Troppi incidenti, l’ultimo pochi giorni, e condizioni di sicurezza nel luogo di lavoro non ottimali. Per questo i lavoratori della Amp-Petra Polimeri, azienda specializzata nel riciclo della plastica, hanno scioperato per due ore venerdì mattina, con un picchetto davanti alla sede di via Finati, sostenuti da Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil.
I sindacati parlano di “una lunga serie di episodi di varia gravità che si sono verificati nel recente passato in questa unità produttiva” e di situazioni “che stanno impattando pesantemente e negativamente sulle condizioni di lavoro in questa azienda”.
“Crediamo che sia il momento di intervenire radicalmente per fermare questa spirale perversa – affermano i sindacati in un comunicato unitario -. Bisogna rispondere a tutti questi campanelli di allarme prima di ritrovarci a dovere piangere per situazioni ben più gravi e con conseguenze irreversibili come purtroppo è già successo all’interno di questo stabilimento. È ora di ricercare le reali cause che hanno portano al verificarsi di questi avvenimenti mettendo realmente in campo soluzioni tecniche ed organizzative per ripristinare una situazione di normalità in cui i lavoratori di Amp e Petra Polimeri possano lavorare in sicurezza e senza temere per la propria salute”.
Per questo hanno chiesto un incontro all’azienda, ma è stato negato. “Ci ha sorpreso che l’azienda abbia fatto saltare incontro – afferma Vittorio Caleffi della Uiltec -. Ci dicono che scioperiamo solo quando c’è il morto… qui lo facciamo in maniera preventiva e fanno saltare l’incontro”.
“L’azienda ha sempre avuto un atteggiamento che in qualche modo minimizza il problema – aggiunge Fausto Chiarioni della Filctem -. Così non può andare avanti, è un tema fondamentale quello della sicurezza”.
“Sottostimare quanto sta succedendo ci sembra molto pericoloso a partire dalla gestione stessa degli episodi, gestione in cui anche la richiesta dell’intervento, magari precauzionale, di un’ambulanza del servizio pubblico è un comportamento che viene evitato ‘affidando’ i lavoratori coinvolti a se stessi”, affermano ancora i sindacati e il riferimento è a quanto sarebbe accaduto proprio nell’ultimo episodio, avvenuto il 10 settembre, quando a un lavoratore è caduta sul piede una bobina da circa 7 quintali. Per fortuna non ci sono state gravi conseguenze grazie alle scarpe antinfortunistiche, solo una forte contusione, ma la paura non è mancata e il rischio è stato alto: “Non è stata chiamate neppure l’ambulanza – lamenta ancora Chiarioni -, il lavoratore si è dovuto arrangiare con un’auto privata”.
Ancora, i sindacati affermano in maniera netta che “ci opporremo con tutte le forze a inutili ricerche di capri espiatori in azienda, così come è recentemente accaduto; rigettando l’uso dei provvedimenti disciplinari come strumento di prevenzione”. Il riferimento è a quanto sarebbe avvenuto a un lavoratore, che avrebbe ricevuto una lettera di contestazione da parte dell’azienda. “La sanzione alla fine non c’è stata, l’azienda è tornata sui suoi passi”, spiega Luigi Baiano della Femca-Cisl, gettando un po’ d’acqua sul fuoco in merito alla vicenda, ma è chiaro che nel quadro fin qui delineato, sia un comportamento nient’affatto gradito a dipendenti e organizzazioni sindacali.
“Siamo preoccupati per il trend negativo sugli infortuni e sollecitiamo tavoli e confronti con le autorità e gli organi di controllo – aggiunge infine Baiano allargando lo sguardo alla situazione territoriale e nazionale -. Non vogliamo crocifiggere chi fa impresa, ma in un caso come questo è opportuno che l’azienda abbia chiaro che qualcosa non funziona”.
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