Du iu śpich frares?
19 Marzo 2018

Alcool, la droga facile dei nostri tempi

di Maurizio Musacchi | 5 min

<L’alcool è la vera droga dei nostri tempi, ne uccide più la birra, il vino e i super alcoolici di tutte le droghe, naturali o sintetiche che circolano per il mondo>! <Mò s’à dìt? J’ét scapuza? At sbatù al zucón ‘sa zavàriat?>(Ma che dici? Hai battuto il testone? Di che vaneggi?) Una delle tante diatribe di pensionati fra Osvaldo e l’amico Denis. Osvaldo gode di buona salute, da anni svolge volontariato ed ha tante attività che lo impegnano più di quando era forza lavoro. Di ciò, ironicamente lo imputa spesso l’amico:< At sgòbi più ades ché a tié in pension ad quand at fasevi al statàl>!( Lavori duramente più oggi d quando eri dipendente statale).

Sono sotto i portici laterali della Cattedrale di Ferrara. Sono lì a l’”armòacia”, che in gergo ferrarese significa: al riparo da vento o pioggia. Osvaldo, pensionato statale, ormai quasi ottantenne. Denis, l’amico “di chiacchiere”, coetaneo. Discutono e spesso litigano; di politica, scuola, società, sport e altro. Nella Ferrara assonnata d’un lunedì qualsiasi d’un giorno di stagione grigia, potrebbe essere autunno inoltrato in quel periodo assurdo che aspetta l’arrivo del freddo pungente dell’inverno. Ma anche alla fine dell’inverno stesso, quando la primavera arriva veloce per i vecchi e lenta per i giovani. Il racconto nulla ha a che vedere con le stagioni, essendo però assemblato in tristezze grigiori di vita, si addice più a una giornate buia trista, sull’orrendo noia.

<Sai quanti muoiono ogni giorno direttamente o indirettamente per abuso d’alcool? Tanti in ospedale, ma troppi alla guida di veicoli in stato di ubriachezza; spesso ammazzando innocenti che hanno la scalogna di incrociati ed essere coinvolti in incidenti causati da individui colpevolmente sbronzi! Osvaldo si leva dalla tasca un foglio, scritto fittamente a mano, ma con grafia molto chiara e comprensibile. <Sai che scrivo per hobby, questa è una storia, piuttosto amara, ma vera, uno dei tanti episodi di vita legati alla triste dipendenza da alcool. Denis, perplesso, prende in mano il foglio. Sono arrivati, passeggiando e discutendo, nei giardini adiacenti il Cartello Estense. Si siedono, Denis legge attentamente il racconto:

PAGAMI UN “QUARTINO”
La donna era davanti ad un cartone di vino bianco. Il pessimo vino che ti rifilano ai supermercati per pochi spiccioli. Capelli stopposi con parvenza di biondo, età indefinibile, ma chi la conosceva diceva che aveva suppergiù quarant’anni, portati assai male. Un tremolio diffuso nel suo corpo denotava i disastri causati dall’alcoolismo devastante. Vestita quasi decorosamente, con una camicetta verde, ed una gonna grigia scura. Scarpe da tennis bianco azzurre, di marca: tutto vestiario regalatole dalla Caritas.

Dicevano di lei che era un’insegnante, messa in prepensionamento per cause di salute. Un forte esaurimento nervoso ne aveva minato l’equilibrio psicofisico dopo vicissitudini familiari e sentimentali. Era stata abbandonata dal marito, dopo che questi si era recato in vacanza nei Caraibi, senza più tornare. Un figlio sedicenne, s’era dato alla droga pesante e ben presto un tragico incidente motociclistico l’aveva portato verso l’Ignoto per sempre.

Ancora una volta Paolo tentò l’approccio per provare a scuotere quel lembo d’umanità schiacciato dagli eventi.

-Ciao, come va? Ti vedo in forma oggi!-

Il bicchiere stretto nella mano affusolata della donna cominciò a scuotere febbrilmente, lei se lo portò alla bocca vuotandolo con rabbia e preoccupazione forse, di non farne scendere il contenuto sul tavolo.

-Pagami un “quartino”, farfugliò la donna senza alzare gli occhi dal boccale. Ho sete!-

L’impercettibile aumento del tremolio del viso denotò un certo non so che di nervosismo, sapeva che l’uomo la volevo aiutare, non lo voleva, non accettava aiuto da nessuno, si riteneva finita, morta, cancellata dalla terra. La scusa della sete, era per aver qualcosa da dire al posto di: ”Drogami con un po’ di vino”!

Un giorno Paolo fu chiamato con il cellulare da Ramel, un coinquilino di condominio di lei, perché non rispondeva al campanello. Entrò salendo dalla finestra al secondo piano con una scala doppia. Era supina sul letto, non respirava quasi. Con ciò che aveva imparato svolgendo l’attività d’infermiere volontario, la rianimò, intanto Ramel aveva contattato l’ambulanza che arrivò di lì a pochi minuti, il medico si congratulò con Paolo per il salvataggio, il loro arrivo, pur tempestivo, non l’avrebbe salvata. A volte Paolo aveva cercato di dissuaderla, ma poi, forse per vigliaccheria, forse perché poi altri avrebbero commesso l’errore suo, le pagò un “tubo” di bianco, perlomeno di qualità non infame come quella contenuta in certi cartoni d’infima qualità.

-Ornella, parliamo, sei giovane, puoi rifarti una vita!-

Parole, concetti, consigli, suppliche. Specialmente al mattino, quando ancora era quasi sobria, insisteva, provava … Certamente vi riuscì, o Paolo o altri, magari gli Alcoolisti Anonimi, una benemerita associazione che le avevano indicato, e che aveva ottenuto ottimi risultati. Ornella ora, è davanti all’artefice della guarigione dall’alcool; ai margini della savana, vestita con una leggera sahariana, ha ripreso colore e non solo per il sole africano, ma per i bambini che riescono a curare. Dopo un corso da infermiera aiuta i dottori di Medici senza Frontiere che opera in quest’inferno di miseria, fame, malattie e desolazione.

L’abbraccia e commuovendosi per averlo rivisto dopo tanto, e finalmente un grado di guardarlo negli occhi senza vergogna, mormora con un filo di voce:
-Grazie!- e s’allontana piangendo.

Sono trascorsi alcuni anni, Ornella è serena, l’alcool le ha devastato il fegato, il viaggio della Vita per lei volge al termine, n’è consapevole, ma è felice, tutte le volte che un bambino esce dall’ospedale guarito, anche per una piccola parte di suo aiuto, per lei è iniezione di gioia, quella che aveva cercato inutilmente in cartoni di vino di pessima qualità che la porteranno ad una fine prematura.

Ha ripreso la strada della fede e con il padre spirituale dell’ospedale, il belga padre Henry, ha lunghi colloqui che la porteranno verso un Infinito in cui crede!

FINE
Denis ha terminato la lettura. Visibilmente commosso, piega lo sguardo verso l’amico: Osvaldo annuisce…

“Lasagnìn da Milzàna”

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