Eventi e cultura
12 Marzo 2018
Roberto Zanrosso esce con il nuovo album Odd: "Sono un emigrante ma mi piacerebbe presentarlo nella mia città"

Un musicista ferrarese conquista Berlino con il suo blues

di Elisa Fornasini | 5 min

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La chitarra sempre in mano, la mente proiettata al blues, il ricordo di Ferrara che non se ne va. Quando Roberto Zanrosso ha lasciato la città estense, ormai quindici anni fa, era un periodo di fermento musicale in una cittadina di provincia vivace e dinamica. Da quel tempo tante cose sono cambiate: il musicista ferrarese si è trasferito a Berlino ma non ha mai perso la sua passione per la musica che ora trova piena concretezza nella pubblicazione di un nuovo album, pronto a conquistare la capitale tedesca e non solo.

Partiamo dalle presentazioni. Ha un nome d’arte? E il titolo del disco, Odd, da dove deriva e cosa significa? 

Non uso un nome d’arte perché, soprattutto all’estero, il mio nome è già abbastanza buffo da sembrare un nome d’arte, ma a Ferrara sono sempre stato Bob. Anzi, Il Bob, tanto per non rischiare di prendersi sul serio. Odd non è il mio primo disco, ma è sicuramente il mio primo prodotto davvero maturo, il primo in cui ho potuto prendere tutto il tempo di provare, scrivere, ragionare, e sfidare me stesso a fare di meglio. Ho capito di aver finito quando davvero non volevo più togliere una sola nota. Sono tutte indispensabili, ho pensato. Ed eccole qui. Odd è una parola inglese con vari significati, tutti in qualche modo calzanti per queste canzoni: Odd è dispari come i ritmi di diversi pezzi, è insolito come a volte la scelta dei suoni o degli accordi, oppure inquietante, come può essere un blues da film dell’orrore. Insomma è un viaggio in vari generi, primo fra tutti il blues, ma ogni canzone ha la sua particolarità che la allontana dal genere a cui sembra rifarsi. A volte è per ritmo dispari, a volte gli accordi inaspettati, a volte i testi, ogni canzone ha un suo carattere personale, una sua “oddità”.

La componente blues è fondamentale. Ma come descriverebbe la sua musica? E quali emozioni intende esprimere con questa ‘oddità’?

Il blues è sicuramente la radice più forte nella mia musica, ma lo faccio a modo mio: ne mantengo l’anima, ma lo trasformo, lo storco, lo smonto, e lo libero anche. Chiamiamolo “odd blues”: come nel blues tutto deve avere melodia e groove. Voglio vedere la gente che si lascia portare dal ritmo, e canticchiare il solo di chitarra, anche se l’ha sentito solo una volta. E voglio che ci sia una storia una storia, non importa se seria, buffa, o assurda. Ascoltare questo disco è come ascoltare i racconti di un amico un po’ matto, come Il Bob, che quindici anni fa girava per Ferrara con gli stivali da cow-boy e suonava il blues con praticamente tutti i musicisti della città.

Il ricordo di Ferrara sembra ancora pressante. Che immagine conserva della sua città natia? 

Sono stati bei tempi, in cui ho imparato tanto da colleghi e amici musicisti. La parte migliore era la complicità: ci si aiutava, ci si dava dritte su dove andare a suonare. Quelli un po’ più grandi di noi hanno dato l’esempio. Noi abbiamo continuato bene. Al tempo potevi andare ovunque, dicevi “siamo una band di Ferrara” e una serata la prendevi al volo. Sapevano che c’era una gran bel giro. Ancora oggi a Ferrara ci sono musicisti di livello altissimo, in tanti diversi settori: dai professionisti preparatissimi nelle scuole di musica, ad artisti originali che creano linguaggi nuovi. Non lo diresti mai passando nei locali, che sono ormai pochissimi: si suona sempre meno, soprattutto musica originale. Ferrara quando sono partito era piene zeppa di musicisti di talento. Soprattutto pensando alle dimensioni della città, un numero impressionante di band che giravano tutto il nord Italia. In più c’erano in città e nelle immediate vicinanze tanti locali che facevano musica e che ci permettevano sia di farci le ossa che di conoscerci, ascoltarci l’un l’altro, fare “comunità”.

Lo scenario è cambiato così come la sua vita. Come mai ha lasciato una città a cui era così legato?

Non so cosa sia andato storto: io a un certo punto sono partito. Il tempo di finire il Dams, e diventai dottor professor emigrante, molto prima che fosse normale. Il clima di Ferrara è letale per me: soffrivo di nevralgie ed emicranie continue, per mesi di seguito. Un inferno. Andai a Barcellona, quando ancora era la città più in voga del mondo. Era decisamente il mercato sbagliato per il blues, fu un errore colossale! Ma questo mi spinse a cambiare, a cercare, ed iniziai piano piano a sviluppare un linguaggio mio, un modo di suonare personale. E finalmente a iniziai a scrivere. Sembra che sia una costante nella vita: affrontare i problemi alzando la posta. Sono passati sei anni da quando una mattino mi alzai con una mano insensibile. La faccio corta perché non è un dramma vero: un nervo schiacciato. Tra visite, operazione e riabilitazione furono due anni senza poter suonare. E dopo bisogna imparare tutto di nuovo. Usai il tempo per pensare, scrivere, comporre, studiare. E decisi che sarei tornato senza fretta, con qualcosa di nuovo, di inaspettato e di mio al cento per cento. Odd blues.

Odd è pronto, ha in programma di presentare la sua creatura anche a Ferrara?

Magari, mi piacerebbe fare una bella serata con famiglia, amici e la band… ci sto lavorando. Vediamo se riesco a fare il miracolo già prima di Pasqua. Intanto faccio il doppio lavoro: ho giornate di 25 ore! Faccio lavori su corda: mi appendo alle piattaforme off shore e faccio la manutenzione. È un lavoro duro, ma mi permette di prendere mesi di libertà per fare musica. Studio più ora che quando facevo il “professionista”. Così ho potuto investire nella produzione del disco, in completa indipendenza. Ora il disco è finito, e pagato… credo che il mare del nord mi vedrà di rado.

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