Politica
5 Marzo 2019
In due mesi raggiunte 39 giornate di sforamento: in tutto il 2018 furono 41. La pneumologa Gnani e l'assessore Ferri confermano l'allarme

Qualità dell’aria, un inizio 2019 da incubo: “Serve uno sforzo collettivo”

di Ruggero Veronese | 4 min

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In quanto a qualità dell’aria il 2019 a Ferrara e nel resto della regione è iniziato in maniera drammatica. Lunedì 4 marzo è stato il 39° giorno in cui sono stati superati i limiti di Pm10 consentiti dalle norme comunitarie, contro i 41 giorni di sforamento complessivi di tutto il 2018.

Una soglia che non bisognerebbe superare più di 35 volte e che ha già portato a una procedura di infrazione comunitaria (relativa al 2014), con l’Italia costretta a introdurre misure più stringenti per la qualità dell’aria per non incappare in sanzioni.

Misure già recepite dalle Regioni e attualmente in vigore, come dimostrano i sempre più frequenti blocchi al traffico e limitazioni al riscaldamento domestico, ma che non possono da sole arginare un problema in cui i fattori umani si mischiano a quelli naturali, portando la Pianura Padana a diventare il principale punto di approdo e di concentrazione in Italia delle micropolveri.

Ne è convinta anche la pneumologa dell’ospedale privato Quisisana Maria Cristina Gnani, che contattata da Estense.com per un focus sull’inquinamento a Ferrara e le sue cause spiega che la battaglia contro le micropolveri può essere vinta solo attraverso un enorme sforzo collettivo: “È impossibile non essere preoccupati in questo momento, perché è evidente che l’industrializzazione, la tecnologia e il benessere hanno portato grandi miglioramenti nella vita delle persone, ma non è stato fatto abbastanza per prevenire gli effetti dell’inquinamento con cui oggi abbiamo a che fare. Dobbiamo tutti fare qualcosa per ridurre le nostre emissioni, ma il nostro sforzo da solo non può bastare se anche tutti i territori non seguono l’esempio, perché parliamo di forme di inquinamento molto volatili e che si concentrano nelle aree pianeggianti come la nostra”.

La pneumologa parla delle cause dell’inquinamento da micropolveri, spesso un po’ diverse da quanto si pensi comunemente. Il traffico dei veicoli ad esempio contribuisce solo per il 19% alla formazione di Pm10, superato dalla produzione industriale (21%) e di gran lunga dal riscaldamento da legname (44%). Tornato prepotentemente alla ribalta negli ultimi anni con la diffusione di stufe a pellet o cippato come alternativa agli impianti a metano: più economiche, tradizionali e di conseguenza – secondo molti – ecologiche.

La realtà però è assolutamente opposta: secondo uno studio del 2017 condotto da Michele Stortini e Giovanni Bonafè dell’Arpae, la combustione di legname genera in Emilia-Romagna ben 5.316 tonnellate di Pm10 ‘dirette’ (o aerosol primario) e oltre a circa 500 tonnellate di Pm10 ‘indirette’ (aerosol secondario), ovvero quegli elementi precursori che potrebbero portare alla formazione di nuove micropolveri. Si tratta del contributo diretto più elevato, confrontato alle 4.478 tonnellate annue del traffico su strada o alle 1.614 tonnellate originate dalle industrie, che tuttavia compensano con elevatissime emissioni di aerosol secondario (rispettivamente 14.000 e 3.500 tonnellate all’anno di possibili Pm10).

Si tratta di numeri particolarmente preoccupanti e che secondo Gnani non vanno assolutamente sottovalutati: “Il danno maggiore è ovviamente quello alle vie respiratorie – spiega la pneumologa -, con il sopraggiungere di tosse e catarro e il riacutizzarsi di disturbi alle vie respiratorie. Ma in queste situazioni aumenta anche il rischio di malattie cardiovascolari, perché i monossidi si legano in maniera naturale all’emoglobina del nostro sangue, che quindi riesce a far arrivare meno ossigeno ai nostri organi, che è particolarmente grave soprattutto per cuore e cervello e può originare infarti o ictus. Poi naturalmente ci sono i tumori: Ferrara è una delle città più colpite in Italia dall’aumento di tumore ai polmoni: questo ha a che fare con il fumo delle sigarette e lo stile di vita, ma anche con l’inquinamento che respiriamo”.

L’assessore Caterina Ferri

È per questo che secondo la dottoressa la battaglia alle Pm10 “richiede un enorme sforzo collettivo da parte di tutta la comunità”, a partire dalla riduzione dei consumi per il riscaldamento e proseguendo con un maggior utilizzo di mezzi pubblici.

Lo sottolinea anche l’assessore all’ambiente Caterina Ferri che, contattata da Estense.com, spiega che “anche considerate le particolarità del nostro territorio c’è bisogno di fare molto di più e con la buona volontà di tutti. Ad esempio noi come Comune possiamo applicare le restrizioni sul traffico, ma per quanto riguarda il riscaldamento domestico (che non dovrebbe superare i 19° durante le misure emergenziali, ndr) non possiamo entrare nelle abitazioni private a fare i controlli. Serve una grande opera di sensibilizzazione e culturale, ma quello che gli enti pubblici intanto possono fare è incentivare le buone pratiche e i prodotti meno inquinanti: attualmente la Regione ha incentivi per l’acquisto di automobili ibride ed esistono sgravi nazionali per migliorare la classe ecologica della propria abitazione, ad esempio con interventi di coibentazione. Il Pair (Piano Aria Integrato Regionale) impone misure ecologiche fine al 2020 ed è stato attuato proprio per non incappare nelle sanzioni della Comunità Europea, ma nella situazione in cui siamo occorre fare molto di più e nel prossimo futuro verranno lanciate nuove iniziative di sensibilizzazione anche a livello locale”.

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