Economia e Lavoro
28 Aprile 2019
Il monito della Cgil nella giornata del 28 aprile dedicata ai lavoratori che hanno perso la vita e in vista delle elezioni amministrative ed europee

Lavoro. Non solo morti e infortuni, “preoccupa la perdita di salute complessiva”

di Daniele Oppo | 5 min

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Riccardo Grazzi e Maria Lisa Cavallini

Più sicurezza sui luoghi di lavoro, ma anche più sicurezza sul lavoro in sé. È il monito della Cgil in occasione della giornata in cui si commemora chi è morto sul o per il lavoro, in un periodo storico di transizione dove insicurezza e incertezza sono parole che si sentono pronunciare spesso.

Quella di oggi, 28 aprile, è una domenica particolare, precede la Festa del lavoratori ed è la giornata internazionale della memoria di chi è morto per incidenti sul lavoro e malattie professionali. E cade, quest’anno, a un mese dalle elezioni amministrative ed europee. Ecco perché è l’occasione per la Confederazione dei sindacati europei – e per la Cgil a Ferrara – per lanciare un appello al futuro Parlamento e alla Commissione Europea, ma anche a chi dovrà guidare molti dei comuni che rinnoveranno consigli e giunte.

Secondo i dati Inail 2018 (dati generali fino al 2017), la scia storica degli infortuni sul lavoro denunciati in provincia di Ferrara segna un calo del -7,2% tra 2013 e 2017. Un dato positivo, non fosse che tra 2016 e 2017 si è assistito a una ripresa non marginale delle denunce: +2,5% e che nel 2018, nel periodo gennaio-ottobre ci siano state il 40% in più di denunce con esito mortale rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (si è passati da 8 a 11 in numeri assoluti).

“Sono dati controversi – spiega Riccardo Grazzi, della segreteria provinciale della Cigl -: se guardiamo serie storica degli ultimi 5-6 anni, notiamo che gli infortuni in generale si sono ridotti. Se prendiamo i dati rilevati degli infortuni dell’anno scorso o dell’anno precedente, notiamo che in certi settori sono aumentati, non diminuiti. Il punto è invitare tutti noi ad essere molto più attenti sulle dinamiche, sulla realtà delle cose: gli infortuni in alcuni settori, come agricoltura e industria, sono in leggero aumento, ma dovrebbero diminuire, perché aumentano le tecnologie, la formazione e l’informazione e questo è fonte di grande preoccupazione”.

Se si prendono solo i dati relativi ai lavoratori stranieri, forse si capisce ancora meglio come il problema prevenzione e formazione sia immanente: tra 2016 e 2017 il numero di infortuni denunciati (quindi noti) è cresciuto a Ferrara del 18,8% (+5,7% nell’agricoltura e addirittura +27,3% in industria e servizi).

Ma non è solo questo il punto. “Non ci sono solo gli infortuni e le morti sul lavoro – spiega ancora Grazzi-, siamo preoccupati dalla perdita di salute complessiva dei lavoratori: in tutti i luoghi di lavoro, sia nuovi che tradizionali, lamentano incertezza, insicurezza e vulnerabilità. Si sentono più vulnerabili nella sfera fisica, ma anche psicologica, quindi morale, perché si lavora peggio di quanto l’innovazione e l’automazione dovrebbero aver maturato”.

“In Europa e in Italia ancor oggi ci si ammala, ci si infortuna e si muore a causa della fatica e dell’alienazionescrive Grazzi insieme a Maria Lisa Cavallini, coordinatrice della Sicurezza sui luoghi di lavoro della Cgil -. I campi, le officine e i cantieri non saranno in prospettiva i luoghi dove si concentrerà la forza lavoro ma di certo oggi in molti casi sono ancora sedi pericolose ed insalubri ed a questi bisognerà aggiungere l’insicurezza dei lavoratori della gig economy (fattorini, ciclofattorini, autisti, collaboratori delle piattaforme digitali). In attesa delle trasformazioni tecnologiche e digitali sarà quindi necessario che il lavoro vecchio e nuovo sia oggetto di politiche di protezione, tanto più lo deve essere in una fase di transizione dove il forte ingresso dei processi di automazione induce a disinvestire sulle misure tradizionali di riduzione dei rischi conosciuti”.

Mentre andiamo avanti, torniamo indietro – osserva ancora Grazzi -. La mia spiegazione è che in Italia ci sono dei ritardi storici, manca una strategia nazionale sulla prevenzione che tenga insieme i tre ministeri fondamentali, Lavoro, Sanità e Istruzione. Nei paesi più avanzati, quando si parla di prevenire, si mettono insieme le conoscenze e si fa politica integrata”. Un ritardo, spiega insieme a Cavallini, dovuto anche a “una diffusa propensione di piccole e piccolissime imprese ad eludere gli adempimenti: formazione dei dipendenti, progettazione della valutazione reale dei rischi, riconoscimento della rappresentanza dei lavoratori”.

Da qui, prosegue Grazzi, si determina anche il fatto che “mancano gli investimenti per migliorare i luoghi di lavoro, che nel frattempo sono peggiorati, questo è il dato. Poi è chiaro che non sia ovunque così, ma noi parliamo dei grandi numeri: si è progressivamente disinvestito e c’è un esagerato ricorso al precariato che non fa bene alla salute e alla formazione delle persone, riduce la partecipazione dei lavoratori alla vita aziendale, limita la possibilità di poter rappresentarsi”.

E poi, rileva ancora il sindacalista Cgil, “l’Italia è uno dei paesi in cui è più forte il nesso tra illegalità e sicurezza. Il lavoro illegale condiziona lo sviluppo. Per il lavoro irregolare dobbiamo metterci d’accordo su cosa esso sia: non si applicano i contratti nazionale, si applicano i contratti che si vogliono e non quelli dovuti e si fa ricorso enorme al decentramento produttivo, agli appalti, all’esternalizzazione. Gli appalti vanno bene se sono genuini, non se sono scorciatoia per comprimere il costo del lavoro, perché così comprimono la sicurezza”.

“Nella nostra Regione, ci dicono gli esperti, è aumentato il lavoro informale, quello non contrattualizzato. Poi se andiamo a vedere scopriamo che è nei servizi, nel campo del turismo e della ristorazione”, sostiene il membro della segreteria Cgil, che però ha anche un aspetto da positivo ‘locale’ da mettere sul tavolo, ovvero il lavoro che il Comune di Comacchio, sindacati e associazioni datoriali stanno facendo per creare un “percorso di qualificazione del lavoro stagionale, per far si che il lavoro estivo costiero sia all’insegna di legalità, sicurezza e responsabilità sociale. È un fattore di progresso decisivo per il nostro territorio”.

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