Cronaca
30 Ottobre 2019
Condannato un 50enne legato al Napoli Group, specializzato in falsificazione che trae in inganno anche un istituto di credito di Ferrara

Truffato dalla banda dei Rolex farà causa alla banca

di Elisa Fornasini | 3 min

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Mette in vendita un Rolex su internet, trova un acquirente, vanno insieme in banca per verificare la regolarità dell’assegno, viene chiamata la filiale che ha emesso il titolo, sembra tutto regolare, ma il denaro non viene incassato. Il motivo si scopre durante il processo: l’acquirente è un truffatore, l’assegno è ben falsificato, il fantomatico direttore è un complice che ha dirottato la telefonata.

È la brutta disavventura vissuta da un ferrarese, vittima di un noto gruppo di falsari conosciuto come Napoli Group e ribattezzato ‘la banda dei Rolex’ da un servizio andato in onda su Le Iene. Specializzata in contraffazione, l’organizzazione campana ha colpito anche a Ferrara con una truffa ‘geniale’, studiata nei minimi particolari tanto da superare anche i controlli di una banca cittadina.

Il processo estense per truffa a carico di Alberto Sperindeo, napoletano di 50 anni già detenuto nel carcere di Alessandria per truffe simili, si è chiuso con la condanna a un anno e tre mesi di reclusione e al risarcimento di 20mila euro, ma la vicenda avrà altri strascichi giudiziari. Lo studio legale di Vittorio Zappaterra e Gianni Ricciuti, parte civile nel processo, ha infatti deciso di rivalersi sull’istituto di credito che non si è accorto subito della falsificazione.

Ma facciamo un passo indietro. La vicenda risale al novembre 2016, quando il ferrarese mette in vendita un Rolex d’oro su un noto portale di beni preziosi. Viene contattato da un potenziale acquirente che, dopo aver trattato il prezzo di 17mila e 200 euro, si presenta all’appuntamento a Ferrara con un assegno circolare non trasferibile. E una carta d’identità che risulterà falsa come l’assegno ‘blindato’.

I due si recano in un istituto di credito in città per verificare la regolarità del titolo, che supera il primo test. La cassiera, per scrupolo, contatta la banca di emissione di Avellino e viene rassicurata dal direttore sulla copertura dell’assegno. Il ferrarese, tranquillo per via dei controlli e della telefonata benefondi, pone l’assegno all’incasso e due giorni dopo si accorge che non è stata accreditata la somma.

Peccato che l’assegno fosse stato brillantemente falsificato con una ottima filigrana e che la chiamata fosse stata deviata, ancora da appurare se attraverso un accesso fraudolento al sistema informatico della banca o materialmente con uno spinotto attaccato da un complice nella centralina.

La svolta viene dal cellulare dell’acquirente-truffatore, Sperindeo appunto, che nonostante l’uso di un telefonino usa e getta intestato a un prestanome straniero, viene agganciato anche a Genova dove è stato denunciato un raggiro dello stesso tipo. Le indagini coordinate dalla polizia di Ferrara e Genova, tramite l’incrocio di dati sugli spostamenti treno-aereo, hanno permesso di rintracciare il responsabile, identificato dalla vittima ferrarese e dalla gioielleria genovese truffata poco dopo.

Il processo si è concluso con la sentenza emessa dal giudice Alessandra Martinelli del tribunale di Ferrara ma, come anticipato, il caso non finisce qui.

“Siamo pronti a intentare causa verso l’istituto di credito ferrarese che avrebbe dovuto rilevare la falsificazione dell’assegno – spiega l’avvocato Zappaterra – e che invece non ha vigilato a sufficienza e con la necessaria diligenza. La responsabilità c’è e, qualora l’arbitrato bancario non andasse a buon fine, intenteremo la causa civile per ottenere un risarcimento del danno da parte della banca. Il nostro cliente non è uno sprovveduto, un assegno circolare non trasferibile avrebbe indotto in errore chiunque ma è la banca che deve essere in grado di rilevare la contraffazione”.

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