
(immagine di archivio)
La polizia provinciale lo pizzicò in flagrante cinque anni fa, nell’estate del 2014, mentre caricava su un furgone sette quintali e mezzo di pesce appena pescato, in compagnia di altre quattro persone. E ieri (8 luglio) è arrivata la condanna a un anno e mezzo di reclusione per il 42enne Cosmin Iurea: l’ultima in una serie di processi innescati dalle operazioni antibracconaggio della polizia provinciale, che soprattutto tra 2014 e 2015 si trovò a che fare con un’incredibile escalation di pesca di frodo, sempre con modalità simili: l’uso di reti sovradimensionate e non regolari, l’assenza di permessi, una scarsa attenzione alle procedure di conservazione del pesce (la famosa ‘catena del freddo’ che va attivata subito dopo la pesca) e la nazionalità di buona parte degli arrestati, in prevalenza originari della Romania.
Modalità riscontrate anche in questo caso dagli agenti della polizia provinciale che pizzicarono in flagrante Iurea e altri quattro connazionali (l’inchiesta è stata poi stralciata in diversi spezzoni) mentre caricavano il pescato su un furgone. A confermarlo in aula durante l’udienza conclusiva è stato l’agente Marco Ravaglia, noto alle cronache per essere stato ferito nell’aprile del 2017 durante un conflitto a fuoco con Igor ‘il Russo’, e che nel 2014 si occupò dell’operazione che portò al sequestro di sette quintali e mezzo di pesce e alla denuncia di Iurea.
Il fatto avvenne in un’area privata nei pressi dell’Oasi di Campotto, vicino ad Argenta: tra i quintali di pesce portato a riva dai bracconieri erano presenti soprattutto siluri, carpe e Carassi. Secondo gli inquirenti, il pesce pescato illegalmente nel ferrarese viene venduto in parte nel nord Italia (con Adria, in Veneto, tra le principali destinazioni) e in parte nell’Europa orientale dove, diversamente dall’Italia, pesci come i siluri sono ampiamente richiesti sia dalle cucine private che dai ristoranti.
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