Eventi e cultura
2 Ottobre 2018
Elisabetta: "Avventura unica, si poteva prorogare fino alla fine dell'anno". Tagliani: "Competizione col Diamanti che non giova a nessuno"

Collezione Cavallini-Sgarbi, un successo che fa discutere

di Elisa Fornasini | 4 min

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Un evento nell’evento che ha richiamato oltre 40mila visitatori e che ha premiato gli sforzi e la passione della Fondazione Elisabetta Sgarbi nel trovare una casa, seppur temporanea, all’incredibile collezione di famiglia. Parliamo ovviamente della mostra “La Collezione Cavallini Sgarbi. Da Niccolò dell’Arca a Gaetano Previati. Tesori d’arte per Ferrara” che dal 3 febbraio al 20 settembre ha travolto il Castello Estense.

In questi sette mesi e mezzo di esposizione, che sarebbero stati quattro se non avesse ottenuto due proroghe, delle 148.377 persone che hanno visitato il monumento simbolo della città (con un aumento del 18% rispetto allo stesso periodo del 2017), sono 40.786 i visitatori (pari al 27,5% del pubblico) che hanno scelto di acquistare il biglietto per il percorso museale comprensivo dell’accesso alla mostra allestita nell’ala sud e nei Camerini del Principe.

Un “primo esperimento espositivo pubblico-privato che si è rivelato un successo” non può fare a meno che sottolineare la ‘madrina’ Sgarbi che parla di una “avventura unica” non solo perché è la prima volta che produce una mostra, ma soprattutto perché “dietro il mio impegno concreto c’è quello simbolico ed emotivo di onorare la mia famiglia“.

Un omaggio che ha spaccato la città e che continua a far discutere anche durante la conferenza di chiusura. Nonostante la riuscita dei quindici eventi collaterali che hanno portato a Ferrara scrittori, intellettuali, attori e musicisti di rilievo – Moni Ovadia, Morgan, Arisa, Al Bano, Omar Pedrini Laura Morante, Diego Marani, Marco Gulinelli, Giancarlo Marinelli, Marcello Simoni, Giordano Bruno Guerri, Nuccio Ordine, Giuseppe Cesaro, l’ex ministro Dario Franceschini, il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti e Michele Placido all’interno de La Milanesiana – la Fondazione Sgarbi ha dovuto “far fronte ad alcune lacune del Castello“.

Alcune criticità – come climatizzazione estiva, sbalzi di temperature da stanza a stanza, controllo del tasso di umidità, luminotecnica, assenza di un sistema di biglietteria e di prenotazione online, posizione del bookshop, orari di chiusura della biglietteria e del castello infelici – che “dovrebbe essere volontà delle istituzioni colmare per avviare il Castello a diventare uno dei più straordinari spazi espositivi europei“.

La riflessione della Sgarbi è chiara, ovvero “far tesoro di questa esperienza di successo che dovrebbe indurre a sostenere questo processo di metamorfosi del Castello e non dovrebbe invece suscitare inutili e dannose preoccupazioni di difesa dello status quo, con buona pace di chi non la voleva, che l’ha tollerata, che non l’ha goduta, e che ora può dedicarsi con serenità alla cura del proprio giardino”.

Eppure la polemica c’è e si rafforza, specie per il mancato terzo rinnovo della mostra fino alla fine dell’anno a causa della concomitanza con l’esposizione a palazzo dei Diamanti: “Ancora non mi è chiaro per quale motivo due mostre in città non possano collaborare tra loro e perché uno che viene in città non possa vederle entrambe, ci sarà una segreta spiegazione” si lascia sfuggire tra i denti Elisabetta Sgarbi.

Il sindaco non ci sta e spiega le sue ragioni: “La mostra doveva terminare a giugno ed è stata prorogata fino all’ultimo giorno possibile, non mi è parso intelligente forzare una terza proroga e fare competizione al Diamanti che non avrebbe giovato a nessuno” s’inviperisce Tiziano Tagliani che lascia la sfida al suo successore: “A chi verrà dopo di me il compito di decidere se continuare la mediazione e mettere al riparo una parte della città che non condivide questa operazione o se fare da rompighiaccio, più difficile in una città conservatrice”.

Al prossimo sindaco anche il compito di “valutare cosa fare dei contenitori vuoti, come il palazzo Prosperi-Sacrati e il secondo piano del Castello – ricorda Tagliani – dove sono attualmente situati gli uffici della Provincia che a breve si sposteranno in corso Isonzo per lavori di adeguamento sismico che consentiranno di ripensare gli spazi espositivi del Castello”. Una riorganizzazione complessa da quando il piano di portare la Pinacoteca è stato bocciato dalla Soprintendenza perché troppo invasivo.

Ora la priorità della famiglia Sgarbi è che la casa di Ro diventi una casa-museo dove custodire le 4mila opere della collezione, in parte da mostrare in maniera permanente anche a Ferrara, sempre che venga trovato un “porto sicuro”, “superando antipatie e valori ideologici che depredano la città, una città che non riconosce appieno il valore del privato” chiosa Eugenio Lio, editor in chief de La Nave di Teseo, il quale si sarebbe “aspettato un’attività maggiore dagli enti pubblici a partire dall’università”.

Imperativo che questo tesoro inestimabile rimanga a Ferrara – “anche se abbiamo ricevuto molte proposte da musei stranieri” confida Elisabetta Sgarbi – l’auspicio è quindi migliorare la collaborazione col privato che “può generare ricadute economicamente positive sull’ente pubblico”. Il costo della mostra – tra allestimento, organizzazione generale, catalogo, promozione  e comunicazione – è di 300mila euro, a carico della Fondazione Sgarbi con il sostegno di Bonifiche Ferraresi (50mila euro), Fondazione Cariplo (40mila euro) e genera Group (30mila euro). La mostra – che ha ricevuto un contributo pubblico del 25% del fabbisogno complessivo, ovvero 76mila euro – chiude con un lieve attivo: le entrate sono state infatti di 327mila euro.

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