Politica
23 Agosto 2019
Trasferiti due prefabbricati presso la comunità Filippo Franceschi. Coletti: "Siamo contro l'assistenzialismo passivo ma per promuovere l'autosufficienza"

Campo nomadi, lo sgombero prosegue: “Entro fine settembre sarà completato”

di Ruggero Veronese | 4 min

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Don Bedin all’arrivo del prefabbicato in via Vallelunga

Lo sgombero del campo nomadi passa il ‘giro di boa’ con il trasferimento di due casette prefabbricate nel centro di accoglienza della comunità Filippo Franceschi in via Vallelunga, a pochi chilometri da via delle Bonifiche dove i sinti hanno vissuto fin dal 1989. Due nuclei familiari, per otto persone in totale che seguono alle prime 13 trasferite circa due settimane fa a Monestirolo. “Il programma procede senza intoppi – afferma il vicesindaco Nicola Lodi – e senza alcun tipo di tensione, contrariamente a quanto affermato dal Partito Democratico. Metà delle persone sono già state ricollocate ed entro fine settembre il campo sarà completamente smantellato”.

Il primo prefabbricato è partito da via delle Bonifiche attorno alle 11 di mattina e il camion che lo trainava ha dovuto districarsi lungo piccoli ponti sui canali e strette stradine di campagna per arrivare a destinazione. E una manovra in particolare ha costretto i tecnici comunali a segare un palo della segnaletica (riparato poco più tardi dagli stessi tecnici) per consentire la complicata svolta in via Vallelunga del trasporto eccezionale. “Abbiamo studiato e valutato il percorso nei giorni scorsi – afferma Lodi – e richiesto tutti i permessi per il trasporto, compreso quello all’Anas per attraversare il cavalcavia dell’autostrada”.

Ma operazioni tecniche a parte, ciò che più conta ora sono le future prospettive dei nomadi, che l’amministrazione punta a “responsabilizzare” e a indirizzare verso “la piena autonomia e autosufficienza”. Per questo motivo, spiega l’assessore Cristina Coletti in conferenza stampa, i sei mesi di tempo previsti dall’accordo tra Comune e associazioni per l’ospitalità dei nomadi rappresentano una precisa scelta politica e non verranno rinnovati. “L’impegno che si è presa fin da subito questa amministrazione è di essere contro l’assistenzialismo passivo, ma favorevole a investire in forme di aiuto che portino alla piena autosufficienza. Questi ricollocamenti seguono un’ordinanza contingibile e urgente e quindi andava data una risposta alle necessità immediate che si vengono a creare, ma quello a cui puntiamo è una presa di responsabilità da parte dei sinti per entrare in piena autonomia”.

Concetti sottolineati anche da Lodi, che mentre assiste al complicato trasloco afferma che “la mia convinzione è che tra sei mesi nessuna di queste persone vorrà tornare nel campo nomadi, dopo aver vissuto queste esperienze di integrazione”. La famiglia che vive del prefabbricato in questione del resto nelle ultime settimane ha rappresentato un po’ ‘l’anello di congiunzione’ tra sinti e amministrazione, essendo probabilmente quella meglio integrata nel tessuto ferrarese, almeno rispetto ai canoni più diffusi, ad esempio un lavoro in regola per il capofamiglia e la frequenza scolastica dei figli. Proprio il padre ci dice la sua sul modo in cui sta vivendo il ricollocamento: “Ci sembra una buona soluzione, mio figlio può anche continuare a fare la stessa scuola e qua vicino c’è la fermata dell’autobus”. Ma come mai in questi anni i nomadi hanno deciso di restare al campo di via delle Bonifiche? La spiegazione unisce fattori economici e culturali: “Tanti sinti sarebbero già andati a vivere nelle case, ma non abbiamo abbastanza soldi. Allora restiamo nei campi, perchè comunque è la nostra tradizione ed è uno stile di vita che non ci pesa”.

Gli assessori Nicola Lodi e Cristina Coletti

All’arrivo della casetta in via Vallelunga è presente anche il presidente del gruppo Filippo Franceschi, Don Domenico Bedin, che lancia l’idea di creare una “associazione sinti-gagi” per favorire il dialogo tra i due mondi. Gagi è il termine con cui i sinti definiscono i non nomadi. “Un’associazione – spiega Bedin – che metta i sinti a contatto con la società civile e il mondo del lavoro, per dare una prospettiva più ampia a chi esce da un campo nomadi e può affrontare grandi difficoltà nel processo di integrazione”.

Non potendo prevedere il futuro, occorrerà attendere sei mesi per capire se la strategia dell’amministrazione coglierà nel segno o meno: se al termine del periodo di accoglienza i sinti avranno davvero trovato maggiore emancipazione (e, dettaglio non secondario, occupazione), la scommessa potrà dirsi vinta. In caso contrario secondo la linea del’amministrazione gli aiuti non saranno più ‘ad hoc’ per gli abitanti del campo, ma consisteranno nei più diffusi strumenti di assistenza al reddito (come il Rei) o nell’assegnazione di alloggi popolari attraverso le procedure standard.

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