Attualità
23 Aprile 2018
Nell'omelia per la festa del patrono Perego invita i ferraresi a un maggior impegno sociale e a non chiudere all'accoglienza

Il patrono dei ferraresi era un migrante

di Ruggero Veronese | 3 min

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Monsignor Gian Carlo Perego

La provenienza, la vita e le scelte di San Giorgio come esempio per superare le attuali difficoltà sociali. È stata un’omelia ad alto impatto politico e sociale quella pronunciata dall’arcivescovo Gian Carlo Perego in occasione della festa del santo patrono ferrarese. Un’omelia in cui Perego ha invitato i ferraresi a una maggiore solidarietà e coesione sociale sia per quanto riguarda il tema più controverso di questi anni – l’accoglienza ai migranti, a loro volta invitati a seguire l’esempio del santo – sia più in generale a livello di senso civico ed etica privata. “La città – afferma l’arcivescovo in uno dei passaggi più espliciti – non può vedere i cristiani nascondersi dietro a opportunismi, ricercare potere, ma cristiani testimoni del bene comune, della responsabilità sociale, del dialogo sociale, della speranza”.

Che Perego abbia in mente in particolare la questione dell’accoglienza si capisce fin dal suo esordio, quando afferma che “San Giorgio è arrivato da quel Medio Oriente [precisamente dalla Cappadocia, ndr] oggi teatro di guerra, di morte innocente, di conflitti internazionali che sembrano interminabili che generano odio, vendetta, che costringono anche molti cristiani a lasciare la propria terra, la propria casa. E venendo da questa terra d’Oriente san Giorgio richiama a noi la responsabilità verso i nostri fratelli e le nostre sorelle di Chiese che soffrono non solo perchè perseguitate o limitate nella libertà religiosa, ma perché ferite a morte”.

San Giorgio come simbolo delle peripezie dei migranti, quindi, ma anche dell’impegno civile in qualunque parte del mondo ci si trovi, come quando “in terra straniera, mette a repentaglio la sua vita per tutelare la vita di una ragazza sacrificata al drago, di una città devastata dal male”. E’ quindi un San Giorgio allo stesso tempo vittima e salvatore, autoctono e straniero, quello che traspare dall’omelia di Perego, che lo paragona anche ai ben 424 missionari cristiani uccisi nel mondo dal 2000 al 2016, in particolare in Sud America e Africa.

La chiusura dell’omelia passa dalle metafore ai veri consigli pratici, rivolti a vivere la religione cristiana in una visione di società e collettività, e non rifugiandosi nel proprio privato: “La pagina evangelica di Luca – afferma Perego – ci ricorda le dinamiche della testimonianza cristiana: Rinnegare se stessi, cioè mettere al primo posto la comunità, superando egoismi e individualismi; prendere la croce, cioè accettare il limite dell’uomo, la sua finitezza, che trova nella sofferenza un segno evidente e difficile da riconoscere; perdere la vita, cioè donare la vita attraverso gesti di prossimità che riconoscono nell’altro un fratello. Infatti, cosa conterebbe avere tutto, se attorno a noi c’è chi manca del necessario? E infine non vergognarsi della nostra fede, di organizzare la vita, la scuola, il lavoro, il tempo libero alla luce della fede, costruendo uno stile di vita cristiano originale, che sappia dire oggi il valore del Vangelo e al tempo stesso dialogare con la città. La città non può vedere i cristiani nascondersi dietro a opportunismi, ricercare potere, ma cristiani testimoni del bene comune, della responsabilità sociale, del dialogo sociale, della speranza”.

“Forse – conclude il vescovo – le nostre città hanno bisogno di scelte di coraggio, come quelle di San Giorgio, per costruire nuovi legami, relazioni utili, prossimità e salvare così delle vite che spesso muoiono sole, affaticate, abbandonate, rifiutate, ma anche per liberare la città dai draghi di oggi: i prepotenti, gli approfittatori, i violenti, gli individualisti, i bulli, gli speculatori, i parolai, i falsi. Oggi San Giorgio ci richiama tutti alla testimonianza della gioia del Vangelo e alla responsabilità e a un impegno sociale e politico che riparta dalle persone e dai fatti, con concretezza e realismo”.

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