Macachi Unife, le motivazioni sull’inammissibilità del ricorso
La Cassazione ha depositato le motivazioni con cui dichiara inammissibile il ricorso presentato dalla Procura contro il mancato sequestro dei macachi detenuti nei laboratori di Unife
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Balboni parla come avvocato e come presidente della Commissione Affari Costituzionali e sbaglia clamorosamente in entrambi i ruoli nel nome di una propaganda politica antica e ben nota
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Prima ha sottratto circa 250 euro dal registratore di cassa di una bancarella del mercato, poi ha tentato la fuga in bicicletta. Un piano durato però ben poco: un cittadino di origini nordafricane lo ha raggiunto e bloccato, recuperando il denaro, prima dell'arrivo della Polizia di Stato
Sono leggermente più basse rispetto alle richieste della Procura, ma comunque alte le pene decise dal tribunale collegiale nei confronti di quattro persone accusate a vario titolo di sfruttamento della prostituzione di una ragazza che all’epoca dei fatti – parliamo del 2010/2011 – aveva 16-17 anni.
Nel dettaglio, il collegio ha inflitto una pena a 8 anni di reclusione a Florina e Marian Bozgan – marito e moglie -, e 6 anni a 6 mesi a Catalin Sotican e Marius Borcos. Gli imputati (tutti di nazionalità romena, come la vittima) sono stati assolti dall’accusa di aver falsificato un documento d’identità. I giudici non hanno concesso le attenuanti generiche e non hanno ritenuto di rinviare gli atti in procura a seguito della parziale ritrattazione della ragazza, persona offesa. “Pena illogica a dire poco, faremo appello al volo”, dichiara l’avvocato Fabio Chiarini che assiste gli imputati.
Il pm aveva chiesto 9 anni per Florina Bozgan, 7 anni e 6 mesi per Catalin Sotican; 7 anni per Marian Bozgan e, infine, 6 anni per Marius Borcos.
Secondo quanto emerso in udienza, a organizzare tutto, sia dalla Romania che a Ferrara, sarebbe stata Florina Bozgan, come emergerebbe anche da numerose intercettazioni in cui si mostra interessata al lavoro delle giovane e, soprattutto, ai soldi che le spettano derivanti dalle notti in strada, in via Bologna. Gli altri tre fungevano da controllori, ospiti o accompagnatori, dietro compenso, ottenuto dividendo quanto guadagnato dalla giovane vittima (che al processo ha ritrattato quanto aveva affermato in sede di indagine), il tutto sempre in coordinamento con la Bozgan. I quattro, secondo quanto disse il sostituto procuratore Stefano Longhi in sede di requisitoria, “mangiavano sulla carne di una ragazza di 16 anni”
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