Attualità
31 Maggio 2018
Un tatuatore ferrarese espone un divieto che farà discutere, ma non è solo questione di Europa e spread

“Non serviamo i tedeschi”: dal figlio conteso all’odio per la Germania

di Ruggero Veronese | 4 min

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Oltre cento persone al corteo organizzato dal centro sociale La Resistenza. Dal parco Coletta a piazza Castello studenti e lavoratori di ogni età hanno intonato insieme “Bella Ciao” e altri canti antifascisti.

“Si avverte la gentilissima clientela tedesca che rifiutiamo ogni tipo di servizio a tutti i cittadini europei di origine tedesca”. A chi si trovasse a passare per caso davanti al laboratorio di tatuaggi Steel&Colors di via Bologna potrà sembrare una banale piazzata nata dalle infuocate polemiche politiche dei giorni scorsi, che hanno visto prima parte della stampa tedesca ‘sbeffeggiare’ gli italiani “scrocconi aggressivi”, durante le infruttuose trattative per il governo Conte, e poi il commissario europeo Oettinger parlare in modo poco lusinghiero dell’elettorato italiano e delle sue scelte.

E invece nulla di tutto questo. A scrivere quel cartello è stato Alessio Zampini, titolare dell’esercizio, che da lunedì pomeriggio ha aperto ufficialmente le ostilità con la Germania. Al punto da definirla come un paese che pratica “politiche naziste”, scrivendo proprio nero su bianco quella definizione che, per ogni tedesco, rappresenta il più inaccettabile dei tabù. Da martedì pomeriggio infatti un cartello comparso in vetrina (che potete osservare integralmente nell’immagine in basso) riporta il belligerante annuncio: il laboratorio non servirà cittadini tedeschi.

In realtà per Zampini l’attuale tensione politica è stata la goccia che ha fatto traboccare un vaso già pieno e per questo motivo le sue – comunque assai nette – opinioni politiche andrebbero se non altro analizzate alla luce della sua storia personale. L’uomo è infatti uno dei 250mila genitori europei in lotta con lo Jugendamt, il ‘famigerato’ ufficio tedesco che si occupa della tutela dei minori nati in Germania. Diciamo famigerato perché le polemiche sullo Jugendamt hanno poco a che fare con attuali questioni politiche e trend antieuropeisti, visto che provengono sostanzialmente da ogni paese europeo e schieramento politico e in Italia sono state materia di inchieste giornalistiche che hanno coinvolto anche Chi l’ha Visto e l’Huffington Post.

“Mi prendo piena responsabilità per il mio cartello – afferma Zampini -, che è ben più di una provocazione: il mio lavoro richiede precisione e concentrazione e non sarei sereno a lavorare con persone tedesche. La situazione politica c’entra, è ovvio, perché è l’ennesima dimostrazione di come l’Italia e altri paesi siano succubi della Germania, ma tutto nasce dalla mia situazione familiare”.

Ecco la sua storia. “Sette anni fa ho avuto una bambina con una donna tedesca, che mi ha lasciato prima che nascesse nostra figlia, ma l’ho riconosciuta e dovrei avere tutti i diritti da genitore che mi riconosce l’Unione Europea per visitarla, eppure il servizio sociale tedesco mi vieta di incontrarla e vederla. Mi restano solo gli obblighi come il pagamento degli alimenti, che non vanno nemmeno a mia figlia ma al welfare germanico”.

E lui, Alessio, non ci può fare nulla. “Anche se non mi fanno vedere mia figlia da più di un anno, se smettessi di pagare potrebbero far emettere un mandato di arresto europeo. Sono considerato un genitore di serie C, ma non sono l’unico”. In Germania infatti la legge affida sempre i figli contesi tra due nazioni al genitore di origine tedesca, o tuttalpiù li ricolloca in strutture protette o case-famiglia. Dal 2010 al 2016, gli unici casi di affidamento a genitori residenti all’estero riguardavano bambini affetti da disabilità.

La lamentela del tatuatore non è un caso isolato e rispecchia uno sbilanciamento in favore dei servizi sociali tedeschi che trova numerosi appoggi, come quello dell’europarlamentare proveniente dall’Idv Niccolo Rinaldi (nel gruppo Alde a Bruxelles), secondo cui “la Germania ha creato un meccanismo perfetto, approfittando da una parte degli automatismi dello spazio giudiziario europeo, e dall’altra della mancanza di norme europee nel diritto di famiglia – che rimane gelosamente sovranità degli Stati nazionali, con un costo della ‘non-Europa’ altissimo in quanto a mancanza di diritti umani”. Secondo Rinaldi esiste una “discriminazione palese, e se lo Jugendamt fosse di un paese più piccolo non ci sarebbero questi ossequi”.

Tornando a Zampini, per il tatuatore l’unica speranza è quella di continuare il percorso legale intrapreso con altri genitori italiani nella stessa situazione (quelli di Maria Pia Tolo e Marinella Colombo sono i casi più noti), sperando in un intervento di Bruxelles: “L’Italia non sta facendo nulla per la nostra situazione e nel frattempo dobbiamo confrontarci con tribunali tedeschi, assistiti da avvocati tedeschi, che dovrebbero dar contro alle istituzioni tedesche. Non succederà mai. Cosa direi alla Merkel? Che il modo in cui si stanno comportando non è quello giusto per creare un’Europa unita. Poi io ero già antieuropeista, non lo nascondo: mi viene rabbia a pensare che i manager della Thyssen condannati per la morte di sette operai italiani sono a piede libero in Germania. Se io dovessi infrangere le leggi te’desche verrei arrestato dall’Interpol: questa è la differenza tra i nostri due paesi”. Se vi aspettavate la solita polemica su Oettinger e rialzo dello spread, siete entrati dal tatuatore sbagliato.

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