Attualità
16 Febbraio 2019
Il Comitato Vittime della Pubblica Amministrazione parla di "ritardi e omissioni" nell'indagine e ha denunciato il consulente tecnico della procura

Morte di legionella a Cona? Dopo tre anni e mezzo ancora nessuna spiegazione ai parenti

di Ruggero Veronese | 4 min

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Una morte per legionella all’ospedale di Cona che da tre anni e mezzo attendo una spiegazione ufficiale, mentre i parenti della vittima stanno affrontando una battaglia legale per far emergere la verità.

Era il 7 luglio del 2015 quando il 70enne ferrarese Giuliano Catozzi fu ricoverato a Cona per uno scompenso cardiaco: morirà l’8 agosto con sintomi di polmonite.

Il caso fu portato alla luce da Estense.com e dopo la successiva denuncia dei parenti di Catozzi, la procura aprì un fascicolo contro ignoti sul caso per l’ipotesi di omicidio colposo: il 31 luglio infatti gli esami delle sue urine avevano confermato la presenza del batterio di legionella, che al momento dell’ingresso a Cona (come dimostrano le analisi di metà luglio) non era presente.

Il sospetto insomma è che Catozzi possa aver contratto il batterio dentro all’ospedale di Cona, e che la sua morte possa essere stata causata da questo contagio. Un’eventualità che il direttore generale del Sant’Anna Tiziano Carradori qualche mese dopo aveva negato seccamente, affermando che “quel paziente non è morto per legionella” e che il decesso era avvenuto per una “insufficienza miocardica acuta con polmonite a carattere non infettivo”. Nel frattempo però le indagini condotte dal pm Alberto Savino sono proseguite e hanno fatto più luce sulla vicenda ma anche aperto una serie di nuovi dubbi, legati anche alla perizia del consulente legale della procura e a presunti “errori e contraddizioni” al suo interno.

A fare il punto della situazione oggi è il Comitato Vittime della Pubblica Amministrazione, presieduto da Aldo Ferrante e a cui si sono rivolti i parenti di Catozzi per avere assistenza legale. “Non vogliamo lanciare accuse o sembrare ‘giustizialisti’ – afferma Ferrante – ma solo chiedere risposte e tempi certi per una famiglia che attende la verità da più di tre anni“. Ferrante parla in particolare di “ritardi, mancanze e lungaggini” che hanno ritardato le indagini e che vuole cercare di superare anche attraverso un appello pubblico: “È anche la mancanza di date e scadenze certe a spingerci a muoverci: non vogliamo che le nostre querele cadano nel dimenticatoio”.

I “ritardi e mancanze” denunciati da Ferrante riguardano in particolare le perizie e i controlli del consulente della procura, Massimo Montisci, che secondo la famiglia Catozzi e l’avvocato Vasco Sisti che li assiste avrebbe commesso “marchiani e macroscopici errori nella sua perizia”. Il consulente infatti, pur certificando che Catozzi aveva effettivamente contratto la legionella, non si è spinto fino a sostenere che l’infezione era avvenuta all’interno dell’ospedale Sant’Anna. Una tesi che invece appare logica ai membri del comitato, che sottolineano come “il periodo di incubazione della legionella va da due a dieci giorni”, e che “Catozzi è morto un mese dopo essere stato ricoverato e dopo che le analisi a due settimane dal ricovero non avevano riscontrato la presenza di legionella”.

Ma c’è un dettaglio ben più opaco che dovrà essere chiarito: in vari passaggi della perizia di Montisci infatti al posto del vero nome del deceduto, Giuliano Catozzi, compare quello di un uomo morto di legionella a Padova alla fine del 2015, per la cui perizia era stato nominato dal tribunale di Padova proprio il dottor Montisci. Come mai parti della perizia di un altro paziente sono finiti in quella di Catozzi? I famigliari del 70enne ferrarese diffidano dei risultati della perizia e hanno chiesto attraverso il proprio legale una ripetizione delle analisi, ma finora invano: “I reperti anatomici del povero Giuliano sono irreperibili: da quanto ci risulta, in questi tre anni Montisci non li ha mai fatti tornare all’istituto di medicina legale o alla procura di Ferrara”. Per questi fatti il perito è stato denunciato dalla famiglia Catozzi.

Dalla procura, contattata da Estense.com, si apprende che l’indagine sulle cause della morte di Catozzi sta attualmente proseguendo in parallelo a quella per un altro caso analogo (sospetto decesso per legionella), nonostante si siano verificate diverse difficoltà nel reperimento della documentazione necessaria da parte degli uffici dell’azienda Sant’Anna che devono fornire il materiale necessario alle indagini degli inquirenti.

Per quanto riguarda l’azienda Sant’Anna, la direzione comunica di aver risposto “due giorni dopo (16 novembre 2017) la richiesta di chiarimenti pervenuta dal sig. Ferrante (14 novembre 2017)” ed evidenziato che Catozzi potrebbe aver contratto la legionella non all’ospedale ma nella propria abitazione: “In questa nota – scrive l’azienda – si metteva in evidenza che “…l’Istituto Superiore di Sanità ha accertato, mediante genotipizzazione, la corrispondenza del ceppo di legionella isolato dal paziente con il ceppo isolato nell’acqua di rete del domicilio del paziente stesso”.

Il Sant’Anna conclude affermando che “questa Direzione Generale ha in essere da anni una fittissima corrispondenza con il sig. Ferrante e le risposte a lui fornite sono sempre state date nell’ottica della massima trasparenza amministrativa”.

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