Politica
6 Febbraio 2019
Alta partecipazione alla mobilitazione di Cgil, Cisl e Uil, che contestano la "scarsa attitudine al confronto" dell'esecutivo e criticano la legge di Bilancio: "Regressiva"

Mille ferraresi a Roma contro il governo per la manifestazione dei sindacati

di Ruggero Veronese | 4 min

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Da sx: Bruna Barberis (Cisl), Massimo Zanirato (Uil) e Cristiano Zagatti (Cgil)

Si avvicina il giorno della grande manifestazione nazionale dei sindacati e un migliaio di ferraresi sono pronti a scendere in Piazza San Giovanni con una richiesta precisa al governo: riaprire il confronto con le parti sociali sulla direzione da dare al paese. Quello che fino a oggi, secondo Cgil, Cisl e Uil, è sempre mancato.

È una vera marea umana quella che dalla provincia estense arriverà a Roma per la mobilitazione ‘Futuro al Lavoro’ di sabato 9 febbraio. “E abbiamo ancora qualche giorno per convincere altri a fare la ‘levataccia’”, scherza (ma non troppo) il segretario della Uil di Ferrara Massimo Zanirato nel presentare la manifestazione. “Non si tratterà di uno sciopero, sottolinea insieme ai segretari di Cgil e Cisl Cristiano Zagatti e Bruna Barberis – visto che è stato scelto un sabato proprio per evitare assenze sui posti di lavoro – e neanche di una manifestazione contro il governo in senso assoluto”. I sindacati infatti non sono contrari a tutte le proposte e le idee messe in cantiere dall’esecutivo ‘gialloverde’ – in particolare quando si parla di superamento della legge Fornero -, ma contestano molto duramente la sua modalità di decidere e agire. Ovvero la promozione delle politiche attraverso slogan e campagne mediatiche e il continuo appellarsi al ‘contratto di governo’: elementi che stroncano sul nascere ogni confronto con i sindacati e altri corpi intermedi.

Secondo Barberis, Zagatti e Zanirato, non si tratta di un fenomeno nuovo, ma del semplice consolidamento di un trend che – da Berlusconi a Renzi, passando per Monti – ha visto i governi italiani sempre più decisionisti e chiusi al confronto. “Se escludiamo quel provvisorio momento di apertura rappresentato dal governo Gentiloni – spiegano i segretari – l’attuale governo non si sta comportando in maniera troppo diversa dagli altri. Ad ottobre abbiamo presentato un nostro contributo alla legge di Bilancio, ma non è stato nemmeno considerato. Il problema però non riguarda solo i sindacati: quando in un paese viene di fatto azzerata la funzione del Parlamento, mettendo la fiducia sulla finanziaria e dichiarando che bisogna rispettare un contratto di governo, significa che c’è una scarsa attitudine al confronto”.

Un’attitudine che secondo i sindacati potrebbe avere un effetto boomerang sul governo e sul paese: Zanirato, Barberis e Zagatti prevedono infatti diversi effetti negativi legati ad alcune politiche: dalla ‘quota 100’ al blocco delle grandi infrastrutture, passando per i tagli necessari a finanziare il reddito di cittadinanza, che ricadranno anche in campi come l’istruzione, la formazione professionale e le altre forme di reddito di inclusione. Riguardo a ‘quota 100’, per i sindacati si potrebbe aprire una vera e propria emergenza sul fronte dei dipendenti pubblici: fino a novembre infatti sarà in vigore il blocco delle assunzioni, ma nello stesso periodo un alto numero di impiegati degli enti potrà raggiungere il pensionamento in virtù del provvedimento del governo. Sarà quindi impossibile sostituire i lavoratori in uscita. “Ma forse è così – è l’ipotesi di Zagatti – che pensano di creare lo spazio per tagliare i servizi e recuperare quella ventina di miliardi necessari a finanziare il reddito di cittadinanza, una misura puramente assistenzialista”.

Nonostante le previsioni di un ‘nuovo boom economico’ del vicepremier Di Maio, per i sindacati il futuro si presenta quindi molto meno roseo e l’ingresso in recessione certificato negli ultimi giorni dall’Istat ne offre già una conferma: “È una manovra regressiva, perché non ci sono investimenti per lo sviluppo”, afferma Barberis criticando il blocco degli investimenti nelle opere infrastrutturali come la Cispadana o la terza corsia dell’autostrada A13: “E solo il blocco delle trivelle costerà all’economia regionale due miliardi e 10mila posti di lavoro, mentre investendo sulla messa in sicurezza del territorio se ne potrebbero creare altri 400mila a livello nazionale”.

Di fronte a questa situazione di incertezza, il grande stimolo per i sindacati è quello proveniente proprio da fabbriche e stabilimenti, dove l’enorme successo elettorale raccolto da Lega e Movimento 5 Stelle tra i lavoratori sembra mostrare i primi segni di usura. “Quando facciamo le assemblee in questo periodo – racconta Zagatti – ci troviamo di fronte a platee attentissime, dove non vola una mosca e c’è voglia di approfondire ogni concetto. Era da anni che non si vedevano assemblee così vive e partecipate”. Potrebbe essere un segnale della fine della ‘luna di miele’ tra classe lavoratrice e governo giallo-verde? “Credo che ci sia ancora molto odio nei confronti del centrosinistra – risponde il segretario Cgil -, ma adesso quando spieghi che quel rancore ha portato l’acqua verso altri mulini, le persone iniziano ad ascoltare di più. Ma non credo che la luna di miele finirà finché continuerà a mancare un’offerta politica in grado di compensare quel vuoto”. Il Partito Democratico potrà recitare quel ruolo? Lo sguardo dei tre segretari si fa molto perplesso: “Stiamo parlando di un partito immobile, che da un anno deve fare il congresso e decidere che strada vuole prendere”.

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