Indiscusso
14 Agosto 2019

Tu chiamala se vuoi… Democrazia

di Marzia Marchi | 4 min

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C’è un solo tipo di coerenza in politica: l’umanità!

Mantenersi dentro i confini delle leggi dell’umanità scritte nelle Costituzioni ma anche nei libri sacri di qualsivoglia religione, tramandate oralmente nelle civiltà che non hanno testi scritti, adottate nelle pratiche che hanno dato luogo alle convenzioni internazionali. Non le citerò, perché basta il buon senso!

 

Hannah Arendt, ci ricorda come «il diritto ad avere diritti, o il diritto di ogni individuo ad appartenere all’umanità, dovrebbe essere garantito dall’umanità stessa».

Stefano Rodotà ci istruisce così: “può ritrovarsi umanità solo là dove eguaglianza, dignità e solidarietà trovano pieno riconoscimento”.

Il vivere civile è basato su regole che hanno per scopo il mantenimento della convivenza pacifica.

“L’essere umano è un animale sociale”. Non scomoderò oltremodo Aristotele e la serie di esimi studiosi e scienziati che hanno dimostrato questo dopo di lui. Mi sembra scontato nel 2019!

Le guerre le scatena la politica non la legge dell’umanità, perché l’umanità [..] è qualcosa da costruire incessantemente attraverso l’azione comune e solidale di una molteplicità di soggetti, che producono non tanto un “valore aggiunto”, ma una realtà continuamente “aumentata, ci ammonisce sempre Rodotà.

C’è chi soffia, ora nel mondo e anche spietatamente in Italia, sul vento della guerra. La guerra che sempre arriva come conseguenza inevitabile delle fratture sociali che, ad arte, vengono create da chi vuole mantenere o conquistare il potere.

Abbiamo assistito, non abbastanza generazioni fa, al delirio di onnipotenza di due ometti che, con la complicità di interi popoli hanno reclamato il diritto di metterne a morte degli altri. E la storia continua in questa direzione senza soluzione di continuità, nelle guerre che sono appena un poco più lontane di qui.

Già soltanto la frase “Datemi i pieni poteri” dovrebbe far correre un brivido d’orrore lungo la schiena di coloro che portano nella loro memoria le tracce della seconda guerra mondiale ma anche dei più giovani, che la memoria l’hanno costruita sui libri di testo, nello studio di quella storia che ancora – ahimè – si ferma proprio lì.

I pieni poteri non si danno a nessuno, perché nessuno è più essere umano di un altro, nessuno può fare a meno di essere un animale sociale e pertanto di dover vivere all’interno di una comunità.

Se una comunità si arrende al potere di qualcuno perde il proprio carattere sociale, diventa una massa inerte manipolabile dal potente di turno, in cui ciascuno non è che un numero, un’automa senza volontà. Non a caso gli aguzzini delle SS a processo si trinceravano dietro la banalità dell’eseguire ordini.

La democrazia è invece un esercizio più difficile, ma restituisce a ciascun umano la dignità di essere tale, di essere una parte nel processo di decisione sulle regole della convivenza.

E’ quindi più che mai fondamentale che non se ne perda l’abitudine all’uso, che la si eserciti con rispetto e attenzione.

La situazione italiana è ad un punto di svolta cruciale proprio nell’esercizio democratico. La tentazione di buttare via il bambino con l’acqua sporca è tanta in chi ha vissuto sulla propria pelle l’amarezza di un esercizio improprio della democrazia, in specie da chi si era appropriato di quel nome.

Oggi più che mai però occorre il recupero delle pratiche e delle difficoltà della democrazia con una sola stella polare: l’umanità appunto.

Lo schieramento che si può prospettare al di là delle sigle, ormai abusate, è solo quello che si mette dalla parte dei deboli: da quelli che galleggiano insensatamente da giorni in mezzo al mare a quelli che sono ai margini della società perché senza casa e senza lavoro, da quelli che muoiono lavorando a quelli che sono vittime dei profitti lucrosi di droga, gioco d’azzardo e corruzione, da quelli che perdono tutto per via dei cambiamenti climatici a quelli che rischiano la pelle per salvarli.

Il resto sono proclami, chiacchiere, esibizioni di forza, di cui non abbiamo bisogno. Chi sta per essere ingurgitato nel gorgo del “ci pensa lui” va recuperato con cura e tenacia, chi si incista nell’egocentrismo politico va pazientemente disincastrato, chi si è abbandonato alla tentazione del vuoto a perdere va diligentemente rimotivato.

Solo così, riuniti sotto la legge dell’umanità, si può sconfiggere la deriva autoritaria nascosta abilmente dal Zelig delle divise con la finta empatia da spiaggia sulla riviera romagnola.

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