Cronaca
25 Febbraio 2020
Finisce dopo oltre un anno il calvario di una donna di 60 anni

Non accoltellò il figlio, madre assolta

di Daniele Oppo | 2 min

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Per oltre un anno si è portata appresso il fardello di un’accusata pesante: quella di aver cercato di ammazzare il figlio a coltellate, anche se poi il reato è stato derubricato in lesioni. Lunedì mattina il giudice l’ha assolta in abbreviato da tutto perché il fatto non sussiste.

Finisce così il calvario per una donna moldava di 60 anni che nel dicembre del 2018 venne arrestata dalla Polizia, intervenuta in casa per una lite madre-figlio che sembrava degenerata in qualcosa di più grave, molto più grave. L’uomo – allora 37enne – mostrò una ferita a un braccio e indicò il coltello che glie l’avrebbe procurata e il sangue nella camera da letto. In quell’occasione, la donna, agitatissima, colpì anche un agente al petto e questo le valse una denuncia anche per resistenza a pubblico ufficiale.

È stato il suo difensore, l’avvocato Pasquale Longobucco, a scoprire che la storia era andata in maniera molto diversa. Ascoltando il fratello della (presunta) vittima, capì che la persona offesa aveva dei problemi psichici mai affrontati e seppe che fu proprio lui a raccontare che le cose non erano andate come aveva invece detto ai poliziotti. La donna si fece interrogare, insistendo sul fatto di non aver mai e poi mai impugnato un coltello contro suo figlio, riferendo che a essere aggredita dal figlio fu lei, come testimoniato anche dai numerosi lividi che aveva in corpo, documentati anche con fotografie. Ottenne i domiciliari dall’altro figlio, ma venne comunque rinviata a giudizio.

La consulenza tecnica disposta dal giudice ha fatto emergere che il sangue ritrovato era effettivamente del figlio, ma che nell’impugnatura del coltello non c’erano impronte della madre, bensì solo tracce dell’uomo stesso. Ecco allora che, nonostante la richiesta di condanna a un anno e mezzo avanzata dalla procura,  il tribunale di Ferrara ha assolto la donna, non solo dall’accusa di lesioni, ma anche da quella di resistenza: quei colpi dati all’agente non impedirono la sua attività di pubblico ufficiale, ma sarebbero stati da qualificare semmai come percosse, procedibili però solo a querela di parte, assente in questo caso.

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