Trasferita la detenuta trans che denunciò uno stupro di gruppo in carcere
La detenuta trans che ha denunciato di essere stata vittima di uno stupro di gruppo avvenuto in carcere a Ferrara è stata trasferita in un altro istituto penitenziario
La detenuta trans che ha denunciato di essere stata vittima di uno stupro di gruppo avvenuto in carcere a Ferrara è stata trasferita in un altro istituto penitenziario
Sulla A13 Bologna Padova, tra Altedo e Ferrara Sud verso Padova, è stata disposta la chiusura del tratto per un incidente al km 29, in cui è rimasto coinvolto un camion che si è ribaltato disperdendo parte del suo carico costituito da mangime
Sospettato di nascondere in casa un'arma, in realtà il suo alloggio era un nascondiglio di droga. È quanto emerso dalla perquisizione di un'abitazione di Ferrara, finita sotto la lente di ingrandimento della Procura del Tribunale per i Minorenni di Bologna
La Procura ha avanzato una richiesta di rinvio a giudizio per diciassette persone dopo la conclusione delle indagini da parte della Guardia di Finanza. Tra loro anche un imprenditore ferrarese
Sempre più delicata la situazione nel carcere di Ferrara, dove - negli ultimi giorni - il personale ha dovuto fare i conti con "tanti eventi critici". A denunciarlo sono Giovanni Battista Durante e Francesco Campobasso, segretario generale aggiunto e segretario nazionale del Sappe, il sindacato autonomo polizia penitenziaria
“È come vivere con un cancro, in attesa di morire”. È una tensione continua tra la voglia di serenità dopo 10 anni e la paura che il peggio accada la vita di Lucia Panigalli, la donna vittima di un tentato omicidio da parte del suo ex compagno Mauro Fabbri che, non pago, cercò di farla uccidere anche mentre si trovava in carcere, assoldando un sicario o, almeno, credendo di farlo.
È una tensione perché quell’uomo, dal 29 luglio scorso, non è più confinato all’Arginone. È di nuovo libero, anche se in quella condizione che si chiama libertà vigilata, con delle prescrizione impostegli dopo la sentenza di assoluzione per aver ‘solo’ progettato l’omicidio.
E anche lei è in una sorta di libertà vigilata, seguita costantemente dai carabinieri per tutelarne l’incolumità. “Sono grata ai carabinieri per tutto quello che stanno facendo”, dice la Panigalli all’uscita dall’udienza che vede imputato di tentato omicidio aggravato e in concorso Radev Stanyo Dobrev, il compagno di carcere di Fabbri assoldato per ucciderla, o farlo fare ad altri, “ma a volte mi sento come se fossi io ad aver commesso un reato”.
La paura che Fabbri, prima o poi, porti a compimento ciò che per due volte non gli è riuscito è tanta. E si vede. Ma Lucia Panigalli non si ferma e lotta per cambiare le cose, “non per me, ma per le altre persone che sono in questa situazione”.
Continua infatti la battaglia, sostenuta insieme agli avvocati Eugenio Gallerani e Giacomo Forlani che la assistono, per modificare il codice penale, in particolare quell’articolo 115 che ha permesso a Fabbri (e al figlio di Dobrev, Stanev Radostin Radev) di non essere condannato: quella norma esplicitamente esclude che due o più persone possano essere condannate per il solo fatto che tra loro ci sia un accordo allo scopo di commettere un reato ma poi questo non venga commesso. Ci sono casi limite, come questo, in cui la vittima rimane senza protezione.
“Avevo detto che quella sentenza non era degna di un Paese civile – dice la Panigalli in riferimento alla sentenza di primo grado emessa in abbreviato (e poi confermata in appello, ndr) – non perché ce l’avessi con il giudice, che ha applicato la legge, ma perché ritengo che quella norma sia incompleta e vada cambiata”.
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