Comacchio
7 Novembre 2019
I carabinieri trovano a San Giuseppe di Comacchio il covo in cui si era rifugiato il palo dopo la fuga. Denunciato un quinto uomo

Un commando dalla Campania per la rapina in banca

di Daniele Oppo | 4 min

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Comacchio. Non erano rapinatori improvvisati quelli che martedì pomeriggio hanno fatto irruzione alla Cassa di risparmio di Ravenna a Porto Garibaldi: era un commando organizzato, arrivato direttamente dalla Campania, pendolari del crimine. E questo rende ancora più significativo l’intervento risolutivo dei Carabinieri della Compagnia di Comacchio non solo per tempestività, ma anche per portata.

Tre arresti, un fermo e una denuncia. Il risultato dell’attività d’indagine fin qui svolta ha portato oltre che all’arresto in flagranza dei tre rapinatori (di 29, 56 e 50 anni)  anche alla cattura e al fermo del palo (66 anni) che martedì era fuggito a bordo di un’Alfa Romeo Stelvio blu e alla denuncia a piede libero di una quinta persona di 53 anni, fratello di uno dei rapinatori e colui che ha ospitato la banda nella casa in cui risiede, a San Giuseppe di Comacchio.

Da destra: il capitano Coppi, il maggiore Porta e il maresciallo maggiore Falferi

L’intervento rapido e coordinato dei carabinieri. Un’attività che, come racconta in conferenza stampa il capitano Andrea Coppi che comanda la Compagnia lagunare, è partita dall’operatore della centrale operativa dei carabinieri che alle 12.40 circa, dopo aver ricevuto l’allarme rapina proveniente dalla banca, ha chiamato l’istituto di credito per una verifica diretta e contemporaneamente ha allertato le pattuglie affinché evitassero la fuga degli (in quel momento) eventuali rapinatori. “Durante la telefonata – spiega ancora Coppi – l’operatore ha percepito qualche perplessità nella cassiera che ha risposto e ha subito predisposto le macchine per bloccare la fuga e prospettato un intervento dentro la banca”.

Il Suv che fugge e l’intervento in banca. Avvicinandosi all’istituto di via Bassi, i militari hanno notato un Suv blu che faceva dei movimenti troppo strani, partendo a razzo una volta avvistate le vetture dei carabinieri. E così, capendo cosa stava accadendo, spiega ancora Coppi, “i carabinieri (due del Radiomobile e due della caserma locale, ndr) in modo fulmineo hanno fatto accesso alla banca, facendosi aprire con uno sguardo alla cassiera la bussola dell’ingresso, e poi immobilizzando i tre che erano dentro e che avevano indotto il direttore a sbloccare la temporizzazione della cassa, dopo che avevano già intascato oltre 20mila euro”. Senza che nessuno dei tre dipendenti della banca e dei due clienti abbia riportato neppure un graffio: “È stata un’esposizione al rischio calcolata e cercata perché non se ne poteva fare a meno”. E ben riuscita, come più volte sottolineato anche dal maggiore Gabriele Porta a capo del gruppo investigativo del Comando provinciale.

Risolta la situazione più urgente, i carabinieri hanno avviato le indagini, con i rilievi tecnici all’interno della banca (come l’acquisizione delle immagini delle telecamere di sorveglianza, ad esempio) e attività info-investigativa più classica che, verso l’ora di cena di martedì, li ha portati dritti dritti nel covo della banda: una casa a San Giuseppe di Comacchio in cui risiede il fratello di uno dei membri del comando, forse il basista, ma al momento solo denunciato in qualità di possibile complice.

Il covo in una casa a San Giuseppe. “Quando siamo entrati nel covo – racconta il maresciallo maggiore Gianfranco Falferi, comandante del Norm di Comacchio  – il palo stava togliendosi la colla super attak dalle mani con l’acqua raggia”. Il motivo di questo ‘strano’ comportamento è presto detto: “I rapinatori sempre più sistematicamente si cospargono le mani di colla per non usare i guanti e non lasciare comunque impronte”. Residui di colla sono stati trovati sulle mani dei tra rapinatori, sul volante e sulla targa dell’Alfa Romeo Stelvio, il suv blu preso a noleggio il giorno prima e che era stato visto andar via a tutta birra dal parcheggio della banca, finito del garage della casa di San Giuseppe. Nella spazzatura c’erano poi due targhe false, realizzate con carta plastificata, usate per coprire la targa originale. Naturalmente c’erano anche ben sei confezioni di super attak utilizzate. Nell’auto sono stati trovati anche attrezzi da scasso.

Il ruolo dell’unico incensurato. Quattro dei cinque uomini coinvolti, secondo quanto rivelato dai carabinieri, risultano avere precedenti penali specifici per reati contro il patrimonio e per rapina. L’unico senza precedenti è il rapinatore più giovane. E ancora una volta non è un caso, a testimonianza di quanto e come fosse stata organizzata la rapina: “Il primo accesso alla banca viene fatto dall’incensurato – spiega ancora Falferi – che è l’unico che può entrare a volto scoperto ed è lui poi ad assicurare che possano entrare anche gli altri”.

Due mezzi pronti per la fuga finale. Altri due mezzi risulta fossero stati noleggiati per la fuga finale, ma la banda non ha fatto in tempo a completare il piano.

Indagini ulteriori. Ci sono alcuni elementi che fanno pensare che il colpo possa fare parte di un quadro diverso e ben più ampio rispetto a una ‘semplice’ rapina, legato a realtà criminali organizzate: il fatto che i quattro rapinatori siano venuti apposta dalla Campania innanzitutto, la pianificazione accurata e poi il fatto che non si siano accontentati di aver racimolato già oltre 20mila euro senza molto sforzo, ma abbiano voluto aspettare, seppure contribuendo alla loro rovina, lo sblocco della cassa temporizzata per fare il colpo grosso. Forse c’è qualcosa di più ed è per questo che le indagini, il fascicolo è assegnato al sostituto procuratore Ciro Alberto Savino, vanno avanti.

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