupa direttamente sta effettuando ogni tipo di procedura per fare in modo che il virus non raggiunga le piattaforme. Sarei dovuto scendere la settimana scorsa ma credo che resterò qui per almeno un’altra decina di giorni, perché il doppio turno consente di non far venir su nessun altro da terra e mi sembra la cosa più logica, sia a livello di organizzazione sia per prevenire ogni tipo di rischio. Certo, lavorare un mese intero in piattaforma senza poter rientrare si fa sentire, ma non ci sono alternative”.
Un sacrificio che Cristiano spiega di accettare di buon grado, visto il momento: “Qui ci sentiamo al sicuro e non ci manca niente. Semmai dovesse saltare qualche approvvigionamento – ci scherza su – abbiamo i kit di emergenza della scialuppe di salvataggio, dotati di fili e ami da pesca, per provare a prendere qualche pesce! Ma ovviamente viviamo una sensazione davvero surreale: alla sera possiamo solo guardare il mare e le piccole luci della costa in lontananza e sperare che nelle prossime settimane finisca la fase più grave”
Per Cristiano e i suoi colleghi ovviamente il pensiero e la prima preoccupazione va alle famiglie: “Siamo tutti in contatto costante con le nostre famiglie, ma è difficile non farsi venire un po’ di preoccupazione stando lontani. I problemi maggiori sono per i miei colleghi siciliani e sardi, perché con tutti i voli e i traghetti bloccati per loro potrebbe essere complicato tornare a casa una volta sbarcati sulla terraferma: spero che vengano aiutati a trovare una soluzione quando sarà il momento di rientrare. Nel frattempo mando il mio in bocca al lupo a voi e a tutti i vostri lettori”.
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