Politica
11 Aprile 2019
E se il mezzo miliardo previsto per i risparmiatori nel 2019 andasse a finanziare 'quota 100' o il reddito di cittadinanza? Il timore dei risparmiatori potrebbe essere avvalorato da diversi indizi

Risarcimenti Carife: dove sono i soldi?

Luigi Di Maio (foto dalla sito web del Mise, CC BY-ND 3.0)
di Ruggero Veronese | 4 min

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Luigi Di Maio (foto dalla sito web del Mise, CC BY-ND 3.0)

Luigi Di Maio (foto dalla pagina Facebook del Mise, CC BY-ND 3.0)

“Le argomentazioni di Di Maio non stanno in piedi e suonano come una presa in giro. Il nostro timore è che dietro a tutti questi rinvii da parte del governo ci sia un motivo che nessuno vuole dire: i soldi per il fondo di ristoro, almeno per quest’anno, verranno dirottati verso altre politiche”. È una considerazione amara ma che appare ogni giorno più verosimile quella di Milena Zaggia del Movimento Risparmiatori Traditi, che non nasconde la propria rabbia e delusione dopo l’ennesimo stop all’approvazione del decreto attuativo per i rimborsi ai risparmiatori vittime dei crac bancari. Che in queste ore hanno scritto via Pec al presidente del consiglio Giuseppe Conte per manifestare la “viva sorpresa e irritazione” per la promessa mancata (lunedì il premier aveva annunciato l’approvazione del decreto nelle 24 ore successive), preannunciando una “diffusa e capillare azione di protesta nei confronti del Governo e delle forze politiche che lo sostengono” nel caso non venga approvato “entro i prossimi sette giorni”.

È Conte, in questo momento, l’unico referente delle 13 associazioni che hanno firmato la lettera: “Con Salvini e Di Maio non vogliamo avere niente a che fare – spiega Zaggia a Estense.com -. Il governo ha già tradito le sue promesse e parleremo solo con Conte, perché è stato lui a prendersi precisi impegni con noi ed è lui che in quanto capo del governo non si deve far scavalcare da Salvini e Di Maio, che il 9 febbraio sono andati a fare propaganda a Vicenza insieme a due associazioni, lasciando fuori tutte le altre”.

Le due associazioni in questione sono il ‘Coordinamento Don Torta’ e ‘Noi che credevamo nella Popolare di Vicenza’, ovvero le uniche che nei giorni scorsi non hanno dato il proprio ok alla bozza del decreto. È da loro che secondo Luigi Di Maio dipende il nuovo rinvio: in mattinata il vicepremier ha infatti dichiarato che “se non si concorda con i risparmiatori non si fa nulla”, imputando lo stop a un mancato accordo unanime con la totalità delle associazioni. Una spiegazione inaccettabile per tutti gli altri gruppi che in questi mesi hanno partecipato agli incontri al ministero e alla stesura dei provvedimenti. “No, no no: questo non lo posso accettare – è la reazione stizzita di Zaggia -. Di Maio non può provare a prendere tempo scaricando sui risparmiatori le colpe e i ritardi del governo. Quando dovranno approvare il reddito di cittadinanza cosa faranno, andranno a chiedere a tutti quelli che lo devono ricevere se la legge è scritta bene? E basterà che qualcuno non sia d’accordo per bloccare tutto? Scrivere e approvare le leggi è compito del governo e del parlamento, non possono scappare dalle proprie promesse e responsabilità”.

SE TRE INDIZI DANNO UNA PROVA. Oltre ad accendere la polemica, la spiegazione – se così si può definire – di Di Maio ha finito per alimentare e dar forza a un dubbio che oggi circola sempre più tra i risparmiatori: e se il governo non avesse più a disposizione il mezzo miliardo di risorse previsto per il fondo di ristoro nel 2019? Il Documento di Economia e Finanza (Def) ha infatti ufficializzato un dato drammatico per l’economia italiana: la crescita del Pil prevista nel 2019 è crollata da +1,5% a +0,2% nel giro di appena tre mesi e le difficoltà del governo nel finanziare le due principali promesse elettorali (reddito di cittadinanza e ‘quota 100’), riuscendo nel contempo a non innalzare l’Iva, sono ormai di pubblico dominio. Ecco quindi che una ‘riserva’ extra per le politiche governative potrebbe provenire proprio da quei ‘fondi dormienti’ (costituiti da conti correnti e titoli mai movimentati per 10 anni, che finiscono in un fondo pubblico) stanziati nell’ultima finanziaria e con cui il governo punta a finanziare i risarcimenti agli ‘azzerati’.

Se è vero che tre indizi danno una prova, c’è un terzo elemento piuttosto singolare da mettere in relazione alle parole di Di Maio e alle drammatiche previsioni sull’economia italiana: il ‘Coordinamento Don Torta’ e ‘Noi che credevamo nella Popolare di Vicenza’ sono state spesso indicate dalle altre 13 associazioni che formano la ‘cabina di regia’ nella stesura dei provvedimenti come le “più filogovernative”. Una fama che trova qualche conferma anche nel fatto che a guidare il Coordinamento Don Torta è un ex candidato al parlamento per il Movimento 5 Stelle, Andrea Arman. Eppure sono proprio queste due associazioni ad aver bocciato la bozza del decreto. E appena due giorni dopo, questa loro posizione è stata l’unica motivazione fornita da Di Maio per il nuovo rinvio del decreto. Tra i risparmiatori ferraresi, toscani e marchigiani il dubbio circola con sempre più convinzione: possibile che le due associazioni venete si stiano prestando a un ‘gioco di sponda’ con il governo, per rendere più credibili le giustificazioni dei continui ritardi e più ‘indolore’ un eventuale rinvio dei risarcimenti al 2020, dando modo a Salvini e Di Maio di portare avanti gli altri impegni elettorali? Siamo ovviamente nel campo delle ipotesi, ma è una considerazione che può aiutare anche a rendersi conto delle tensioni che si stanno sviluppando in queste settimane tra governo e risparmiatori, oltre che tra le diverse associazioni.

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