Copparo
10 Giugno 2018
Un'ora di incontro protetto ogni 15 giorni con le figlie di 3 e 15 anni. La zia Melissa: "È al limite, i servizi sociali stanno facendo solo del male"

Omicidio di Ambrogio. Lara Mazzoni: “Preferisco il carcere che non vedere le mie bimbe”

di Elisa Fornasini | 3 min

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La zia Melissa Bersanetti (a destra) con Catia, mamma di Lara Mazzoni

Ambrogio. “Venitemi a prendere, preferisco stare in carcere che vivere così”. È la richiesta disperata di una madre distrutta, pervenuta sabato al centralino dei carabinieri. Dall’altro capo della cornetta c’è Lara Mazzoni. Sotto ai piedi ha la valigia già pronta per partire. Direzione: casa circondariale. “Mi chiudo in carcere e basta, così non soffro più a non vedere le mie bambine”.

A tanto è arrivata. Ad accettare una vita dietro le sbarre, piuttosto che agli arresti domiciliari, ai quali è sottoposta per l’omicidio del compagno Mirko Barioni. È passato un anno da quella tragica notte del 4 giugno. E la sofferenza è solo peggiorata, fino a spingerla a chiamare i carabinieri con la ferma volontà di andare in carcere per abituarsi a sopportare il distacco con le sue figlie. A raccontarci quei momenti terribili, confermati dal legale della Mazzoni, è la zia Melissa Bersanetti che la ospita nella sua casa ad Ambrogio.

“Sono tornata da lavoro alle 14 e ho visto Lara seduta sul letto con le valige già fatte. ‘Non ce la faccio più, me ne vado’, mi ha detto. All’inizio pensavo che scherzasse, non sapevo come reagire, ma faceva sul serio. Aveva chiamato i carabinieri per farsi venire a prendere. Loro sono intervenuti e hanno cercato di tranquillizzarla, di farle cambiare idea. Alla fine è rimasta, ma non so sinceramente come andrà a finire questa storia”.

Il motivo di tale sconforto è legato alle visite protette con le figlie: la piccola di 3 anni e mezzo (accudita dalla nonna materna) e la ragazzina di 15 anni, che vive con il padre biologico a Ostellato. Le vede col contagocce: un’ora ogni 15 giorni nella sede dei servizi sociali di Copparo.

“La più grande ha smesso da mesi di andare agli incontri, non sopporta di stare chiusa in una stanza con gli assistenti sociali che la fissano a braccia conserte – racconta zia Melissa -. La bimba invece ci va volentieri ma è troppo piccola per capire, per rendersi conto della situazione. È spaesata perché si è trovata in un attimo senza nessuno, con una famiglia disfatta. Vuole venire a casa mia, come faceva un tempo, ma io non posso accoglierla perché c’è Lara. E vuole che la mamma sia presente al suo compleanno a fine mese, ma non le è stato concesso perché, testuali parole degli assistenti sociali, ‘non siamo organizzati per questo'”.

“È un dramma che va avanti da un anno, non c’è una giornata di sollievo per noi o per le bambine – ammette Melissa -. Mi chiedo se gli assistenti sociali stiano facendo davvero il bene dei bimbi. E la risposta la so: stanno facendo solo del male. Impedire a una madre di partecipare per un paio d’ore al quarto compleanno della figlia va oltre la disgrazia che è successa. È davvero troppo. Lara fa fatica a sopportare il distacco, soffre tantissimo, dorme poco”. Preda di un’agonia senza fine.

“Non sappiamo perché ci sia una sola ora di visita ogni 15 giorni, se sia una decisione in capo agli assistenti sociali o al pm – ammette la zia -. Sappiamo solo che ci dicono da tempo che la situazione cambierà, ma quando? Con queste frasi l’hanno illusa, magari di poter stare con le figlie per mezza giornata, poi controlla il calendario delle visite e vede che non cambia mai nulla. Una situazione pesante, pesantissima, che la sta portando al limite. Io non so come aiutarla, vorrebbe solo dare un bacio, una parola di conforto, alle sue figlie e invece non può accontentarle. Così stanno male sia lei che loro”.

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