Attualità
18 Ottobre 2019
In Camera di Commercio il convegno organizato da Libera e Spi - Cgil per analizzare il comportamenteo della criminalità organizzata e i modi per contrastarla

Contro il silenzioso potere delle mafie al nord, la prima cosa da fare è parlarne

di Ruggero Veronese | 4 min

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Per capire come funzionano e come si muovono oggi le organizzazioni mafiose nel nord Italia occorre abbattere alcuni luoghi comuni e immergersi nella realtà di tutti i giorni. Una realtà composta non tanto da intimidazioni e atti di violenza, ma piuttosto da relazioni opache, favori reciproci e spregiudicate operazioni finanziarie, che hanno consentito alle organizzazioni criminali di trovare nel tessuto imprenditoriale, politico e sociale del nord Italia un terreno fertile e una fonte di lucro ben superiore a quello delle ‘classiche’ attività criminali. E anche il territorio dell’Emilia-Romagna, come dimostra la recente sentenza del processo Aemilia, che si è chiuso con 40 condanne definitive per oltre 230 anni di carcere complessivi, è tutt’altro che immune alle infiltrazioni della criminalità organizzata.

È di fronte a questa situazione ormai sempre più grave ed evidente, ma che spesso passa in secondo piano di fronte a piccoli fatti di microcriminalità urbana, che l’associazione Libera e il sindacato Spi – Cgil hanno deciso di organizzare un convegno in Camera di Commercio (giovedì prossimo, 24 ottobre, alle ore 9) per discutere del fenomeno delle mafie a Ferrara e nei territori circostanti, e che vedrà come relatori il colonnello della Guardia di Finanza Fulvio Bernabei, il docente di criminologia a Oxford Federico Varese, l’avvocato e referente ferrarese di Libera Donato La Muscatella e il segretario regionale della Cgil Luigi Giove.

Proprio La Muscatella, al fianco di Sandro Arnofi della Cgil di Ferrara, spiega che l’obiettivo del convegno non consiste solo nel “aumentare il grado di consapevolezza su come operano le mafie”, ma anche nello stimolare una presa di responsabilità da parte del tessuto sociale del nord Italia, che non sempre reagisce con la necessaria durezza ai fenomeni mafiosi. “La diffusione delle mafie nel nord Italia è un fenomeno molto radicato da ormai più di un decennio, ma di cui non c’è la necessaria consapevolezza da parte di gran parte delle persone. Dobbiamo sfatare i luoghi comuni del mafioso con la coppola e la violenza deflagrante nelle città: oggi la mafia al nord agisce in silenzio e all’interno di business legali e molto lucrosi come la gestione dei rifiuti o gli appalti pubblici. Organizzazioni come la ‘Ndrangheta o la Camorra da questo punto di vista oggi sono come società multiservizi, che offrono una serie di prestazioni alle amministrazioni pubbliche e alle imprese private a costi molto più favorevoli rispetto alla concorrenza, perchè possono permettersi di non rispettare vincoli e normative. In questo modo oltre alla diffusione della criminalità si crea anche uno sbilanciamento nel tessuto economico, che penalizza le imprese in regola che non si adeguano a questo sistema”.

Da sx: Federica Pezzoli e Donato La Muscatella (Libera), Sandro Arnofi (Spi – Cgil)

La microcriminalità da questo punto di vista diventa solo una sorta di attività secondaria per le grandi organizzazioni criminali, che finiscono in un certo senso per cederla in ‘subappalto’ ai gruppi meno potenti e radicati, anche stranieri, mantenendo un ruolo di supervisione e approvvigionamento. Da questo punto di vista – anche se La Muscatella non si addentra nella situazione locale – il caso più emblematico a Ferrara è quello che riguarda lo spaccio urbano, che vede la criminalità soprattutto nigeriana impegnata nella cessione ai consumatori finali, mentre quella italiana è spesso presente dietro le quinte nel ruolo di fornitore.

Si tratta però di fonti di guadagno ormai quasi marginali e sempre più lontane dall’attenzione delle grandi organizzazioni mafiose, sempre più proiettate nel lucroso mondo dei reati finanziari, nelle forniture alle imprese e nell’ingerenza nei servizi pubblici. E questo porta a un rischio ancora più grave per i territori e le amministrazioni: quello di vedere nei servizi offerti dalle mafie una reale scorciatoia per accedere a prodotti, servizi e prestazioni che sarebbero altrimenti irraggiungibili. E quindi, in una sorta di ‘sindrome di Stoccolma’ collettiva, di finire per appoggiarsi e difendere quel sistema di malaffare che porta miliardi di euro nelle tasche di pochi malavitosi.

Proprio le idee e gli strumenti pratici per prevenire questi rischi saranno uno degli argomenti principali della conferenza in Camera di Commercio, ma Arnofi e La Muscatella anticipano alcuni possibili spunti di riflessione. Un esempio è quello di migliorare e ottimizzare alcune procedure giudiziarie che finiscono paradossalmente per mettere in buona luce le mafie. Perchè quando i beni delle organizzazioni mafiose – tra cui intere aziende produttive o che forniscono servizi – vengono ‘congelate’ per anni o decenni in lunghi sequestri giudiziari, mettendo a rischio l’economia e i posti di lavoro di un territorio, la popolazione finirà inevitabilmente per rimpiangere la situazione precedente. La lotta per la giustizia e le modalità con cui viene svolta non devono insomma ignorare le altre esigenze dei territori, ma al contrario mostrare come la lotta alla criminalità possa essere innanzitutto un vantaggio economico, sociale e umano per imprenditori, lavoratori ed enti pubblici. Nel sud Italia, da anni Libera si batte per l’affidamento dei terreni sequestrati alle mafie ad aziende, associazioni e cooperative. Giovedì prossimo in Camera di Commercio chi è interessato potrà ascoltare in prima persona le proposte pratiche per le regioni del nord.

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