Lettere al Direttore
16 Luglio 2019

Gelmi: “Movida, serve un progetto condiviso da tutti”

di Ruggero Veronese | 6 min

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Giacomo Gelmi

La movida è un fenomeno che riguarda sempre più città in Italia, da nord a sud. Si parla di movida a Verona come a Milano, a Brescia, Rovereto, Torino, Napoli, ma anche a Tortoreto, Cagliari, Bergamo, Roma, Bologna, etc.

La movida esiste in tutte le città, universitarie e non, e in generale ovunque sono presenti dei giovani. Ferrara è da sempre una città a vocazione universitaria; con il tempo la sua università è cresciuta e continua tuttora ad espandersi. La presenza degli studenti in città è sempre più rilevante.

Per gli studenti la movida rappresenta un momento di svago e di aggregazione.
Per la città che li accoglie, l’università ed il suo indotto – dagli affitti alle opportunità commerciali per gli esercenti – la loro presenza è indubbiamente un’occasione da cogliere.
La movida non è silenziosa, fa rumore, e lo fa nel tempo libero, fino alla notte.

A Ferrara la movida si svolge da sempre nel centro storico cittadino: Piazza Ariostea, il sagrato del Duomo, via Carlo Mayr, via Cortevecchia e Piazza Verdi. Quest’ultima sempre più attraente per i giovani dopo la sua recente ristrutturazione.

Si tratta di luoghi cittadini diversamente popolati, con esigenze di gestione anche differenti, ove il Comune è ugualmente chiamato alla tutela dell’ordine pubblico e alla salvaguardia della salute dei suoi cittadini.
Le esigenze contrapposte sono evidenti.

I tentativi per un loro contemperamento sono sul tavolo di lavoro di tantissimi comuni, in tutto il paese, da anni. E a Ferrara, cosa ne facciamo della movida? Perché fino ad ora su Facebook e sui giornali si sono rimpallate polemiche e responsabilità riguardo a Piazza Verdi e alla gestione della movida.

Partiamo dall’analizzare i punti certi della questione: esistono norme nazionali (art. 844 c.c.) e regolamenti locali, che definiscono le modalità secondo cui fruire della città, secondo quali orari e con quali decibel di rumorosità. E la tutela dell’ordine pubblico, della salute e della sicurezza dei suoi cittadini spetta al Comune (Cass. 2668/2018; Cass. sez. un. 4848/2013), indipendentemente dal fatto che gli schiamazzi si svolgano nell’ambito di proprietà ed esercizi privati oppure su suolo pubblico.
Il problema è tale che alcuni cittadini in Italia si sono organizzati in “comitati antirumore”, o “Comitati 45” (dove 45 sono i decibel di rumorosità) e si sono rivolti alla magistratura, ottenendo sentenze come quella del Tribunale di Brescia (n. 262/2017) con la quale è stato riconosciuto a due cittadini non soltanto il loro diritto al riposo notturno, ma anche al risarcimento del danno da parte del Comune, ritenuto inadempiente nel suo dovere di vigilare per garantire l’assenza di ripetuti schiamazzi notturni.

Anche il nostro Comune deve affrontare questo problema, e non si tratta certo di una novità.
Perché noi siamo una città universitaria, famosa per offrire tantissime facoltà, per avere quest’anno addirittura un numero ampliato di posti per l’accesso alla facoltà di medicina.
È con orgoglio che siamo una città universitaria ed è con intelligenza e spirito costruttivo che dobbiamo gestire e contemperare tutte le esigenze in gioco.
Proviamo quindi a smettere invece di considerare la movida come un problema, e cerchiamo di gestire la situazione!

Non è mai vano fare un punto della situazione, anche se politicamente, per chi ha governato la città fino al mese scorso, può sembrare un attacco diretto al lavoro svolto fino ad ora.

Ciò che dobbiamo fare, però, non è scendere in polemica ma comprendere la situazione.
Iniziamo a raccogliere le idee, invece che fare eventi su fb chiaramente provocatori e non risolutivi.

Ci vogliono idee.
Forse dall’unione di due o più idee potranno nascere delle linee guida utili a pacificare gli animi e a trovare una soluzione a questa situazione.

Chiaramente non ho l’autorità di convocare alcun incontro, ma credo di avere le competenze, avendo vissuto e visto come sono cambiati i flussi dei giovani in 20 anni.

E cambieranno ancora… le mode sono così.

Serve un progetto che abbia questi connotati: dovrà essere chiaro, pratico, condiviso con i commercianti, le associazioni, i cittadini residenti e gli studenti. Partiamo da questi elementi, diamoci dei punti chiari per iniziare un discorso costruttivo insieme.

Ho iniziato questa riflessione elencando alcune piazze che nel tempo hanno ospitato la movida.
Sì perché la movida non è un fenomeno statico: la movida si sposta, seguendo le mode, i locali, le tendenze; la movida “premia” i luoghi di ritrovo e poi forse li abbandona, a favore di bar, attrezzature, strutture ricreative capaci di attirare i giovani e di offrire diversi tipi di intrattenimento. Tutto questo, ovviamente, in un contesto di sicurezza e adeguata illuminazione, se si vuole aprire l’accesso a luoghi attualmente isolati nelle ore serali come il sottomura e il parco urbano.

Oggi non possiamo limitarci a creare delle regole per Piazza Verdi, pensando che questa piazza sia il problema da risolvere.
Possiamo invece affrontare le difficoltà di Piazza Verdi, per trovare modi e soluzioni per la città e per il suo futuro.

In tutto questo, quale ruolo hanno i residenti delle aree di movida? Rimanere svegli tutta la notte? Chiamare la polizia municipale? Fare diventare i loro portoni degli orinatoi a cielo aperto? Perché possiamo invocare il rispetto fin che vogliamo, ma dobbiamo essere concreti e trovare proposte idonee a diventare soluzioni, predisporre attrezzature e bagni pubblici, garantire il rispetto delle regole di convivenza tramite il controllo: in una parola, occorre attuare una vera e propria gestione a 360 gradi della movida.

Gestire significa indirizzare i flussi dei ragazzi, invogliandoli a spostarsi in base all’offerta di strutture, locali e servizi, così da valorizzare anche le vie “minori” e meno frequentate del centro, ma anche da dare opportunità di lavoro a più esercizi, oltre che a non avere assembramenti eccessivamente numerosi in un unico luogo. Non si spostano se non hanno di “meglio” per il quale farlo.
Pensiamo magari a rilanciare Piazza Gobetti, ma anche Piazza Trento Trieste, quest’ultima tra l’altro a bassissima densità abitativa. Tutto questo non richiede investimenti importanti, non richiede una ricostruzione dei luoghi, ma semplicemente un loro ripensamento, in funzione di quello che si vuole realizzare, sia per creare attrattiva, che indotto.

Gestire è anche realizzare un piano strutturato con i commercianti e i bar di zona, per incentivare il consumo e al contempo mettere a diposizione i servizi igienici delle loro attività. Gestire significa, ancora, mettere a disposizione servizi igienici pubblici che possono essere fissi ma, se necessario, anche mobili, opportunamente occultati con delle belle piante così da non deturpare l’estetica del centro.

Ancora, un esempio di gestione che mi sento di proporre è un modello partecipato, che veda la collaborazione delle associazioni universitarie, opportunamente coinvolte in un piano di controllo concordato con la polizia municipale mediante la presentazione di proprie proposte e collaborando attivamente, magari mediante la figura di un “vigile giovanile”.

Tutto questo è fattibile, ma va pensato e poi realizzato. Per ora Piazza Verdi è una gettata di cemento con qualche pianta e delle sedute, tanti residenti stanchi e purtroppo anche maleducazione di chi non ha rispetto degli altri, delle regole e dei luoghi.

Grazie mille per l’attenzione
Buon lavoro

Giacomo Gelmi

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