Attualità
14 Febbraio 2020
Il giudice accoglie le richieste di una cittadina, annulla gli avvisi di pagamento arrivati tra 2014 e 2019 e condanna Comune e Ica alle spese

Cosap per i passi carrai a raso, il giudice: “Regolamento illegittimo”

di Daniele Oppo | 2 min

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Un esempio di passo carraio a raso

Ci aveva già pensato la Corte di Cassazione, e c’erano già stati altri precedenti minori. Ora anche il Tribunale di Ferrara ribadisce che assoggettare al canone Cosap i passi carrai ‘a raso’ – ovvero quelli in cui non c’è effettiva sottrazione di suolo pubblico e non sono state realizzate opere per facilitare l’accesso dei veicoli negli immobili privati, né è stato chiesto di apporre il relativo cartello – non è corretto. E non solo il Comune non può richiedere il pagamento del canone, ma è illegittimo anche il regolamento nella parte in cui lo prevede.

Lo ha stabilito con un’ordinanza freschissima, datata 13 febbraio, il giudice Mauro Martinelli, decidendo sulla causa intentata da una cittadina, assistito dall’avvocato Luigi Belvederi, contro il Comune e contro Ica, la società che è incaricata della riscossione.

Il tribunale ha stabilito che gli avvisi di pagamento notificati dal Canone dal 2014 al 2019 sono illegittimi, non solo perché è provata nel caso di specie “l’impossibilità di parte ricorrente di utilizzare la superficie stradale pubblica antistante l’ingresso dell’immobile per l’accesso, il regresso e lo stazionamento di uno o più veicoli”, ma anche in “conseguenza dell’illegittimità del Regolamento del Comune di Ferrara che – definendo, all’art. 5 comma I, ‘passo carrabile’ “ogni accesso anche a raso ad un’area laterale idonea allo stazionamento di uno o più veicoli’ e sancendo, al comma III, che ‘l’idoneità allo stazionamento può essere anche di fatto (non è necessario, ai fini del presente regolamento, vi sia conforme destinazione d’uso)’ – estende le ipotesi di applicabilità del canone oltre ai presupposti richiesti dalla fonte primaria (il D. lgs 446 del 1997, art. 63, comma I)”.

Insomma, il Comune è andato troppo oltre i suoi poteri nel redigere quella parte di regolamento, la cui illegittimità, scrive ancora il giudice nella motivazione, “emerge altresì dall’indeterminatezza e dall’indeterminabilità della voce residuale ‘ecc.’, di cui all’art. 5 comma III, che non consente di individuare i parametri in base ai quali stabilire quali locali (ulteriori a quelli citati) siano esenti dall’assoggettamento al canone, con conseguente attribuzione di un potere arbitrario e non discrezionale (sotto il profilo tecnico) alla Pubblica Amministrazione”.

Il risultato è l’annullamento degli avvisi di pagamento e la condanna per Comune e Ica al pagamento delle spese di giudizio.

“La decisione – afferma l’avvocato Belvederi – apre la strada a eventuali richieste di rimborso di cittadini i quali abbiano già pagato”.

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