Un museo rinnovato, moderno, climatizzato, accessibile a tutti. Questo sarà il ‘nuovo’ palazzo Schifanoia dopo i lunghi lavori di restauro e riqualificazione che comporteranno la chiusura della dimora estense per i prossimi due anni, fino alla riapertura prevista a fine 2019 o inizio 2020. Ma già questa estate, intorno a giugno, sarà accessibile l’ala trecentesca (che collega l’androne principale con il giardino) dove verrà allestita una mostra dedicata al patrimonio di statue antiche ferraresi.
Il cantiere – necessario per ripristinare i significativi danni subiti dal terremoto – sarà l’occasione per ripensare la fruibilità degli spazi museali e il riallestimento delle collezioni. “La dotazione di nuovi servizi e il recupero delle sale chiuse al pubblico, prima fra tutte la Sala dei Marmi la cui decorazione verrà riprodotta su una stampa da allestire sulla facciata principale per vedere Schifanoia com’era al tempo degli Estensi, ci permette di restituire alla città un museo totalmente rinnovato e moderno” annuncia l’assessore ai Lavori Pubblici Aldo Modonesi durante il sopralluogo al “decimo cantiere in corso sui beni monumentali”.
Dopo la prima fase di messa in sicurezza degli affreschi per tutelare le meraviglie del Salone dei Mesi – che durerà circa un mese – il cantiere entrerà nel vivo dell’intervento da quasi 3 milioni di euro, finanziato a metà da contributi regionali (1,3 milioni) e fondi comunali (1,5 milioni) per il recupero post sisma. I lavori – affidati al laboratorio Ottorino Nonfarmale di Bologna e al laboratorio Andrea Fedeli di Firenze, appaltati all’Ati dei consorzi Arco Lavori e Ciro Menotti di Ravenna – sono particolarmente delicati.
“Il sisma ha messo in evidenza la vulnerabilità dell’intero edificio, dovuta alla sua stessa conformazione – spiega il capo settore opere pubbliche e mobilità Luca Capozzi -. Il palazzo, costruito in maniera lineare per fasi successive in tempi diversi, non ha i muri portanti collegati con quelli perimetrali, quindi in caso di scossa rischiano di sbattere gli uni contro gli altri. La delicatezza sta proprio nel ricucire le vulnerabilità strutturali tramite profili metallici all’interno dei muri senza toccare gli affreschi”.
Opere architettoniche che vanno di pari passo con quelle impiantistiche. “Rimuovere i pavimenti per intervenire sul consolidamento dei solai – illustra Natascia Frasson (Beni Monumentali) – ci consente di inserire l’impianto di climatizzazione con tanto di sistema biometrico per controllare la temperatura e quindi la conservazione degli affreschi in un palazzo finalmente fruibile a tutti, con la rimozione delle barriere architettoniche“.
Un nuovo volto per ‘schivare la noia’ che aprirà al pubblico anche il piano terra, eliminando l’ammezzato e valorizzando il piano nobile, con un percorso ad anello che permetterà di girare in continuità tra tutte le sale. E nel giardino: il bar all’interno, su volontà del gestore, rimarrà aperto per tutta la durata dei lavori.
Scacciata la polemica sulla chiusura – “era un intervento da fare, anzi la scelta coraggiosa di tenere aperto negli ultimi 5 anni ci ha premiato con il record di visite nel 2016” – il vicesindaco Massimo Maisto sogna un “futuro da grande museo”, un vero e proprio “hub del sistema museale” in cui Schifanoia “rappresenta lo snodo per visitare l’intera zona dalla Marfisa fino al museo Archeologico; il quarto polo museale della città dopo Meis, Massari e Castello che, fra l’altro, dopo la collezione Sgarbi ospiterà una mostra di Asp”.
L’intervento in chiusura del sindaco Tiziano Tagliani si lega alla recente polemica con Davide Urban (Ascom) sulla visione strategica in ambito turistico. “Riqualificare la nostra rete di beni monumentali restituisce un’immagine della città totalmente inedita, frutto non del caso ma di un disegno strategico per questa città patrimonio Unesco – sottolinea il primo cittadino -. Abbiamo buttato il cuore oltre l’ostacolo per trovare i fondi (europei, Ducato, post sisma) e da questa straordinaria operazione rimane fuori sono palazzo Prosperi. Valorizziamo i musei perché sono il nostro lungomare e perché con la cultura si deve anche mangiare. Per ulteriori trasformazioni o miglioramenti, siamo disponibili al confronto”.
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