Ostellato
21 Settembre 2019
Il pubblico ministero chiede pene da 2 anni e 8 mesi a 2 anni e 4 mesi per i responsabili del cantiere nel quale morirono gli operai Fabrizio Veronese e Guglielmo Bellan

Incidente di Valle Lepri, chieste cinque condanne per omicidio colposo

di Daniele Oppo | 3 min

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Fabrizio Veronese e Guglielmo Bellan, le due vittime dell’incidente

Ostellato. Un progetto di massima usato come se fosse esecutivo, calcoli non eseguiti e non richiesti da chi avrebbe dovuto farlo. Secondo l’accusa, agendo diversamente non si sarebbe verificata la tragedia alla chiusa di Valle Lepri, dove il 22 febbraio 2013 morirono gli operai Fabrizio Veronese e Guglielmo Bellan, travolti da un muro d’acqua alto 5 metri a seguito del cedimento di una paratia.

Per questo il pm Ciro Alberto Savino, al termine della requisitoria di venerdì 20 febbraio, ha chiesto al giudice Carlo Negri cinque condanne per omicidio colposo plurimo: 2 anni e 8 mesi per l’ingegnere Bruno Droghetti, progettista e direttore dei lavori di manutenzione; 2 anni e 6 mesi peer Federico Tita direttore tecnico del cantiere per la General Montaggi Industriali (Gmi), l’azienda appaltatrice dei lavori e poi 2 anni e 4 mesi ciascuno per Ettore Alberani, delegato alla gestione dell’Idrovia ferrarese e responsabile unico del procedimento, Vittorino Malagò, coordinatore della sicurezza e Maria Antonietta Strazzullo, amministratrice della Gmi.

Si avvia dunque verso la chiusura quello che anche il pubblico ministero ha definito “un processo davvero molto travagliato, in cui il pm è stato interprete di questo travaglio, modificando più volte l’imputazione”. In apertura delle requisitoria ha fatto un accenno alla necessità di affrontare dal punto di vista legislativo e giurisprudenziale “la problematica dei lavoratori che si trovano in ambienti che non sono confinati dal punto di vista della legge, ma lo sono nell’impossibilità dei lavoratori di darsi alla fuga”.

La causa materiale della tragedia, ha ricordato il pm, è stata la “rottura per taglio da carico statico del piedino per via del battente d’acqua”. In altre parole, la spinta dell’acqua avrebbe pian piano portato alla rottura di un piedino in calcestruzzo a cui era poggiato il pancone – ovvero la paratia che serviva a contenere l’acqua e lasciare libera l’area di lavoro, oggetto anche di una variazione in corso d’opera e di continui riposizionamenti – permettendo poi l’ingresso dell’acqua stessa, che ha travolto in pochi secondi Veronese e Bellan, i cui corpi vennero ritrovati dai vigili del fuoco in un canale di scolo laterale.

Per l’accusa quella rottura si deve al fatto che “la superficie di appoggio non poteva reggere quel battente d’acqua”, e in questo ci fu un “mancata valutazione delle geometrie”,  “i calcoli non furono fatti” e non vennero chiesti da chi aveva il dovere di chiederli: avrebbero potuto constare che la forza dell’acqua sforava di circa il 30% la capacità di resistenza del calcestruzzo, calcolata invece secondo valori di qualche decennio fa (come aveva rilevato il perito del Tribunale).

Il pm ha contestato anche “il mancato uso del gargame”, una scanalatura fatta nel muro appositamente per fissare le paratie in caso di lavori, già usata per “ i lavori negli anni Novanta, che tennero perfettamente”.

Per la procura, dato che nel progetto esecutivo globale quello del pancone era indicato solo come un progetto di massima, spettava alla ditta appaltatrice realizzarlo in maniera esecutiva, spettava a Droghetti richiederlo, spettava a Tita pretendere i calcoli davanti a quello che, secondo la lettura dell’accusa, era solo un progetto provvisionale. Agli altri imputati spettava il dovere di attivarsi affinché i lavoratori entrassero in un ambiente sicuro.

Le difese hanno respinto tutti gli argomenti della procura, in particolare la difesa di Droghetti (avvocato Riccardo Caniato) ha osservato come il proprio assistito avesse in realtà eseguito correttamente i calcoli sul calcestruzzo, solo che nella parte sinistra i vecchi calcoli effettuati quando la conca venne realizzata, erano sbagliati, inducendo in errore anche l’ingegnere che non poteva sapere che, di fatto, aveva a che fare con un calcestruzzo più morbido.

Il 13 dicembre è attesa la sentenza.

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