Politica
22 Agosto 2018
Per adempiere alle strettissime scadenze ministeriali, l'unico tecnico rimasto in Castello dovrebbe dedicare al massimo un quarto d'ora per la verifica di ogni ponte

Censimento e controllo ponti. Per la Provincia è missione impossibile: 300 strutture in 11 giorni

ponte campotto argenta
di Ruggero Veronese | 4 min

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ponte campotto argenta

Il Ponte di Campotto, nei pressi di Argenta

Tutte le Province si presentino ai blocchi di partenza: avete 11 giorni per censire e valutare le condizioni di ogni ponte di vostra competenza.

È questa l’ambiziosa ‘missione’ affidata dal governo a tutti gli enti provinciali italiani che, dopo il drammatico crollo del Ponte Morandi a Genova, nei giorni scorsi (il 20 agosto per quanto riguarda Ferrara) hanno ricevuto una circolare dal ministero dei trasporti che ordina il censimento di tutte le infrastrutture di competenza provinciale. Specificando anche la tempistica per inviare i risultati a Roma: “entro e non oltre il primo settembre”.

Un traguardo che dagli uffici della Provincia estense definiscono una “mission impossible” e che sembra non fare i conti con le conseguenze dei tagli della riforma Delrio del 2014 (governo Renzi). Nata per abolire le province ma che le ha di fatto semplicemente ‘depotenziate’ a livello di risorse e personale (basti pensare che i dipendenti provinciali in Italia sono scesi da 48mila a 20mila, a Ferrara da 420 a 170), mentre ha lasciato inalterate diverse competenze e responsabilità: in primis scuole e strade.

La Provincia di Ferrara ad esempio controlla circa 300 ponti, ma dopo la riforma è rimasto solo un dipendente con le qualifiche necessarie per effettuare le ricognizioni disposte dal ministero: l’ingegnere Lorenzo Pavarin. Una singola persona che in 11 giorni dovrà – almeno secondo quanto previsto dalla circolare – muoversi lungo 900 km di strade provinciali effettuando accurati sopralluoghi e valutando le condizioni strutturali e gli eventuali interventi da effettuare su centinaia di ponti.

Per rendersi conto della difficoltà dell’impresa basta fare due semplici – per quanto molto virtuali – calcoli: il malcapitato tecnico dovrà esaminare circa 27 ponti al giorno. Questo implica che in una giornata lavorativa di 9 ore complete, senza alcuna pausa intermedia e azzerando completamente i suoi tempi di spostamento, l’ingegnere potrà dedicare circa 18 minuti alla verifica di ogni ponte. Insomma: anche dotandosi di un futuristico sistema di teletrasporto, difficilmente il tecnico riuscirà ad adempiere alle direttive ministeriali. O almeno non con il livello di cura e approfondimento che una responsabilità di questo tipo richiederebbe.

Una situazione che innesca un problema di carattere nazionale, dal momento che dopo i tagli della riforma Delrio non sarà facile trovare Province in grado di rispettare la circolare ministeriale. E se qualcuno ci riuscirà, sarà perché si era già attivato autonomamente sulla questione della manutenzione delle strade. A Ferrara ad esempio la prefettura ha attivato nel febbraio 2017 un tavolo tecnico per la mappatura delle infrastrutture a rischio (a cui partecipano anche Provincia, Regione, Anas, Consorzio di Bonifica, i Comuni di Ferrara e Comacchio e tutte le Unioni dei Comuni) che ora potrà agevolare le ricognizioni disposte dal ministero.

Il testo integrale della circolare ministeriale recapitate alle Province

Si tratta però di singole iniziative di singoli territori, mentre le difficoltà economiche delle province sono diffuse e generalizzate. Province che, con i loro 130mila chilometri di rete stradale complessiva (contro i 20mila km di strade statali, i 26mila che fanno capo all’Anas e i 3mila alla Società Autostrade) sono di fatto il principale ente stradale italiano, ma allo stesso tempo anche quello che dispone di meno risorse per le manutenzioni.

A Ferrara, per non entrare in dissesto, la Provincia ha dovuto vendere diversi immobili (tra cui i palazzi di prefettura e questura) e partecipazioni azionarie, ricavando 12 milioni di euro. Ma è una carta che ovviamente poteva essere giocata solo una volta.

Questi problemi trovano conferma anche nell’appello al governo del 16 agosto del presidente dell’Upi (Unione Province Italiane) Achille Variati, che affermava come – vista la scarsità di risorse – le Province sono costrette sempre più spesso a chiudere interi tratti di strada, invece che ripararli. E per lo stesso motivo su oltre il 50% della rete stradale sono stati imposti limiti di velocità tra i 30 e i 50 km/h. “Lo diciamo da anni – scrive Variati – il patrimonio italiano senza manutenzione si sta riducendo in macerie. Non aspettiamo altre tragedie”.

Ma se da un lato ci sono le perplessità pratiche degli enti provinciali, sul fronte opposto troviamo le rassicurazioni del governo. Come quelle del sottosegretario ai trasporti Michele Dell’Orco, che parla di finanziare – senza però entrare nel dettaglio – una sorta di “piano Marshall per la cura del patrimonio”, mentre dalle colonne di Repubblica afferma: “Gli enti locali non ce la fanno a spedire il report entro il primo settembre? Comincino, la sicurezza non va in vacanza”. Ma vacanze o meno, l’utopistica ricognizione disposta dal ministero ha bisogno anche di risorse. Quelle che, oggi, le Province non hanno.

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