Attualità
5 Ottobre 2018
Un appello alla mobilitazione della società civile. Consegnato il premio Politkovskaja a Boochani, "testimone scomodo dei crimini contro l'umanità"

Internazionale solidale con Mimmo contro la “politica feroce”

di Elisa Fornasini | 3 min

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(foto di Alessandro Castaldi)

Un’edizione speciale, la dodicesima di Internazionale, perché è “l’ultima della legislatura del generoso sindaco Tagliani” e perché “il tempo è scaduto ed è arrivato il momento di farsi sentire e reagire”. È un appello alla mobilitazione della società civile quello lanciato da Giovanni De Mauro, direttore di Internazionale, durante la tradizionale cerimonia di inaugurazione di venerdì mattina al cinema Apollo in occasione della consegna del premio Anna Politkovskaja, quest’anno conferito al “testimone scomodo” Behrouz Boochani.

“Spero che Ferrara non sia stata solo un palcoscenico ma una casa accogliente per rendere questa città più educata, colta, critica e intelligente: c’è bisogno di intelligenza critica per non prendere per buono quello che si legge sui giornali che parlano di una ‘estate di sangue a Ferrara’ quando non è vero” fa gli onori di casa Tiziano Tagliani che esprime solidarietà al sindaco di Riace: “Non so cosa si meriterà Mimmo Lucano alla fine del procedimento penale, ma so che si è preso delle responsabilità e non si merita l’insolenza, una tracotanza di parole e mancanza di rispetto che sta diventando la misura della politica”.

Se per il primo cittadino “il festival è una bella occasione per crescere tutti assieme e smontare la paura costruita ad arte“, la direttrice della manifestazione Chiara Nielsen prende la volata e invita il pubblico ad aderire al presidio di solidarietà a Mimmo Lucano organizzato sabato alle 16 davanti al teatro Comunale da Cittadini del mondo, perché “è tempo di affrontare i problemi in maniera attiva” come sta facendo il movimento femminista, a cui è “dedicato il logo del mondo donna che balla con una sveglia”.

Un giro del mondo in tre giorni in cui sarà protagonista anche Medici senza frontiere, “passati da essere angeli a scafisti” per una “opinione pubblica che cambia e mette tutto in discussione” quando al centro di tutto dovrebbe esserci invece l’umanità, che dà il nome alla campagna promossa dalla neo presidente Msf Claudia Lodesani che si rivolge direttamente alla società civile: “È responsabilità di tutti dire che non siamo d’accordo con queste politiche di chiusura ma favorevoli all’integrazione perché è un investimento sul futuro più roseo e solidale”.

Che sia un “periodo di confusione in cui spirano venti esagerati e feroci nell’Unione Europea che dovrebbe invece basarsi sull’amalgama della gente come direbbe Prodi” è il pensiero anche di Roberto Santaniello della commissione europea, mentre Marisa Parmigiani, direttrice della fondazione Unipolis, si concentra sulla “necessità dell’approfondimento, del pensiero plurale e del dialogo”.

Arriva il tempo della consegna del premio Anna Politkovskaja assegnato al giornalista curdo iraniano Behrouz Boochani, detenuto dal 2013 nel centro australiano per migranti sull’isola di Manus, in Papua Nuova Guinea, dove racconta le precarie condizioni di vita nell'”isola prigione” tra “abusi, minacce, intimidazioni e sofferenze in attesa di un destino ignoto”.

A ritirare il riconoscimento è Omid Tofighian, il traduttore del suo libro No friend but the mountains, che legge la lettera di ringraziamento di Boochani: “Amici e sostenitori della giustizia, vi saluto da 40mila km di distanza in mezzo all’oceano Pacifico per dirvi che questo premio mi dà la forza di continuare a lottare per la verità. Ho lasciato l’Iran a causa del mio attivismo culturale per la difesa della lingua curda, ma l’intelligence iraniana ha attaccato il mio ufficio e sono fuggito sperando di trovare esilio in Australia”. Così ovviamente non è stato.

“Ho compiuto due viaggi duri – racconta Boochani -, durante il primo sono quasi annegato quando la barca è colata a picco in mezzo al mare. Salvato dai pescatori e messo in prigione, sono riuscito a scappare e a raggiungere Manus Island dove mi sono trovato prigioniero in un’isola dura e ho capito che era mio dovere lottare contro questo sistema che tratta i profughi in modo barbaro, un crimine perpetrato ovunque nel mondo. Per me la scrittura è resistenza e resistenza è vita. All’inizio pensavo alla libertà ma ora lo faccio per la storia, ora il governo australiano non può più nascondere i crimini contro l’umanità“.

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