L’ultimo fuoco. Il motto della quindicesima edizione del Bundan Celtic Festival è più di un’immagine poetica ma una vera e propria dichiarazione di intenti: la rievocazione storica in programma dal 19 al 21 luglio a Stellata di Bondeno sarà l’ultima. Ultimo idromele, ultimi duelli, ultimi mercatini tematici, ultimi concerti folk.
Il messaggio degli organizzatori suona più come un addio che come un arrivederci e ha lasciato di stucco migliaia di appassionati che ogni estate si riversano come una “orda barbara”, ma sempre civilissima, nel parco golenale della Rocca Possente.
“Amici celti, questo sarà l’ultimo Bundan, non ci sono motivi particolari, segreti inenarrabili o chissachè – scrive l’associazione Teuta Lingones fondata nel 2005 proprio per riportare l’antico popolo celtico in vita -. Semplicemente tutte le cose hanno un inizio e una fine, e noi abbiamo pensato che ora fosse giunta l’ora di fermarci”.
Uno stop che non sembra dettato da problemi interni, con gli sponsor o col Comune, ma “solo da una nostra scelta e una nostra presa di coscienza” spiega l’associazione guidata dal presidente Diego Zaniboni che lascia la sua creatura “libera di percorrere la sua strada, appena adolescente”, con “tanti ricordi indelebili da portare nel cuore” e la consapevolezza che la manifestazione sia “irripetibile, la sua anima è nel parco golenale della Rocca Possente di Stellata e da nessun’altra parte: non ci sarà un Bundan al Parco Urbano di Ferrara (o almeno noi ne sappiamo niente) né in nessun altro luogo”.
Uno dei padri fondatori del Bundan è Alan Fabbri, ex sindaco di Bondeno e attuale primo cittadino di Ferrara, che prende atto della decisione degli organizzatori senza battere ciglio: “È opportuno prendersi un momento di pausa per ripartire con più energia. Forse è più un appello che un addio, perché dopo 15 anni la stanchezza si fa sentire. Quando il volontariato diventa lavoro è fatica, specie se aumentano i costi per la sicurezza, le responsabilità e i permessi a cui stare dietro”.
Il sindaco esprime “solidarietà al presidente Zaniboni, alla cinquantina di soci e ai tantissimi volontari che si sono impegnati per realizzare un festival gratuito che non va dato per scontato” e che è diventato, questo si legge sul sito istituzionale, “uno dei festival celtici più importanti a livello nazionale, conta più di 30mila presenze ogni anno ed è diventato un appuntamento essenziale per il territorio di Bondeno non solo per le bellissime atmosfere in cui si possono immergere ogni anno i suoi abitanti ma anche per la promozione turistica che genera”.
Insomma, il discorso di insediamento cade nel vuoto. Quando Fabbri ha presentato il nuovissimo assessorato alla civiltà ferrarese ha ribadito l’importanza dei “valori della nostra identità”, la necessità di “conoscere le nostre radici per aprirci al mondo”, il bisogno di “porre al centro la storia della nostra identità culturale”. Certo, ora si trova a guidare un Comune più grande e non spetta a lui intervenire nelle scelte personali degli organizzatori o negli indirizzi politici del collega leghista Fabio Bergamini, ma il paradosso suona evidente, specie nel suo paese che perde il suo evento di punta e l’unico davvero in grado di avere ripercussioni positive sul turismo locale.
Il sindaco Fabbri la butta allora sul piano economico – “bisognava essere più partecipi nelle offerte libere” – e su quello ambientale: “Sarà l’occasione per rimboscare quell’area, i soldi sono già a bilancio per ripiantare alberi e piante autoctone in accordo coi tartufai. La tutela del parco golenale è importante dopo che sono stati tagliati diversi alberi per questioni di sicurezza durante le piene”. La tutela dell’ambiente è fondamentale, ma anche quella del turismo che ora dovrà fare i conti con l’ultimo suono delle cornamuse.
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