Cronaca
20 Giugno 2019
Secondo la procura la donna potrebbe aver falsificato gli attestati, che ha sempre inviato in forma elettronica e mai nella copia cartacea originale

Operatrice sanitaria per tre anni senza qualifiche: denunciata dalla casa di riposo

di Ruggero Veronese | 2 min

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Aveva lavorato come per tre anni come operatrice socio sanitaria (Oss) e operatrice socio assistenziale (Osa) in tre diverse case di riposo in provincia di Ferrara, senza mai sollevare richiami, lamentele o sospetti circa la sua preparazione o le sue prestazioni professionali. Ma alla fine del 2016, in un ufficio amministrativo dell’ultima azienda dove ha prestato servizio, un dubbio ha iniziato a circolare con sempre più forza: ma perché tutte le copie dei suoi attestati vengono sempre inviate in formato elettronico, e mai nell’originale copia cartacea?

È da questa semplice – ma non scontata – considerazione che è partita l’inchiesta che vede al centro una 32enne calabrese residente in provincia di Ferrara, ora a processo per esercizio abusivo di professione, truffa e falso in atto pubblico. Secondo quanto ricostruito dalla procura infatti, nel triennio 2014-16 la donna ha lavorato in tre diverse strutture della provincia (una ad Argenta e due a Ferrara), dove era riuscita a farsi assumere presentando curriculum e attestati di formazione professionale accuratamente falsificati. A denunciarla è stata proprio la struttura che dove lavorava, che si è poi costituita parte civile al processo insieme a una delle altre due in cui la 32enne aveva precedentemente prestato servizio.

I testimoni intervenuti fino a oggi al processo hanno confermato le ipotesi accusatorie della procura: da un lato gli impiegati delle strutture ferraresi hanno confermato di non aver mai visto gli attestati originali degli attestati professionali della donna, dall’altro gli enti di formazione teoricamente responsabili di tali qualifiche (situati a Cosenza e Macerata) hanno negato di averle rilasciate.

L’imputata dal canto suo si è dichiarata all’oscuro di questi eventuali raggiri, affermando che potrebbe essere stato il suo ex compagno a falsificare curriculum e qualifiche da Oss e Osa mettendola così in una difficile situazione sul piano legale. Una versione ovviamente contestata dalla procura, che fa notare che, a prescindere da eventuali interventi esterni nella falsificazione o nell’invio dei dati, visto che la donna ha indubbiamente lavorato per tre anni nelle strutture senza le qualifiche necessarie, non poteva non essere al corrente delle proprie irregolarità. A meno che non si trattasse di una lavoratrice “a propria insaputa”: dopo il celebre caso della casa davanti al Colosseo dell’ex ministro Claudio Scajola, questa potrebbe davvero essere l’ultima frontiera dell’inconsapevolezza.

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