Economia e Lavoro
23 Gennaio 2019
La titolare di Bruni Sport parla con amarezza ma realismo della chiusura dell'azienda, tra la concorrenza del commercio online e la polarizzazione dei centri vendita

Ilaria Bruni: “Non cerco colpevoli: il commercio è cambiato ma oggi ci sono altre possibilità”

di Ruggero Veronese | 5 min

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Ilaria Bruni

È passato appena un giorno dall’annuncio della chiusura di Bruni Sport e Ilaria Bruni è già stata sommersa dalle manifestazioni di affetto e vicinanza da parte della città e della sua clientela. Un’altra attività che ha fatto la storia del commercio ferrarese si appresta a chiudere i battenti, ma l’imprenditrice non ci pensa neanche a cercare dei capri espiatori. “Finché cerchiamo colpe e responsabilità esterne saremo sempre impotenti di fronte ai problemi. Certo, nella nostra crisi ci sono stati anche tanti fattori legati al cambiamento dei tempi e dei modelli commerciali, ma le aziende devono sempre pensare a trovare nuove soluzioni piuttosto che rimpiangere il passato”.

La chiacchierata con l’imprenditrice è per certi versi una lezione di realismo e senso di responsabilità: Bruni infatti analizza in maniera tecnica e pragmatica il momento di crisi del suo settore, innescata più da dinamiche macroscopiche che da problemi locali, che comunque hanno in parte contribuito all’aggravarsi della situazione. “Cosa ci ha portato a chiudere? Negli ultimi anni – risponde l’imprenditrice – i margini di guadagno nel settore sportivo sono andati sempre riducendosi, fino a non poter più coprire i costi. Già da qualche anno ero alla ricerca di un negozio fuori dal centro commerciale Le Mura, dove le spese da sostenere sono molto elevate e l’autonomia è più ridotta. Abbiamo trovato il posto giusto solo un anno fa, ma ci si è messa anche un po’ di sfortuna: abbiamo inaugurato in marzo, nella stagione più debole e in un’annata molto negativa per il nostro settore. Quando questo si inserisce in un momento già di difficoltà, può avere un peso considerevole”.

La crisi dei negozi di articoli sportivi parte però da più lontano ed è legata a doppio filo all’avvento del commercio online: “Chi fa grande distribuzione ha la possibilità di comprare enormi stock di articoli dalle case madri, e quindi può acquistare e vendere a prezzi molto più convenienti, puntando sulla quantità. Da anni vediamo clienti che vengono a provare attrezzature, abbigliamento o scarponi da sci in negozio, poi escono e ordinano l’articolo che gli è piaciuto di più online, dove possono risparmiare 10 o 20 euro. Se e questo aggiungete che la fascia di persone che pratica più sport, quella dei giovani, è anche la più preparata nell’uso di internet, è chiaro che i nostri ricavi si abbassano molto. Non è un comportamento che condanno, perchè capisco che ognuno sia libero di fare le sue scelte, soprattutto in anni di crisi, ma di sicuro il settore anche per questo è entrato in grande difficoltà. So che altri negozi nel nord Italia hanno iniziato a far pagare le prove e consulenze, proprio per rimediare a questo problema, ma io non ho mai voluto farlo perché per me la disponibilità del personale è sempre stato il valore aggiunto di Bruni Sport”.

Un altro fattore della crisi è stato la crescita esponenziale negli ultimi 20 anni delle grandi catene, ormai presenti in ogni città: “È vero – conferma Bruni -, ma non voglio dare la colpa alle grandi aziende o a chi ne ha permesso l’insediamento, anche perché si occupano di prodotti un po’ diversi da noi: più a buon mercato, meno tecnici. Forse se non fossero arrivati a Ferrara prima o poi avremmo preso noi quella fetta di mercato, ma in realtà abbiamo sempre puntato più sulla qualità. Andando avanti si troverà ancora nei piccoli negozi, magari a gestione familiare, che si specializzano in poche discipline e hanno pochi costi di personale”.

Si va quindi verso una sorta di ‘polarizzazione’ che a lungo andare lascerà sul campo le enormi catene e le piccole attività, mentre a farne le spese oggi sono le attività grandi ma comunque di dimensione locale come Bruni Sport. Ma si tratta di un impoverimento o di una semplice mutazione del tessuto commerciale? “Io credo che si tratti di una mutazione – afferma l’imprenditrice -, anche se è chiaro che in un primo momento viene vissuta come impoverimento, perché siamo esseri umani e soffriamo il distacco delle cose che scompaiono. Ma bisogna prendere atto che il mondo sta cambiando a una velocità vertiginosa, quindi ci sono sia settori che hanno già trovato il modo di fare una transizione ottimale, sa altri come il mio in grande difficoltà. Ma vedete, io sono sicura che ci si possa riuscire. Spesso a Ferrara abbiamo l’abitudine di buttarci giù e dire che qua non funziona niente, ma dovremmo fare un bel bagno di positività e guardare alle cose che è possibile fare oggi e che vanno bene. Certo, per noi oggi è un momento molto difficile, ma negli ultimi 10 anni abbiamo fatto tantissime cose nuove, investito in iniziative sociali e promozioni, abbiamo cercato di trovare una nuova collocazione mantenendo la nostra identità, e tutto questo è stato bellissimo anche per la nostra crescita e per quella dei nostri collaboratori. Forse, purtroppo, è semplicemente finito il periodo per questo tipo di commercio”.

Da oggi Ilaria Bruni si concentrerà sulla sua seconda attività (da qualche anno si occupa anche di consulenza aziendale per una società di Bologna), ma conserva la speranza di veder sopravvivere il marchio Bruni Sport, magari non come attività di vendita di attrezzature ma nei tanti servizi di cui necessita il mondo dello sport. “Ho ricevuto molte reazioni di dispiacere e solidarietà – afferma l’imprenditrice -, che mi hanno fatto molto piacere, ma non abbiamo ancora ricevuto proposte per possibili iniziative”. Le prenderebbe in considerazione? “Sì, mi piacerebbe molto che questo marchio non scomparisse, perché rappresenta anche la mia storia, la storia della mia famiglia, e so che in questi anni è stato molto amato”.

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