Politica
6 Dicembre 2018
Il critico d'arte: "Aspettativa lunghissima, ma è stata un risparmio per lo Stato". Durante gli otto anni in servizio anche una condanna per assenteismo

Sgarbi in pensione dopo 33 anni in aspettativa come dipendente del ministero

di Ruggero Veronese | 2 min

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Sindaco di Sutri, candidato sindaco a Ferrara, critico d’arte di fama internazionale e, non ultimo, pensionato con 51 anni di contributi, 33 dei quali passati in aspettativa senza doversi presentare in ufficio. È questa la nuova voce che si va ad aggiungere al ‘curriculum’ di Vittorio Sgarbi, che come rivela lui stesso sulle pagine di Panorama è giunto al momento della pensione, che pure non ha richiesto ma gli è stata comunicata dal ministero a Beni Culturali, di cui era dipendente. “In effetti è incredibile – afferma il critico d’arte -. Primo: non l’ho chiesto, me l’hanno comunicato. Secondo: vado in pensione con la legge Fornero, ovvero le regole più severe per limite anagrafico”.

Sgarbi racconta di aver iniziato a lavorare a vent’anni, nel ‘72, come supplente di latino. Da allora sono passati 46 anni, ai quali se ne aggiungono altri cinque perché il critico ferrarese ha riscattato i quattro anni di laurea e l’anno di specializzazione, raggiungendo così quota 51 e facendo scattare la pensione. L’occupazione che ricoprirà – almeno figurativamente – per ben 39 anni arriva però nel ‘77, quando Sgarbi diventa ispettore dei Beni Culturali.

Il politico ferrarese entra in aspettativa otto anni dopo, nel 1985, restandoci fino ai giorni scorsi. “Ero poco in ufficio, ma lavoravo”, afferma Sgrabi nell’intervista, anche se proprio le sue frequenti assenze durante quegli anni gli causano una condanna definitiva (a sei mesi di reclusione e 700mila lire di multa) per truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato, come rivelato nel libro ‘La Repubblica delle Banane’ di Peter Gomez e Marco Travaglio. Tra le giustificazioni portate da Sgarbi in quel periodo comparivano infatti sia certificati medici per “cimurro e cervicalgia” che motivazioni di diverso tipo, spesso smentite dalle sue apparizioni pubbliche e televisive che in quegli anni si facevano sempre più frequenti.

Una condanna che comunque non gli causò la perdita del posto, che lo vide entrare in una lunga e definitiva aspettativa nel 1985, e secondo lo stesso Sgarbi “la mia lunghissima aspettativa è stata un risparmio per lo Stato. L’hanno avuta tutti, e mi pare giusto perché è una regola democratica”. Ma malgrado la pensione certamente più alta della media, il critico ferrarese potrebbe comunque trovarsi a che fare con nuove ristrettezze economiche: il tenore di vita in casa Sgarbi e per gli affari della famiglia costa infatti circa 30mila euro, con spese anche per “assistenti, dipendenti della Fondazione, 7mila euro solo di affitto”.

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