Attualità
30 Settembre 2018
Migliaia di persone sul montagnone per "Musica per Federico". Cucchi: "Ci dà il coraggio di andare avanti". Coreografia a sorpresa della Curva, Lo Stato Sociale portano "Aldro vive"

La terra di Aldrovandi lancia un “urlo di civiltà”

di Elisa Fornasini | 6 min

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“Da tredici anni e per sempre io lo so perché non resto a casa”. Lo sa la Curva Ovest che ha esposto in grande spolvero tutti gli striscioni dedicati a Federico Aldrovandi, lo sa l’omonima associazione che ha trasformato la battaglia per la verità e la giustizia in un appuntamento davvero sentito in città, lo sanno i musicisti devoti alla causa e lo sanno le migliaia di persone che sabato sera hanno riempito il montagnone per assistere a “Musica per Federico“.

Il concerto in memoria di Aldro, nel tredicesimo anniversario della morte, richiama tantissimi ferraresi, giovani e meno giovani, famiglie coi pargoli al seguito, gente da fuori provincia attirata dai grandi nomi in scaletta. Tutti insieme in una grande festa collettiva per saltare con Lo Stato Sociale o commuoversi con Marina Rei ma soprattutto per far sentire che “Aldro vive con noi” e, insieme a lui, tutte le altre vittime di violenza dello Stato.

“Il ricordo di Federico unisce le persone e sostiene chi lotta contro le ingiustizie, specie in un periodo in cui ci sono segnali preoccupanti come l’introduzione del taser, ma siamo sicuri che non sia la tendenza generale” fa gli onori di casa Andrea Boldrini, presidente dell’associazione che porta il nome di uno dei suoi migliori amici, che in questi anni ha combattuto a fianco di Patrizia e Lino.

Nella lotta si è unita anche Ilaria Cucchi che, tenendo la mano di Patrizia Moretti sul palco, non nasconde l’emozione: “Ha un valore enorme essere qui stasera, dove tutto ha avuto inizio: l’ultima volta che ho visto mio fratello, il suo corpo martoriato sul tavolo dell’obitorio, mi è venuto in mente Federico. Ogni nostro passo, ogni nostra delusione o vittoria, lo dobbiamo al sacrificio della famiglia Aldrovandi che ha dato a me e a tutti gli altri dopo Federico il coraggio di andare avanti e la speranza di ottenere verità”.

“Essere presenti oggi dimostra che le coscienze sono ancore vive – segue a ruota l’avvocato Fabio Anselmo – in un momento storico e politico in cui chi siede al parlamento ha convinto tanta gente che i diritti umani non possano essere garantiti a tutti, che una efficace legge sulla tortura lega le mani delle forze dell’ordine e pregiudica la sicurezza dei cittadini. Una prova? Il nuovo disegno di legge sulla legittima difesa che scarica sui cittadini l’incapacità di garantire la sicurezza di questo Paese, facendo leva sulla paura e sul fatto che ci siano ‘danni collaterali’ ai danni degli ultimi. A chi dice che questa è la terra di Aldrovandi rispondo che è anche la terra di Igor, dove i criminali veri se ne vanno indisturbati, scappano all’estero e fanno altre vittime”.

Patrizia Moretti guarda gli occhi di suo figlio e ci vede quelli di “tante altre famiglie che hanno subito tragedie come le nostre” e anche per Lino Aldrovandi “puntare il dito contro chi dovrebbe proteggerci e non lo fa è doveroso e necessario per altri figli che dovranno poter tornare a casa. Sono passati tredici anni da quell’alba assassina e ancora non riesco a capacitarmi di tanto orrore, come disse Anselmo nella sua arringa finale, le forze dell’ordine avrebbero necessitato di un processo di alto tradimento per aver leso l’immagine di quella divisa”.

In prima linea anche il sindaco Tiziano Tagliani: “Libertà e giustizia sono azioni collettive e vedere dopo tredici anni una generazione che continua a crederci è una bella notizia per la città“.

A fare di Aldrovandi una vera e propria bandiera da esibire in tutta Italia è la Curva Ovest, rappresentata sul palco dal portavoce Marcello. “Cosa c’entra Federico con la Spal? È una delle obiezioni mosse da una parte della tifoseria ma prima di essere tifosi noi siamo cittadini. Ricordare questo 18enne è un urlo di civiltà opportuno, sempre e ovunque, affinché non accada mai più di essere uccisi da chi dovrebbe proteggerci”.

Ma il discorso è più ampio e “ha a che fare coi meccanismi subdoli degli abusi di potere che in parte colpiscono anche noi: a Federico è stata appiccicata l’etichetta, priva di fondamento, del drogato e dell’energumeno violento ma sono barriere che devono cadere perché tutti hanno l’inviolabile diritto alla vita. A noi della Curva hanno invece attaccato l’etichetta degli ultras violenti, così viviamo gli effetti di leggi repressive come il Daspo che, come una spada di Damocle, colpisce anche gli innocenti”.

E se “dietro agli occhi di Aldro c’è una città che rifiuta le etichette”, quella stessa parte di città ha sollevato con orgoglio il volantino con impresso il viso di Federico. Una coreografia a sorpresa che ha impressionato anche Amnesty International, presente per “correggere le profonde lacune del reato di tortura, chiedere codici identificativi sulle divise delle forze dell’ordine, difendere i diritti umani come nel caso Regeni e pretendere una indagine indipendente sull’uccisione di Marielle Franco”.

Tante riflessioni ma soprattutto tanta musica: in una maratona no stop dalle 18 all’una di notte, i primi a portare il loro contributo nel pomeriggio sono Space CarlosMood e Kint. Di sera la scena è tutta per Giorgio Canali & Rossofuoco, ormai considerati i ‘padrini’ della serata: “È sempre una figata essere qui, ma occhio a tornare a casa di notte perché è pericoloso” commenta Canali prima di lasciar parlare la musica.

Molto toccante l’apparizione di Marina Rei accompagnata dalla chitarra di Paolo Benvegnù e dal violino di Andrea Ruggiero, insieme per intonare la struggente “Che male c’è” dedicata ad Aldrovandi – “troppo tardi per salvarmi, troppo presto per morire, ora che è quasi finita, ora che non potrà mai più finire…” – e a Patrizia, “una donna e madre che ammiro tantissimo” confida la cantautrice romana.

La chiusura non poteva che essere affidata a Lo Stato Sociale, che ha voluto fortemente concludere il tour estivo a Ferrara perché “sappiamo benissimo cosa stiamo facendo e perché siamo qui: abbattere la linea netta che separa noi e le persone capaci di ammazzare un ragazzo perché è stato dato loro il potere, a loro non vogliamo pagare lo stipendio e le pistole nella fondina” gridano i ‘regaz bolognesi’ – definiti “combattenti civili” da Lino – con in testa Lodo che, appena arrivato, la prima cosa che ha fatto è stato concedersi un lungo e solidale abbraccio con Patrizia: “Questa storia è rimasta con noi grazie alla tua forza”.

Alla fine del “bordello”, come ormai da tradizione nei concerti de Lo Stato Sociale, compare l’installazione “Aldro vive” sulle note di “Abbiamo vinto la guerra” e del messaggio che lascia nel cuore del pubblico: “Chissà se è vero il trambusto che si sente quando un paese intero applaude con lo sfollagente, e Federico se n’è andato via da solo…”. Federico se n’è andato il 25 settembre 2005, a lui è stata negata la vita e non solo quella “in vacanza”, ma ora come allora non è solo. Anche tredici anni dopo.

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