Comune di Ferrara e Casa Circondariale unite per sostenere la genitorialità in carcere
Tre progetti per sostenere la genitorialità in carcere, nell'ottica di promuovere azioni sempre più attente di reinserimento sociale delle persone detenute
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Ha preso ufficialmente avvio, per la prima volta all’Università di Ferrara, la Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa
La sicurezza idraulica del territorio ferrarese entra in una nuova fase. Con la Deliberazione n. 13 del 18 dicembre 2025, adottata dalla Conferenza Istituzionale Permanente, è stato approvato il progetto di Variante al Piano di Assetto Idrogeologico (Pai) del Po,...
Dal lunedì 15 dicembre i dipendenti di Ausl e Azienda ospedaliero universitaria possono usufruire di una palestra con la supervisione di personale laureato in Scienze Motorie
Procedura aperta per il nuovo incarico per l'affidamento dei lavori di restauro e consolidamento della facciata, degli altri prospetti e del protiro della basilica cattedrale di San Giorgio Martire a Ferrara
Mamma: due tenerissime, brevi, struggenti poesie a lei dedicate da Roberto Pavani. Personaggio riservato, poco incline alle varie vetrine “social”, giornali o altro. Poeta vincitore di alcuni prestigiosi premi. Grandissimo amico del nostro vernacolo. Attore in “Straferrara” e “Compagnia del Vado”, regista ma soprattutto presidente de “Al Tréb dal tridèl” (cenacolo di Cultura dialettale ferrarese).
Fondamentale nel salvataggio di tale prestigiosa entità culturale che rischiava, alcuni mesi orsono, di chiudere i battenti. Pavani ne fu tra i soci fondatori nel lontano 1980. Primo presidente il grande Iosè Peverati.
Eccovi le due poesie. Testi non assimilabili all’italica retorica “mammona”, a mio giudizio sono veramente notevoli. Buona lettura e visione/ascolto. Le immagini, che accompagnano le poesie, a dire il vero sono più riferibili a nonni o bisnonni, più che a mamme, ma in sostanza rappresentano un nostro mondo, non così lontano nel tempo.
“ PÀR VÉDR’ INCÓRA”
Adès la tò càmara
l’è cóme prima:
avén purtà vié
càl lèt còn ill spónd
e cal stramàz
divèrs da chj’àltar.
Tut è in órdan:
an gh’è più madgìn,
né flèbo, nè sirìngh
né chì àltar pastròć
ché at duvévi sémpar tór.
An gh’è più nisùn
In tlà tò càmara,
agh són sól mì,
mama,
e anch adès
at zérch int la penómbra
par védr’incóra
s’at gh’à bisógn ad quèl.
PER VEDERE ANCORA (Traduzione)
Adesso la tua camera/ è come prima/abbiamo portato via/ quel letto con le sponde/ e quel materasso/ diverso dagli altri./ Tutto è in ordine,/ non ci sono più medicine,/ né flebo, né siringhe,/ né quegli altri intrugli/ che dovevi sempre prendere./ Non c’è più nessuno/ nella tua camera,/ ci sono solo io,/ mamma,/ e anche adesso/ ti cerco nella penombra/ per vedere ancora/ se hai bisogno di qualcosa.
“FÉRMAT INCÓRA CHÌ”
di Roberto Pavani.
Santà a fiànch dal tò lèt,
at guàrd e a torn’indré putìn,
e at véd incóra là
in cuśina
cóme tuti ill sìr
a punciàr in silénzi.
…At ciàm par fàrat vgnìr a lèt
ma t’an rispóndi più
a la mié vóś.
E at véd incóra
sal mezdì
métar ch’al póch ad magnàr
int i nòstar piàt,
quasi scurdàndat dal tò.
…At ciàm par dàrtin
un póch dal mié
ma i tò òć
j’è sémpar più sarà ché vèrt.
“Aspèta, mama,
briśa andartìn
a gh’è in sla tàula
cal quartìn ad vin dólz
che a bvévan insiém
ògni qual tànt àla dmndga;
férmat incóra chì,
cal vin
an vói briśa
bévral da par mi. “
FERMATI ANCORA QUI (Traduzione) .
Seduto a fianco del tuo letto,/ ti guardo e torno bambino,/ e ti vedo ancora là/in cucina/come tutte le sere/ a cucire in silenzio./ … Ti chiamo per farti venire a letto/ ma non rispondi più/alla mia voce./ E ti vedo ancora / sul mezzogiorno/ mettere quel poco cibo/ nei nostri piatti/ quasi scordandoti del tuo./ … Ti chiamo per dartene/ un poco del mio,/ ma i tuoi occhi/ sono sempre più chiusi che aperti./ “Aspetta mamma,/ non andartene;/ c’è sulla tavola/ quel quartino di vino dolce/ che bevevamo insieme/ alcune volte la domenica;/ fermati ancora qui, / quel vino/ non voglio / berlo da solo.”
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