È talmente attento Vittorio Sgarbi ai problemi di questa (della sua) città, che si è accorto del progetto di ampliamento del Palazzo dei Diamanti a due anni dal lancio del bando. Curiosamente, solo dopo che si era concluso l’accordo col Comune per ospitare la sua collezione in Castello. In sostanza quando non aveva più nulla da perdere. Il cuor di leone.
È talmente astuto Vittorio Sgarbi quando si tratta di fare della cagnara politica, che per sferrare il suo attacco alla diligenza ha radunato le firme di 200 vip da tutta Italia. Conoscenti di Sgarbi, più che conoscitori del Palazzo dei Diamanti. E come suo solito, invece di entrare davvero nell’argomento ha usato una potente metafora a effetto: toccare il palazzo è come aggiungere un canto alla Divina Commedia. E chi è che si permetterebbe di aggiungere un canto alla Divina Commedia? Non io, non voi, non i 200 stimabilissimi vip che sono cascati nella trappola, o che gli dovevano un favore a seconda dei casi.
E quindi via, se ne va in vacca un’altra opera. Ma soprattutto salta un altro accordo tra una città e lo stato di cui fa parte. Si dà un’altra dimostrazione a noi stessi e al resto del mondo di come l’Italia sia un sistema completamente inaffidabile, dove a seconda dell’umore e del vento politico del momento si possano stracciare gli accordi, far saltare gli investimenti, far lavorare tecnici e uffici per anni interi e poi prendere tutto il loro lavoro e buttarlo nelle calotte dell’indifferenziata. Un paese dove forse puoi programmare un bel weekend con la moglie o l’amante, ma di certo non un progetto a medio o lungo termine. È sempre stato così nel pluri-tartassato settore privato, ora lo è anche in quello pubblico. Congratulazioni a tutti: siamo finalmente inaffidabili al 100%.
È per questo motivo, vedete, che l’appello di Sgarbi è un atto forsennato e sciagurato. E che la sua vittoria finale è una sconfitta non solo per Ferrara ma per l’Italia. Perchè in questo modo il nostro paese ha scelto di dare ai suoi bandi, concorsi e impegni pubblici la stessa credibilità che hanno le dichiarazioni d’amore tra ubriachi.
L’aspetto storico, architettonico e artistico in tutta questa vicenda è assolutamente fuorviante e marginale. La battaglia di Sgarbi è puramente politica e per molti versi personale, visto che ovviamente si tratta di una ripicca al Comune che gli ha negato la terza proroga della mostra in Castello. Ma forse ciò che è ovvio per un ferrarese attento non lo è per Pupi Avati e gli altri 200 stimabilissimi vip che si sono prestati a questo giochino.
Ma il rancore, la disonestà intellettuale e la folta rubrica telefonica di Sgarbi non gli avrebbero comunque permesso, in altri tempi, di far saltare il progetto. A completare l’opera ci si è messo un governo che fa dello stravolgimento degli accordi un motivo di vanto. Che è secondo me l’aspetto più preoccupante della politica italiana di oggi.
C’è chi penserà ai patti con la Francia sulla Tav o a quelli con la Comunità Europea sui parametri di bilancio, ma per restare dalle nostre parti mi limito a guardare alla vicenda del Bando Periferie. 18 milioni di euro in entrata (1,6 miliardi a livello nazionale) spariti da un giorno all’altro, mandando a monte anche in quel caso due anni di lavoro e di programmazione di opere pubbliche a Ferrara e in altre 95 città. E intanto milioni di persone a discutere se i progetti messi in ghiacciaia erano belli o brutti, come se fosse davvero quello il nocciolo della questione. Come se fosse normalissimo e perfino auspicabile rimangiarsi impegni politici ed economici solo perchè ieri una cosa ci andava bene, oggi no, domani chissà.
Solo gli stupidi non cambiano idea, dirà qualcuno. Sì: ma un conto è cambiare idea, un altro – ben diverso – è ritirarsi unilateralmente da un accordo che ci impegna verso altre persone o istituzioni. Perchè è qualcosa che fa scricchiolare dall’interno il patto sociale, ciò su cui si fonda la nostra convivenza.
Ogni tanto penso a Socrate, che accettò la condanna a morte degli ateniesi e si rifiutò di fuggire dalla cella malgrado il piano di fuga organizzato dai suoi allievi. Perchè se avesse accettato avrebbe messo in discussione il senso stesso delle leggi e degli accordi su cui si sorreggeva la comunità, comunità che lui stesso aveva contribuito a formare. Fu la prima persona nella storia, per quanto ci è noto, a capire il concetto di ‘precedente’ e le sue implicazioni sociali.
Se Sgarbi possedesse qualcosa di vagamente simile a quel senso civico, forse capirebbe che sfruttare lo spregio degli accordi di cui si è mostrato capace l’attuale governo per portare a termine una sua battaglia personale crea un terribile precedente nella gestione delle gare pubbliche in Italia, oltre che nel rapporto tra stato e Comuni. E questo è ben più preoccupante di qualunque addizione moderna a un palazzo storico, addirittura più di un nuovo canto della Divina Commedia.
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