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6 Giugno 2018
In mostra a Venezia una selezione di circa 70 opere per raccontare gli oltre 60 anni di carriera della poliedrica artista californiana

L’universo astratto di Nancy Genn

di Paola Forlani | 3 min

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Si è inaugurata a Venezia, in occasione della 16º Mostra internazionale di Architettura un’importante retrospettiva dedicata all’opera di Nancy Genn.

In mostra una selezione di circa settanta opere, per raccontare gli oltre sessanta anni di carriera della poliedrica artista californiana, ardita sperimentatrice di tecniche diverse e pioniera nell’utilizzo della carta come medium artistico. Il suo lavoro è oggi considerato tra i più significativi nell’ambito dell’arte americana del Secondo dopoguerra e le sue opere fanno parte delle collezioni di grandi musei, come il Moma di New York, il Los Angeles Cunty museum, lo Sfmoma di San Francisco e la Smithsonian Institution di Washington.

Curata da Francesca Valente, la mostra Achitecture from within / Architetture interiori, aperta fino al 7 agosto negli spazi di Palazzo Ferro Fini sul Canal Grande, presenta per la prima volta in Europa, in maniera assai ampia, la ricerca dell’artista americana. Il suo lavoro si è contraddistinto per una costante sperimentazione di tecniche e materiali: carta, fusione in bronzo a cera persa, collage, gouache…Una versatilità rispecchiata dalla scrittura espositiva che restituisce la complessità della sua ricerca in un percorso di opere su carta a matita, inchiostro e tecnica mista, dipinti, grafiche e sculture di grandi e piccole dimensioni. Formatasi alla California Scool of fine arts e alla University of California a Berkeley, Genn è oggi considerata tra i principali esponenti della corrente astratta americana che si sviluppa intorno alla baia di San Fracisco. La sua ricerca, sin dall’inizio, mostra uno spiccato interesse per l’arte e la filosofia orientali, unito a un rapporto empatico e personale con il paesaggio, che richiama il modus operandi appartenente all’universo espressivo della West Coast. L’artista, infatti, è stata profondamente ispirata dall’ubicazione delle sue due case, una affacciata sulla baia di San Francisco e l’altra a pochi passi dall’Oceano Pacifico. Per molti lavori trae ispirazioni proprio dall’acqua, dalla nebbia, dalla mutevolezza dell’oceano e dei fenomeni atmosferici. Tuttavia, il fil rouge che caratterizza la variegata produzione di Nancy Genn risiede nell’attenzione riservata alle sue composizioni dalla trama meticolosa, alla peculiare qualità organica, alla presenza dominante delle linee come conseguenza dell’amore per la calligrafia, alla manualità rituale della produzione. Il suo occhio è acuto per i dettagli ricercati sia negli ambienti naturali sia in quelli architettonici: forme, trame, linee, luci e colori sono bilanciati e calibrati nella loro essenzialità descrittiva. Sospesi tra astrazione e figurazione, i “paesaggi interiori” di Nancy Genn evocano luoghi lontani o atmosfere misteriose, luoghi immaginari o trasfigurati dalla memoria inglobando elementi eterogenei come scritte, segni a matita, frammenti di mappe topografiche.

Negli anni Sessanta, la ricerca dell’artista è assimilata a quella della temperie informale, è difatti Michel Tapiè ad avvicinare il suo lavoro a quello di artisti come Alberto Burri, Giuseppe Capogrossi, Emilio Vedova, Sam Francis, Mark Tobey, Clyfford Still e Mark Rothko. Tuttavia, il suo lavoro è conosciuto internazionalmente soprattutto poiché è stata tra le prime artiste, negli Stati Uniti, a interessarsi alle possibilità espressive legate all’utilizzo della carta, cui si dedica sin dall’inizio degli anni Settanta. Genn mette a punto una propria personalissima tecnica di produzione della carta fatta a mano e di “sfogliatura” degli strati sottostanti, oggi conosciuta come il “metodo Genn”, che lei utilizza per la realizzazione di opere tridimensionali.

La produzione più recente dell’artista, che ancora oggi porta avanti la sua sperimentazione con grande vivacità e passione, gioca con le possibilità espressive legate all’ambiguità tra la seconda e la terza dimensione, esplora la tensione tra leggerezza e pesantezza, pieno e vuoto, partendo spesso da elementi organici che l’artista trasfigura o da appunti di viaggio, come nelle opere della serie Patagonia o Seacurrents, o nei lavori dai toni caldi e accesi, da cui emergono lacerti di figurazioni di architetture antiche che rievocano le atmosfere di Roma, dove l’artista ha risieduto più volte, negli ultimi anni, ospite dell’American Academy.

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